Anticamente i vini a Venezia erano suddivisi tra Malvasia (vino navigato che proviene da Monenvasia - Grecia) e Teranum (vino del luogo). Non si parlava di vitigni, ma di vini e origini.
Molto probabilmente di quello che ora noi chiamiamo Terrano Venezia non se ne è mai bevuto un goto (bicchiere). Il Terrano questo Refosco che sull’aspra terra rossa del Carso (sia italiano che sloveno) cambia abito. Si rinforzano i colori diventando di un rosso tendente al viola, insomma una buccia di melanzana ben matura. Si rinforza l’acidità sino a diventare tagliente. Si rinforzano i profumi pepati e quelli di landa carsica.
Tutto viene esaltato: dalla roccia sottostante i pochi centimetri di terra, dalla bora che asciuga i filari, dalla vicinanza del golfo, dalla esposizione a sud con il riverbero del litorale, dalla brezza di mare, che soffia al mattino, portando lo iodio e il salmastro e dalla brezza di terra, che soffia di sera, portando i venti freschi delle montagne circostanti. Sono anni che dico che le vigne del Carso sono vigne allegre, in molti mi dicono che non sono proprio giusta di cervello.
Invece io ci credo fermamente. Come non posso essere allegre delle viti che si godono dei panorami che in poche parti al mondo sono visibili, che sono costantemente arieggiate non soffrendo né il gelo né l’afa, che sono amorevolmente curate e coccolate? Pianta, animale o essere umano, tutti sarebbero allegri in queste condizioni ottimali.
Perché raccontiamo tutto questo? Lo spunto ci viene dall’aver partecipato alla degustazione, guidata da Gae Saccoccio, “Mille sfumature di rosso. L’annata 2016 nelle varie zone di produzione del Refosco” durante la manifestazione, svoltasi a Trieste, Teranum e i vini Rossi autoctoni dell’Alpe Adria giunta alla sua dodicesima edizione. Quest’anno, pertanto, non solo Terrano e Refosco ma anche Schioppettino di Prepotto e Refosco di Faedis. Una manifestazione ospitata nelle sontuose sale dell’Hotel Savoia Excelsior Palace, spazi ampi ed eleganti vista mare, 3 immense sale ad ospitare 70 aziende che hanno portato in degustazione più di 150 vini, due capienti ed eleganti salotti, tappezzati da comodi divani e poltrone, dove poter riposare, scambiare le proprie impressioni con gli amici, far due chiacchere in libertà e serenità magari con un produttore in pausa banchetto, senza folla, in scioltezza.
Poche volte ci era capitato di poter usufruire di tali servizi e ne siamo rimasti veramente entusiasti. Tante le persone che hanno aderito a questa manifestazione e che si sono fermate fino alla fine. Ma ritorniamo alla degustazione guidata, che ha coinvolto giornalisti e tecnici di settore. 8 Refosco sia italiani che sloveni, sia del Carso che dei Colli Orientali. Tutti del 2016. Ma quali sono le parole che ha usato il filosofo Saccoccio per descrivere questi vini? Vini della nostalgia, acidi e succosi, sangue alcolico della terra, il sugo della vita.
Definisce il Terrano un vino oche scalpita ma che anche si adatta, un vino vibrante, un vino della luce. Ma la definizione che ha colto particolarmente nel segno è “un vino con un equilibrio instabile”. Ecco questo è il terrano che si esprime senza stabilità giocando tra il succo e le asperità, mostrando volti diversi a seconda del progetto con cui è stato concepito. Fresco, croccante, acido e poco tannico per i freschi di annata. Profondo, ematico, lungo e tannico per gli invecchiati.
Interessanti di 2 refoschi di Faedis Vie d’Alt e Ronc dai Luchis freschi, con note di liquirizia e tannini borotalcosi. Tanta frutta rossa in conserva e buona complessità per il Teran Prestige di Vinakras. Grandissima eleganza ed equilibrio per l’etichetta bianca del Refosk di Klabjan. Tanto pepe e fiori di lavanda per il Refosco di Grgic. Tante more in equilibrio in un vino muscoloso che ci parla di umami per la prova di botte del Refosco di Kocjancic. Freschezza in un gran corpo per il Terrano di Skerlj. La balsamicità con la menta e l’eucalipto con qualcosa di ematico per il Terrano di Zidarich. 8 Refoschi, 8 terreni, 8 vignaioli, 8 modi di interpretare un grande vitigno, troppo spesso lasciato in secondo ordine, che può donare tante, ma tante emozioni.