Con i ristoranti e i locali chiusi ancora tutto il mese di maggio, le aziende italiane del vino perderanno in media il 40% del loro fatturato. La stima è di Confagricoltura, che evidenzia come il 35% del vino sia consumato nel canale Horeca, che assorbe il 55% del valore del comparto.
«La maggior parte delle piccole e medie imprese vitivinicole italiane - spiega il presidente della Federazione Vino di Confagricoltura, Federico Castellucci - non serve la grande distribuzione, ma ha come principali canali di riferimento quello tradizionale e quello della vendita diretta in azienda, anche negli agriturismi, di fatto bloccati dalle restrizioni dei DPCM».
Federico Castellucci
Con 356mila aziende, 650mila ettari vitati, 50 milioni di ettolitri e un valore di 13 miliardi di euro, il comparto vitivinicolo è una delle eccellenze più rappresentative dell’Italia, non soltanto per il primato mondiale di volumi produttivi, ma per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici. Tuttavia, il brusco calo dell’export e il perdurare della
chiusura di ristoranti, bar ed enoteche nella fase 2 dell’emergenza coronavirus mettono a rischio la sopravvivenza del settore, che conta 1,3 milioni di addetti.
«Il tracollo del settore vino – continua Castellucci - avrebbe conseguenze nefaste per l’economia del Paese, con gravi perdite occupazionali e anche per l’ambiente, con alcune aree vitate che potrebbero essere abbandonate senza alternative sostenibili».
La vitivinicoltura italiana, che ha origini antiche ed è immagine e sostanza di innumerevoli territori, più di altre al mondo ha un forte legame con le caratteristiche pedoclimatiche di ogni regione: queste peculiarità danno ai nostri vini un valore unico e irripetibile. Condannare la vitivinicoltura italiana al collasso, pertanto, significa condannare un settore che, insieme all’arte, alla cultura e alla gastronomia, costituisce l’identità e la fortuna del nostro Paese.
Confagricoltura ha proposto una serie di interventi, come la rinegoziazione del debito, la sospensione delle rate per 12 mesi, la concessione dei contributi in conto interessi, l’attivazione del pegno rotativo anche per il vino e lo sviluppo di garanzie sui crediti. Si è inoltre attivata per l’avviamento della vendemmia verde, anche parziale, per un sostegno allo stoccaggio dei vini di qualità e per una possibile distillazione di crisi accompagnata da un’adeguata riduzione delle rese per ettaro.
«Se in una fase critica come questa non si riesce ad avere una forte e immediata iniezione di liquidità, senza troppa burocrazia – conclude Castellucci - molte aziende rischiano realmente di non poter neanche arrivare al termine dell’emergenza Covid-19 e si vedranno superate dai concorrenti degli altri Paesi europei ed extraeuropei».