Tutto pronto per la controffensiva italiana in difesa del Prosecco. Nella giornata del 9 novembre, il ministro alle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha fatto il punto in una conferenza stampa dedicata al lavoro della task force messa in campo dal nostro Paese per tutelare una delle eccellenze del Made in Italy minacciate dal croato Prosek. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale europea della richiesta di riconoscimento della menzione geografica tradizionale per il vino croato, infatti, l'Italia aveva 60 giorni di tempo per presentare le proprie obiezioni. Che ora sono state inviate a Bruxelles attraverso un documento di 14 pagine. Alla Croazia concessi ora 60 giorni per eventuali controdeduzioni.
Dopo le obiezioni italiane, la Croazia ha 60 giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni
Patuanelli: «In gioco l'intero sistema delle denominazioni tradizionali»
Nel presentare il documento spedito alla Commissione Europea, il ministro Patuanelli ha messo subito in chiaro che la difesa del Prosecco riguarda tutto il sistema Paese perché «ove mai questo percorso portasse a un esito negativo per noi ci troveremo, di fatto, di fronte all'istituzionalizzazione dell’Italian sounding per le Dop e Igp. Cosa che non possiamo consentire». A sostenere questa posizione, tutto l'arco parlamentare che ha dato prova di unità. «Oggi come oggi l'Italia ha dato un segnale all'Europa che spesso ci guarda come il paese dei mille campanili: siamo uniti e compatti a difesa delle nostre eccellenze e del sistema europeo di tutela delle Dop e delle Igp», gli ha fatto eco il sottosegretario alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio al fianco del ministro durante la conferenza stampa. Per entrambi il tema vero non è tanto o solo la pericolosità di una piccola produzione come quella del Prosek, vino totalmente diverso per numeri, volumi e tipologia dal Prosecco. Semmai è che «l’Ue sia in grado o meno di tutelare all’interno e all’esterno le Dop e Igp altrimenti salta l'intero sustema di promozione delle eccellenze agroalimentari», ha ribadito il ministro. D'altronde, come ha ricordato Centinaio, «l'Italia ha 838 denominazioni e quasi 300 consorzi. Tutto questo viene riconosciuto, tutelato e promosso dall’Ue. Nel momento in cui riconoscendo il Prosek l’Ue aprisse una falla così grossa rischieremo il collasso dell’intero sistema di tutela».
Il ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli
Le basi delle obiezioni italiane
Ma su quali basi poggiano le obiezioni italiane? Tre, sostanzialmente, i macro temi espressi dal ministro Patuanelli. Il primo riguarda la questione del nome: «Io sono triestino e conosco molto bene il paese di Prosecco. Ecco, in una zona di frontiera dove viene tutelato il bilinguismo, il nome Prosek non è altro che la traduzione in sloveno del nome del Paese a pochi chilometri da Trieste. Insomma, c'è omonimia chiara e questo va a rafforzare le norme sulle protezioni delle menzioni tradizionali». Le stesse che prevedono che possa essere oggetto di tutela solo quanto già riconosciuto prima del 2009. E questo non è il caso del Prosek. In secondo luogo, il ministro cita il riconoscimento ottenuto dalle Colline del Prosecco in quanto patrimonio Unesco: «L'Unione Europea ha il dovere di tutelare tale patrimonio in ogni sede». Infine, i precedenti: «Nei negoziati di pre-adesione della Croaza all'Ue il tema del Prosek fu messo sul tavolo del dibattito ma non ricevette alcun riconoscimento per le stesse ragioni che utilizziamo noi ora», ha ribadito Patuanelli.
