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I giovani italiani non sono degli “ubriaconi”, ma sempre più responsabili ed esigenti

Tra il 1993 e il 2020 la quota che beve vino è salita dal 48,7% al 53,2%. Per il 79,9% vale la logica meglio meno, ma di qualità, mentre il 70,4% lo beve, ma senza eccessi. L’italianità è inoltre il criterio principale di scelta e qualità per il 79,3% degli intervistati. Il senatore Centinaio: «I trend dimostrano che il Nutriscore non serve. Bere responsabilmente fa parte del nostro Dna»

12 aprile 2022 | 14:42

I giovani italiani non sono degli “ubriaconi”, ma sempre più responsabili ed esigenti

Tra il 1993 e il 2020 la quota che beve vino è salita dal 48,7% al 53,2%. Per il 79,9% vale la logica meglio meno, ma di qualità, mentre il 70,4% lo beve, ma senza eccessi. L’italianità è inoltre il criterio principale di scelta e qualità per il 79,3% degli intervistati. Il senatore Centinaio: «I trend dimostrano che il Nutriscore non serve. Bere responsabilmente fa parte del nostro Dna»

12 aprile 2022 | 14:42

Il vino si conferma come un prodotto strategico per l’economia italiana, con un sensibile incremento dei suoi consumatori tra i giovani, che scelgono comunque di bere in maniera responsabile e vedono nell’italianità il principale criterio di scelta, perché percepito come garanzia di qualità. È quanto emerge dal Rapporto Enpaia-Censis sul mondo agricolo “Responsabile e di qualità: il rapporto dei giovani col vino”, presentato al Centro Congressi del Vinitaly a Verona. Un report che per il sottosegretario alle Politiche agricole Gian Marco Centinaio andrebbe presentato anche a Bruxelles, dove l'Unione Europea sta ancora decidendo se apporre sulle bottiglie delle etichette come il Nutriscore, che rischiano di danneggiare la produzione. Il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia semplificare l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l'utilizzo di una scala cromatica e di una alfabetica, discriminerebbe infatti vino perché avrebbe un'etichetta nera e la lettera F.  «Non c'è bisogno di apporre delle etichette quando è già nel nostro Dna il concetto che bisogna bere in maniera responsabile - ha dichiarato Centinaio - E i nostri giovani lo stanno dimostrando». Infine, per gli addetti ai lavori bisogna non soltanto investire per far conoscere il vino all'estero, ma anche valorizzando e sostenendo la domanda interna.

  I relatori che hanno partecipato alla presentazione del rapporto Censis Enpaia  I giovani italiani non sono degli ubriaconi: sempre più responsabili ed esigenti

I relatori che hanno partecipato alla presentazione del rapporto Censis Enpaia

Giovani e vino: abitudine responsabile consolidata nel tempo e allo stesso stile di vita

Nel lungo periodo esiste una relativa stabilità della quota di italiani che beve vino: erano il 58% nel 1993, sono il 55,5% nel 2020. Nello stesso arco di tempo la quota di giovani che beve vino è salita dal 48,7% al 53,2%, mentre quella che beve più di mezzo litro al giorno è scesa in picchiata dal 3,9% a meno dell’1%. Tra i giovani che consumano vino, il 70,9% lo fa raramente, il 10,4% uno o due bicchieri al giorno e il 17,3% solo stagionalmente. I numeri dicono che il consumo di vino è un invariante delle abitudini, componente significativo della buona dieta guidato dalla ricerca della qualità e dal suo ruolo di moltiplicatore della buona relazionalità. La risultante di tutto ciò è un rapporto responsabile e maturo.

I giovani italiani non sono degli ubriaconi ma sempre più responsabili ed esigenti

I giovani cercano nei vini l’Italianità, criterio di qualità

Il 79,9% dei giovani con età compresa tra 18 e 34 anni afferma che nel rapporto con il vino vale la logica: meglio meno, ma di qualità. Non solo: il 70,4% di giovani dichiara: “Mi piace bere vino, ma senza eccessi”, che richiama l’idea di un alimento che dà piacere e contribuisce in diverso modo al benessere soggettivo, non di un catalizzatore sempre e solo di pulsioni di sregolatezza.

