Il surriscaldamento globale sta modificando la geografia del vino, mettendo a rischio alcune aree storiche di produzione. Ma per i vignaioli trentini esiste una exit strategy.
«Noi abbiamo una via d'uscita che è la montagna», spiega
Camilla Lunelli delle Cantine Ferrari. «Le maison francesi acquistano terreni nel sud dell'Inghilterra, noi aumentiamo le quote dei vigneti. Loro giocano sulla latitudine, noi giochiamo sull'altitudine».
La produzione di Trentodoc supera le 9 milioni di bottiglie l'anno
Le bollicine di montagna godono di buona salute. Con 53 case spumantistiche, 150 etichette sul mercato e una produzione che supera le 9 milioni di bottiglie, lo spumante Trentodoc registra una crescita del 10% annuo. «Il 77% del nostro territorio - dichiara
Sabrina Schench, direttrice dell’Istituto Trentodoc - si trova sopra i 1.000 metri e di conseguenza abbiamo la possibilità di far crescere la produzione delle uve, Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco e Pinot meunier, a queste quote». «Una delle caratteristiche dei nostri produttori - aggiunge - è quella di allungare la permanenza sui lieviti prevista dal disciplinare. Pensate che per il brut sarebbero previsti 15 mesi, ma succede, molto spesso, che esca con 48 mesi di affinamento, di conseguenza l’attenzione alla qualità è garantita».
Trentodoc può vantare una carta di identità che certifica la sua origine. «C’è stato uno studio su alcuni campioni di Trento Doc, durato oltre tre anni, che ha evidenziato come alcuni composti volatili sono esclusivamente di queste bollicine», spiega
Simone Loguercio, Miglior Sommelier d’Italia 2018. Dalla ricerca è emerso che la montagna influenza tutto l’ambiente trentino e non solo le uve coltivate ad elevate altitudini: anche i Trentodoc prodotti da uve in fascia di bassa collina riportano in bottiglia gli stessi componenti aromatici.
La storia di Trentodoc affonda le sue radici nei primi anni del secolo scorso
La storia del Trentodoc inizia nei primi anni del ‘900 con Giulio Ferrari, che dopo numerosi viaggi-studio in Francia, dà il via a Trento alla produzione di metodo classico. «Giulio Ferrari - dichiara Camilla Lunelli - è stato un visionario perché è stato il primo ad intuire che questo territorio ha una vocazione straordinaria per le bollicine di montagna». Oggi gli spumanti Ferrari del Gruppo Lunelli trainano il distretto del Trentodoc e sono diventate un simbolo dell'arte di vivere italiana. Si brinda Ferrari al Quirinale da quando il presidente Pertini lo ha preferito allo champagne. È rimasta nella storia la foto che ritrae Paolo Rossi con una magnum Ferrari dopo aver conquistato il Mondiale 1982. Meritano una visita la cantina sotterranea, anche solo per vedere il forziere delle riserve, e Villa Margon, dimora cinquecentesca, oggi sede di rappresentanza del Gruppo Lunelli, che si trova a pochi passi dalla Locanda Margon, ristorante stellato di Casa Ferrari. «Come famiglia - spiega Matteo Lunelli - credo ci sia una responsabilità sociale nel promuovere le bollicine di montagna e nel raccontare il territorio. Poi è un circolo virtuoso e ne beneficiamo anche noi».
Per gli amanti del vino e delle due ruote tappa obbligata all’azienda agricola Francesco Moser per due chiacchiere con la famiglia del grande campione di ciclismo e per visitare il museo delle biciclette. La passione di Francesco Moser per il vino inizia prima di quella per la bicicletta. La famiglia, infatti, coltiva i vigneti e vinifica le uve da tre generazioni. Moser 51,151, spumante metodo classico Trentodoc, è uno dei prodotti di punta della cantina. Prende il nome dai 51,151 chilometri che Francesco Moser percorse in un’ora a Città del Messico, nel 1984, stabilendo un record poi rimasto imbattuto per i successivi nove anni.
Vitigni del Trentodoc
Giacomo Malfer della cantina Revì di Aldeno è un mago della sboccatura “à la volée”. Il nome Revì deriva dal toponimo della zona di produzione; zona che secondo la leggenda era vocata alla coltivazione di una vite dalla quale si otteneva un vino superiore, regale: il "Re vin", Revì appunto. «Da 35 anni ci confrontiamo con dosage zero», spiega Giacomo. E la degustazione di 3 Trentodoc dosage zero - appena sboccato annata 2015, quello attualmente sul mercato annata 2014 e annata 2012 - consente di capirne l’evoluzione. Spumanti in grado di donare emozioni e freschezza, senza temere troppo l'incedere del tempo. Non a caso si chiamano bollicine di montagna.
