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Bufala Campana
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Terre d'Oltrepò e la "Cura Callegari": più export e modello Champagne

Il nuovo amministratore delegato della cooperativa oltrepadana ha presentato un Piano strategico 2023/2028 che sa di repulisti. Forti critiche ad imbottigliatori e Consorzio

 
13 dicembre 2023 | 20:50

Terre d'Oltrepò e la "Cura Callegari": più export e modello Champagne

Il nuovo amministratore delegato della cooperativa oltrepadana ha presentato un Piano strategico 2023/2028 che sa di repulisti. Forti critiche ad imbottigliatori e Consorzio

13 dicembre 2023 | 20:50
 

Classe 1982, ex manager di Microsoft e tanta dimestichezza con i numeri. Una figura professionale che serve per voltare pagina. E provare a indicare a Terre d’Oltrepò la strada del futuro. Tanto diversa da quella percorsa sino ad oggi. Per Umberto Callegari, risollevare le sorti della più grande azienda vitivinicola lombarda è questione personale, oltre che professionale. Una missione che sembra passare anche dal lessico, dalla semantica e dalla postura. Armi di una gestione manageriale che si pone l'obiettivo primario di superare il pregresso - come fosse un virus annidato nel database - ancor prima di costruire futuro. Il nuovo amministratore delegato della cooperativa oltrepadana, figlio di medici, cresciuto a Casteggio, ha presentato un aggiornamento del Piano strategico 2023/2028 all'insegna del cambiamento netto. Nei toni. E nel merito.

Terre d'Oltrepò e la

Il Piano strategico 2023/2028 di Terre d'Oltrepò

A scaldare l'ambiente nella sala al primo piano della sede storica di via Crispi, a Santa Maria della Versa ci hanno pensato un paio di stoccate riservate ad imbottigliatori, Consorzio Tutela Vini e «precedente gestione», a condire il succinto discorso sulle iniziative già intraprese - e su quelle da intraprendere - per rilanciare i marchi aziendali nell’Horeca e in Gdo (su tutti il prestigioso brand “La Versa”, che sparirà dai supermercati in veste Charmat, sostituito da "Rocca della Versa").

Nel concreto, Callegari, in carica da luglio 2023, ha sviluppato con il suo nuovo «managing board» un piano strategico su tre macro aree.

La prima è l’export, «che nella precedente gestione Terre d’Oltrepò non ha mai affrontato, banalmente perché nessuno parlava inglese». In chiusura, domani a Londra, il primo contratto della cantina in Uk, dopo l'accordo siglato a settembre con Mack & Schühle Italia per la fornitura di circa 12 milioni di bottiglie, per il primo anno di collaborazione.

Terre d'Oltrepo': sempre più bottiglie e meno vino sfuso

La seconda "area" di azione è il passaggio dal vino sfuso alla bottiglia, «che ha già portato a un milione di euro in più sul fatturato e a una nuova linea di imbottigliamento, nel polo produttivo di Casteggio, in grado di far lievitare lil ciclo di lavorazione da 5 a 6-7 milioni di bottiglie». 

Terzo fondamentale asset è il nuovo modello di business che consentirà a Terre d’Oltrepò di proporsi come «centro di pressatura del Pinot Nero, sul modello delle cantine della Champagne». La cooperativa intende diventare un punto di riferimento "conto terzi", utile a chiunque intenda imbottigliare vino in Oltrepò, soprattutto se si tratta di Metodo classico. Il riferimento esplicito è stato anche ad aziende come Berlucchi, che ha di recente acquisito Vigne Olcrù, proprio a Santa Maria della Versa.

«Se Berlucchi verrà qua per fare due milioni di bottiglie - ha dichiarato Callegari - le due milioni di bottiglie non le potrà fare ricostruendo nuove operations adeguate lì (nella cantina attuale, ndr), perché non c’è spazio. Quindi avrà bisogno di un centro di pressatura, pigiatura, che faccia esattamente quello che fanno in Champagne da 150 anni; basi per noi, per i nostri partner e per i vignerons». Il Ceo di Terre d'Oltrepò nella conferenza stampa di fatto ha di fatto presentato la cantina Tdo come un'opportunità - per storia, know how e attrezzature - per i produttori del territorio e per chi vi arriva con nuovi investimenti. Di fatto come un centro di servizi per conto terzi. E ciò vale in particolare per la lavorazione del Pinot nero, di cui Terre d'Oltrepò è il principale player dotato di tecnologie uniche per l'Oltrepò.  L'obiettivo ambizioso è in pratica quello di sostituire ad una competività fra produttori una cooperazione fra aziende, a vantaggio di tutti gli operatori e dell'intero territorio.

Altri progetti riguardano invece il grande tesoro custodito nella "pancia" della cantina: oltre 2 mila Jéroboam (bottiglie da 3 litri) di vecchie annate. «Si può costruire valore su questo stock di grandi formati - ha chiosato l'ad - perché non esiste nessun'altra cantina in Italia, e probabilmente in Europa, con questi numeri su annate che vanno dal 1986 al 1991. Sicuramente è un prodotto adatto alle aste, ma c'è anche l'asset del "vino da collezione" da sondare. Le bottiglie che abbiamo aperto erano in una stato di forma eccezionale, ancora fresche, non "pesanti" o di difficile beva, quasi come vini prodotti 60 mesi fa. Un'esperienza unica e l'ennesima conferma del valore di questo stock».

Parole dure in vista delle elezioni del Consorzio Oltrepo'

Tra un punto e l'altro del Piano strategico 2023/2028, ecco le stoccate. «Terre d'Oltrepò - ha dichiarato l'ad Umberto Callegari - non aveva una contabilità aziendale perché il vino, evidentemente, non è mai stato un asset. Prendendola in carico ci siamo resi conto che in Oltrepò, contrariamente a quanto si pensi, c'è qualcuno che guadagna col vino: e quel "qualcuno" sono gli imbottigliatori e i mediatori. Ciò significa che qualcosa non va con il presidio della filiera produttiva, ma il mio lavoro è quello di remunerare i produttori al più alto livello possibile. Per questo mi sembra cosa inutile cercare di mettere d'accordo interessi contrapposti: che nel Consorzio ci siano sia produttori che imbottigliatori è una cosa che non si può sentire». Buone nuove dunque, almeno nelle premesse, sul fronte delle liquidazioni ai soci viticoltori della cooperativa.

«La remunerazione delle uve - ha risposto Callegari alla specifica domanda di Italia a Tavola - dipende dal mercato. Se il mercato non c'è, non puoi vendere promesse. La nostra volontà è quella di salire a quota 56-60 euro, ma in maniera sostenibile». Un discorso che la cooperativa oltrepadana lega a doppio filo con quello delle prossime elezioni del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Le parole dell'ad Umberto Callegari suonano come un monito inequivocabile: «O si sta dalla parte degli imbottigliatori, o dalla parte dei produttori. Far parte di un Consorzio che non serve o che è indeciso non ha senso, è solo una dispersione di tempo e di risorse. E Terre d'Oltrepò non ha tempo né risorse da sprecare». Un messaggio forte e chiaro. In direzione Torrazza Coste.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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