Il precedente dello Champagne che aiuta le bollicine italiane
A proposito di precedenti, quello più attuale si riferisce allo Champagne. A inizio settembre la Corte di giustizia dellUe aveva messo uno stop al'utilizzo dei nomi truffa. A spingere verso questa sentenza, il ricorso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di champagne, contro una catena di bar spagnoli che usa il nome “Champanillo” (che in lingua spagnola significa «piccolo champagne») per promuovere i locali, con un supporto grafico raffigurante due coppe riempite di una bevanda spumante. Una diatriba finita prima nelle mani della magistratura iberica e poi direttamente in Lussemburgo, dove ha sede la Corte di giustizia europea chiamata a chiarire se, secondo il diritto comunitario, fosse possibile utilizzare un termine nel commercio per designare dei servizi piuttosto che dei prodotti. Risposta? No! Il regolamento comunitario protegge le Doc da condotte relative sia a prodotti che a servizi, e il criterio determinante per accertare la presenza di una evocazione illegittima è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa come per lo Champanillo, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, proprio la merce protetta dalla Dop. Nel caso di specie, lo champagne.
Le carte storiche
E se questo ancora non bastasse, nei giorni scorsi la task force messa insieme dal ministero è riuscita addirittura a produrre delle attestazioni storiche a favore della posizione italiana. «Ecco le carte, la pistola fumante di cui parlo da giorni, che riteniamo bloccheranno per sempre le ambizioni di riconoscimento europeo del Prosek avanzate dalla Croazia», aveva affermato il governatore del Veneto Luca Zaia in vista dell'ultimo incontro degli esperti tenutosi a Venezia il 2 novembre. Il riferimento è a delle «tavole, documenti e riferimenti storici», rinvenuti dalla task force messa in campo dal Veneto per disinnescare la minaccia croata al business del Prosecco. Si tratta di una storia che parte da lontano, dal 1382. Allora con il termine prosek si intendevano le forniture di prosecco che partivano da Trieste per finire sulle tavole del Duca d’Austria. Circa «100 orne», si legge nei documenti storici.
Un’indicazione non di poco conto che, da un lato, constata il mancato legame fra il territorio croato e quello della denominazione (alcune incisioni in rame datate 1585-1590 riportano il nome Prosek come germanizzazione del topografico Prosecco che si riferisce alla cittadina pochi chilometri a nord di Trieste), dall’altro attesta la sussistenza di quella tradizione vitivinicola che è alla base del riconoscimento del regime Doc avvenuto nel 2009.
Il mercato del Prosecco
In gioco c'è soprattutto il mercato estero. Come ricordato dalla Coldiretti, una bottiglia di vino italiano su sei stappata fuori dai confini nazionali è di Prosecco. Il vino veneto e friulano è quindi la punta di diamante dell'export agroalimentare tricolore e nel 2021 punta a chiudere con un aumento delle vendite pari al +32% rispetto all'anno precedente. «L’iniziativa del ministero - ha sottolineato la Coldiretti - è importante per tutelare un patrimonio del Made in Italy che alla fine dell’anno raggiungerà un valore al consumo di 2,5 miliardi di euro dei quali la maggior parte realizzati sui mercati esteri con la leadership a livello mondiale in termini di volumi esportati davanti a Champagne e Cava».
A livello di mercato, il primo acquirente estero di Prosecco sono gli Usa (che chiuderanno l'anno con un +49% di bottiglie vendute). Ma la crescita più consistente arriva dalla Russia dove gli acquisti nell'ultimo anno sono quasi raddoppiati (+91%). In crescita anche i principali mercati europei: Germania (+28%) e Francia (+15%). L’appeal delle bollicine Made in Italy resiste anche alla Brexit dove le vendite aumentano del 5%, con la prospettiva di incrementare ulteriormente visto che il governo della Gran Bretagna ha annunciato il taglio delle tasse sul Prosecco e sui vini spumanti con un calo di circa 1,3 euro a bottiglia che si rifletterà sui prezzi di vendita e renderà più accessibile l’acquisto del vino italiano. E ora anche i cinesi hanno scoperto la bontà del bere italiano, con le spedizioni di Prosecco che sono addirittura più che triplicate nel 2021 (+238%).
«È necessario fare presto per fermare una decisione scandalosa che colpisce il vino italiano più venduto nel mondo. Quello del Prosek si tratta di un precedente pericoloso che rischia anche di indebolire la stessa Ue nei rapporti internazionali e sui negoziati per gli accordi di scambio dove occorre tutelare la denominazione prosecco dai falsi», ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.