«All'inizio ci davano dei pazzi».
Giorgio Romanese sorride mentre in barca andiamo a ripescare le bottiglie dell’unico Trentodoc subacqueo. Lo spumante viene affinato per 24 mesi nei fondali del Lago di Levico a 20 metri di profondità. «È una cantina naturale - dichiara - che mantiene 6 gradi costanti sia in estate sia in inverno. Lo spumante ha un'evoluzione aromatica diversa, questo tipo di affinamento gli dona un perlage più fine a causa della corona d'acqua che agisce sul tappo». Attualmente nei fondali del lago sono presenti 4 gabbie da 504 bottiglie. «Abbiamo affittato una sala nel forte vicino dove facciamo manualmente le operazioni di remuage». Recentemente un ristorante di Parigi ha inserito nella carta vini il Trentodoc della cantina Romanese. «Come ci sono riuscito? Ho preso un biglietto aereo per Parigi e sono andato con lo zaino pieno di bottiglie a proporre i miei vini», racconta Giorgio.
Viticoltura eroica in Valle di Cembra dove l’uomo è riuscito a strappare terreno coltivabile alla cruda montagna ingioiellando le viti lungo 708 chilometri di muretti a secco. Cembra Cantina di Montagna, a 700 metri sul livello del mare, è la cantina più alta del Trentino e tra le 3 più alte d'Europa. Qui lo Chardonnay, coltivato in un territorio vocato alla viticoltura fin dai tempi remoti e cullato dall'Ora che soffia dal Lago di Garda, dona vini di grande eleganza, personalità e soprattutto freschezza. Da qui la scommessa di Ezio Dallagiacoma, chief winemaker di Cesarini Sforza: «Un'azienda non può mai smettere di fare ricerca. La prova di quest'anno è fare un tiraggio di 10 mila bottiglie di vino riserva di 6 annate diverse. Sono convinto che sarà un valore aggiunto». Un primo esperimento è già andato a buon fine con una partita di magnum Aquila Reale Riserva, il cru di Cesarini Sforza, prodotta con uve raccolte nei vigneti del Maso Sette Fontane l’11 settembre 2001. Sboccato oggi, a 18 anni di distanza, lo spumante risulta profondo, espressivo e ancora vivace.
È ad un’ora di strada la Val di Fassa dove per una sosta relax c’è QC Terme Dolomiti con accesso dai 14 anni in su. La posizione del centro, immerso nella natura con una bella vista sulle Dolomiti, è ideale per godere dei benefici della “forest bathing” come medicina preventiva. La struttura è alimentata con la preziosa acqua termale della sorgente Alloch. Da provare la stanza del temporale con tuoni, lampi e scrosci di pioggia dall’alto e l’idromassaggio nella botte recuperata dagli archivi storici delle Cantine Ferrari.
Una visita al Caseificio Sociale Val di Fassa di Pera per assaggiare il Puzzone di Moena DOP. Inizialmente il suo odore penetrante, quasi di ammoniaca, può spaventare, ma niente paura: in bocca il suo aroma conquista con le iniziali note pungenti, i sentori di pascolo, erba e frutta matura e cenni di nocciola tostata. Simile, ma con un sapore più delicato rispetto al Puzzone, il Cuor di Fassa o Cher de Fascia. Il caseificio produce anche Trentingrana, il canestrato al pepe e la caciotta al ginepro.
Forme di Cuor di Fassa
Suggestioni ad alta quota in Val di Fassa per la seconda edizione di “Chef per aria”, un’insolita cena panoramica gourmet a bordo della Funifor che da Alba, a 1495 metri, sale a Col dei Rossi, a 2376 metri. L’happening, organizzato a scopo benefico, è andato in scena sabato 15 giugno. I piatti, abbinati alle bollicine Trentodoc, sono stati preparati dagli “Cheghes de Fascia”, capitanati dallo stellato Stefano Ghetta.
Il Quartetto vocale Demò ousc
Emozionante ammirare il tramonto infuocato che si accende al calar della sera sulle Dolomiti con una vista mozzafiato sulla Marmolada, l’imponente Sassolungo e il Gruppo del Sella e in sottofondo le note del quartetto vocale “Demò ousc” e del pianista Paolo Bernard.
Per informazioni:
www.trentodoc.com