Cresce lentamente, ma costantemente, sulle colline della Valcalepio la coltivazione biologica delle vigne e quindi la produzione di vini bio. È questo un primo dato che si può fissare a proposito della vendemmia 2020, che prosegue con regolarità e ottimismo. Il Consorzio Valcalepio calcola che la coltivazione bio sia arrivata ad un 20 % dei vigneti a Denominazione di Origine, percentuale giudicata decisamente interessante nel panorama nazionale.
Vigneti a coltivazione biologica a Pontida, nel Bergamasco
Il
Consorzio ha aggiornato il censimento: tra socie e non socie, le aziende bio sarebbero 13 e coprono un po’ tutta l’area provinciale, nonché molte tipologie di vino prodotte in Valcalepio. Tra le aziende che per prime, con coraggio, hanno optato per il bio figurano Le Corne di Grumello del Monte (25 ettari), Cooperativa sociale Oikos con sede a Villa d’Almè (13 ettari), Tosca di Pontida (9 ha), Cantina sociale bergamasca di San Paolo d’Argon (7 ettari nel vigneto di Scanzorosciate), Il Cipresso di Scanzorosciate (6 ha, l’unico che produce anche Moscato di Scanzo bio), Valli Francesco di Cenate Sopra (2 ettari), Locatelli Amadio di Chiuduno (2 ha), Sant’Egidio di Sotto il Monte (2 ha), Sassi della Luna di Cenate Sopra (2 ha), Le Driadi di Palazzago (1,5 ettari), Villa Mauro Cà Verde di Almenno San Salvatore (1 ha), Le Sorgenti di Bergamo (1 ha), Fronte Mura di Bergamo (1 ha). Alcune altre aziende hanno iniziato a lavorare per il bio ma sono ancora piccolissime realtà produttive.
«Il totale degli ettari bio sono poco più di 70 – afferma
Sergio Cantoni, direttore del Consorzio Valcalepio – e quindi è raggiunto il 20 per cento della superficie vitata a Doc. La cosa interessante è che
tutte le tipologie di Docg, Doc e Igt sono prodotte anche in bio e quindi sono in commercio. Purtroppo il numero di bottiglie prodotte varia di anno in anno, poiché il bio dipende, più della coltivazione tradizionale, dalle condizioni meteorologiche».
«Alcune aziende – osserva ancora Cantoni - soffrono difficoltà di commercializzazione e, soprattutto le piccole, non sempre riescono ad avere costanza nella offerta sul mercato. La distribuzione interessa soprattutto il settore Horeca e quello della vendita diretta. Poca l’offerta nella Gdo che non offre possibilità di ricarichi necessariamente più alti, poiché la produzione bio a ettaro normalmente è inferiore a quella del disciplinare del 20-30%. I prodotti si presentano con caratteristiche organolettiche di grande qualità e garantiscono quello che promettono».
Marco Locatelli, azienda Tosca di Pontida, è stato uno dei primi a credere nel bio: «La scelta biologica irreversibile è stata una scelta culturale non un espediente commerciale. Chi opera in questo regime fondamentalmente ci crede e insiste, cercando un equilibrio economico non facile. L'impossibilità di usare insetticidi di sintesi e concimi chimici rende difficile affrontare alcune avversità date dai parassiti, per cui occorre essere veramente convinti. Comunque i clienti gradiscono e ci incoraggiano a continuare».
L’impegno e la passione dei viticoltori bio cominciano ad essere premiati e remunerati. Ad esempio, il “Kiki V”, vino spumante brut rosato metodo Charmat lungo, a coltivazione e vinificazione biologica, prodotto da Tosca con Merlot al 100/100, annata 2018, è stato premiato con il massimo punteggio della Rosa d’Oro nella Guida 2020-2021dei migliori vini rosati d’Italia. La “Guida Rosa Rosati Rosé”, che verrà presentata a Venezia nei prossimi giorni, è curata dai sommelier Renato Rovetta e Carmelo Scandurra.
In questi giorni è presentato dalla cooperativa Oikos il suo primo Metodo classico. «È una vendemmia 2018 di uve Chardonnay in purezza - afferma il direttore
Marco Crippa - coltivato a bio nei nostri vigneti nella valle di Astino. Non abbiamo ancora deciso il nome. I commenti degli esperti sono molto positivi. Peccato che ne siano state prodotte solo 1.300 bottiglie, ma siamo solo all’inizio».