I membri della Federazione dei vignaioli indipendenti (Fivi) saranno ospiti per tutto il mese di settembre a Roma, a Eataly Ostiense, che ogni autunno dedica uno speciale approfondimento sui temi del vino.
Ad aprire l’appuntamento è stata una tavola rotonda, guidata da Francesca Rocchi di Slow Food Italia e dal giornalista enogastronomico Fabio Turchetti, che ha coinvolto una folta rappresentanza della
Federazione, guidata dalla presidente
Matilde Poggi, che comprende circa 1.200 artigiani del vino.

Tra i temi discussi nel corso di un vivace dibattito i valori della biodiversità, dei rispettosi processi agronomici e di vinificazione da comunicare e della maggiore attenzione richiesta alle istituzioni nazionali ed europee. È stato un confronto su quanto fatto e quanto da fare dal punto di vista di chi vuole far vino in modo artigianale, del tutto disinteressato a mode o a tendenze e rispettando un rigoroso codice enologico.
Erano presenti una ventina di titolari di aziende rappresentative di territori di varie regioni italiane, con cantine da piccoli numeri, spesso con vigneti antichi e in zone di difficile gestione.
«Siamo piccoli - ha detto la presidente Matilde Poggi in apertura dell’incontro - ma ci facciamo sentire. Soprattutto abbiamo acquistato credibilità in questi 10 anni di lavoro. Il vignaiolo indipendente parte dalla vigna. Ognuno di loro offre al consumatore la garanzia di acquistare da chi si occupa anche della campagna, da chi l’uva la coltiva. Le nostre sono realtà familiari, artigianali, trasparenti».
No al vino inteso come commodity, ma impegno in prima persona e tante storie ben lontane da prospettive di budget. Ne hanno parlato al dibattito alcuni produttori raccontando le proprie esperienze e le ragioni di scelte tanto impegnative a fronte di risultati talvolta a rischio.
È capitato al produttore valdostano Ermes Pavese di dover “saltare” un’annata perché era stata raccolta appena l’1% dell’uva per il maltempo. E ovviamente era impensabile acquistarla da altri. Una storia di successo è invece quella dell'istrionico piemontese Walter Massa, detto "Mr. Timorasso" perché autore negli anni 80 della riscoperta di questo vitigno a bacca bianca quasi estinto in un territorio - il Tortonese - regno consolidato di blsonati rossi, economicamente interessanti.
Matilde Poggi
Grazie all'esempio di Massa oggi sono una trentina le realtà produttive. Non solo: se nel 1987 ci fu la sua prima produzione, a partire dal 2000 andò oltre imbottigliando separatamente i vari cru. Anche il Primitivo di Gaetano Morella, vignaiolo di Manduria (Ta), è entrato nella storia della rinascita del nostro vino, soprattutto da varietà autoctone.
Contro qualsiasi logica dominante un paio di decenni fa, quando nessuno credeva al Primitivo e tanto meno a vigneti troppo datati, Morella con la moglie enologa australiana valorizzò il patrimonio generico pugliese con i suoi alberelli e passando al biodinamico. “Sic et simpliciter” è il significativo motto sulle sue etichette - oltre al logo della Fivi - anche sul suo apprezzato “La Signora”, inserito tra i vini Best of Italy.
Produrre bene, sì, ma come far conoscere e apprezzare al consumatore il frutto di tanto impegno più che virtuoso, quasi una vocazione, e come intraprendere la difficile via dell’export? Ne ha esposto le difficoltà un giovane produttore della Tuscia, Ludovico Maria Botti dell’azienda Trebotti, modello di sostenibilità e di rispetto ambientale, sulle colline della valle Teverina e l'oasi d'Alviano, tra il Lazio e l'Umbria.
La qualità e insieme la conoscenza vanno di pari passo col tempo, se si continua a percorrere la via scelta, insieme a chi ne condivide la filosofia. Impegnato nella ricerca e nell’innovazione, Botti con i due fratelli promuove anche wine tours e gestisce un bio Bed&Breakfast.
Presenti con le loro testimonianza anche altri vignaioli indipendenti con i loro vini più apprezzati, come il Fiano di Avellino di Ciro Picariello che opera alle pendici del Vesuvio, il Montepulciano d'Abruzzo riscoperto da Emidio Pepe e rilanciato come vino da invecchiamento.

E ancora il Verdicchio del poeta marchigiano Ampelio Bucci, il Tintilia del molisano Claudio Cipressi, la Vernaccia di San Gimignano del Colombaio di Santa Chiara, il Gutturnio de La Tosa e naturalmente il Bardolino della presidente Matilde Poggi (Cantina Le Fraghe), quel vino elegante e leggero, "gioioso e brillante" per dirla alla Veronelli. La presidente ha in seguito ringraziato Eataly per l'ospitalità e l'attenzione.
«Questo evento in un luogo di elezione delle eccellenze italiane - ha detto Poggi - dà visibilità all'associazione ed è un attestato di stima verso il nostro lavoro e un modo di riconoscere il valore dei vini prodotti da chi segue l'intera filiera produttiva del vino, dalla vigna alla cantina».
L’associazione nacque nel 2008 per rappresentare la figura del vignaiolo di fronte alle istituzioni oltre che per promuovere la qualità e autenticità dei vini italiani. Sono 11mila ettari vitati quelli degli associati condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico e per il 49% secondo i principi della lotta integrata.
Si attende ora l’ottavo Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti a Piacenza (24-25 novembre) che si prevede tra i più interessanti dell’autunno enologico.
Per informazioni:
www.fivi.it