L’italianità come criterio di scelta è richiamato dal 79,3% dei giovani, perché è percepito come garanzia di qualità. Il riferimento alle certificazioni Dop (85,9%) o Igp (85,2%) mostra come i giovani siano molto attenti al nesso tra vini e territori, cosa che segnala la riscoperta nelle culture del consumo giovanili della tipicità localistica, che sembrava destinata a sparire.

I giovani italiani non sono degli ubriaconi ma sempre più responsabili ed esigenti

Vini biologici, tracciabili e sostenibili

La tipicità locale di saperi e sapori, proiezione anche della biodiversità del nostro territorio, è una bussola importante nelle scelte dei consumatori giovani: il 94,9% di essi dichiara di acquistare spesso prodotti tipici dei territori del nostro Paese. Il marchio del prodotto, invece, conta per il 36,1% dei giovani. Alta è la valutazione che viene data della tracciabilità dei prodotti, vino incluso: il 92% dei giovani è pronto a pagare qualche euro in più sul prezzo base per i prodotti di cui riescono a conoscere biografia e connotati. Il 56,8% dei giovani, poi, è ben orientato verso vini biologici e apprezza aziende agricole attente alla sostenibilità ambientale.

I giovani italiani non sono degli ubriaconi ma sempre più responsabili ed esigenti

 

I giovani associano il vino a momenti significativi di convivialità

Secondo Giorgio Piazza, Presidente Fondazione Enpaia, «il vino si conferma un driver importante per l’economia del nostro Paese, dove sono presenti circa 600 vitigni e oltre 1.500 tipologie di vino. La biodiversità, inoltre, rappresenta un elemento di grande rilievo. Quello vitivinicolo è un settore di assoluto prestigio, molto valorizzato soprattutto dai giovani, che nelle loro scelte di consumo mostrano particolare considerazione verso il vino biologico e di qualità. I giovani bevono vino in maniera moderata e responsabile, aprendosi così alla convivialità e alla socialità».

Per Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis: «Il rapporto col vino della grande maggioranza dei giovani è marcato dalla logica della qualità e non da quella della quantità - ha detto - Il vino poi è al centro di momenti significativi di convivialità nei luoghi ed esercizi pubblici, di cui gli italiani hanno avuto nostalgia nell’emergenza sanitaria. Un rapporto maturo e responsabile col vino, quindi, è parte integrante del nostro stile di vita, tanto apprezzato nel mondo». Per Valerii il caso del vino è emblematico per spiegare come funziona il sistema paese. «I nostri imprenditori preferiscono guardare al mercato estero piuttosto che a quello interno - ha ripreso - Il mercato interno non viene infatti valorizzato e nemmeno sostenuto dalle istituzioni. Dobbiamo quindi partire dai concetti legati al recupero della voglia di convivialità e della socialità che hanno i nostri giovani per uscire da questa fase di depressione e rilanciare la domanda interna». 

 

 

«Mostriamo questo rapporto in Europa per capire quanto il bere responsabile sia nel nostro Dna»

Alla conferenza era presente anche il sottosegretario alle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, che ha plaudito al risultato dello studio. «Questa analisi andrebbe presentata al Parlamento europeo - ha premesso il parlamentare -  I giovani che ci dicono che bevonoo poco e in maniera responsabile è un segnale importante. Fa capire che è nel nostro Dna il concetto del consumo di vino in maniera responsabile. Questo studio »

Per il ministro del Turismo: «Bisogna tenere alta la qualità e allargare i margini»

Alla conferenza è intervenuto anche il ministro del Turismo Massimo Garavaglia. «Da qusto studio emergono importanti parole chiave. Servono qualità e servizi aggiuntivi da legare attorno al mondo del vino - ha premesso - Penso all’enoturismo, dove ci sono cantine che arrivano a guadagnare di più cone le visite piuttosto che con la vendita delle bottiglie. Bisogna però associare a tutto questo l'organizzazione dei servizi. Se l’Italia lo farà in maniera sistematica non ce ne sarà per nessuno. L’Italia da questo punto di vista ha un settore di eccellenza, ma non basta più investire sulla bottiglia di qualità».

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