Ernesto Abbona, presidente di Unione italiana vini, ha commentato i dati sull’export 2017 elaborati da Ismea, partner di Osservatorio del vino, sulla base di quelli Istat, che hanno disegnato l’andamento dell’anno .
«Ci viene consegnato un anno positivo - ha dichiarato
Ernesto Abbona - ma non brillante. Va sottolineata la determinazione dei nostri imprenditori che, nonostante la crescente ondata protezionistica dei mercati e le grandi difficoltà di gestione dei fondi Ocm promozione, archiviano un altro anno di crescita delle esportazioni, anche nei volumi».
«Sfioriamo ma non superiamo la soglia psicologica dei 6 miliardi di euro - continua il presidente
Uiv - cresciamo meno della Francia e rimaniamo fragili davanti alle turbolenze commerciali provocate dalla "geopolitica", perché siamo
ancorati ai due mercati storici del nostro export, Usa e Uk. Con 2,2 miliardi di euro registrati nel 2017, questi due Paesi costituiscono infatti il 40% del valore del nostro export di vini fermi e spumanti, contro quote del 31% per la Francia e del 26% per la Spagna o del 20% per la Germania e quindi siamo in assoluto il Paese più esposto nel caso di ritorsioni sull’agroalimentare e di scenario Hard Brexit. Per questo motivo auspichiamo una risoluzione pacifica delle controversie sul fronte americano e un’opzione di uscita morbida della Gran Bretagna».
Lo scorso anno sono stati esportati 21,4 milioni di ettolitri di vini e mosti, con un aumento del 4% sullo stesso periodo dell’anno precedente, consolidando un trend in atto già dalla fine del 2016. Il valore ha sfiorato i 6 miliardi di euro con un incremento più che proporzionale (+6,4%) rispetto ai volumi, a dimostrazione che anche il valore medio dei prodotti italiani consegnati oltre frontiera si è mosso su un terreno positivo. Le performance migliori si sono avute fuori dai confini comunitari: nei Paesi terzi (che nel 2017 hanno rappresentato il 34% delle esportazioni in quantità e il 49% dei relativi introiti).
È stato infatti registrato un +8% rispetto al 2016 con introiti in crescita del 9%, mentre all’interno della Ue si è registrato +1% a volume e +4% in valore. Nel complesso, la progressione nel 2017 c’è stata, ma nonostante questo gli operatori non si dicono pienamente soddisfatti, auspicando una maggior accelerazione delle esportazioni e soprattutto un aumento della quota di mercato su alcuni mercati target.
Ernesto Abbona
Decisamente sopra la media del settore sono state le performance degli spumanti, che hanno registrato un +9% a volume e +14% a valore, con il Prosecco che ha rappresentato il 56% del totale spumanti esportato e il 59% degli introiti corrispettivi. Sembra, nel frattempo, arrestata la flessione dell’Asti che nel 2017 ha messo a segno un +7% a volume e +6% a valore. Anche i vini frizzanti sono riemersi dal lungo periodo di difficoltà tornando a mostrare un segno positivo sia in termini di volumi (+2%) sia di valore (+6%). Crescita interamente imputabile ai vini frizzanti Igp (+6% a volume e 7% a valore). Nota positiva, infine, anche per i vini fermi in bottiglia (il 48% del totale esportato a volume e il 63% del valore) che, dopo la frenata del 2016, sono tornati a crescere del +2% a volume e del 4% a valore.
«L’auspicio per questo 2018 - ha annotato il presidente di Unione italiana vini - è che il
nuovo ministro delle Politiche agricole abbia tra le sue priorità quella di risolvere la dinamica conflittuale Ministero-Regioni e di sbloccare i fondi promozione 2017-18 mettendo subito mano al decreto per l’annualità 2018-19. Questo, insieme a un Governo capace di farsi sentire a livello europeo, in particolare sul tema della politica commerciale. A oggi, infatti, i fondi dell’Ocm promozione diventano ancora più urgenti per supportare un faticoso ma indispensabile lavoro di diversificazione dei mercati da parte degli imprenditori».
«L’ottimo lavoro che stiamo facendo con Ice - continua Abbona - ci aiuta ma anche noi imprenditori dobbiamo metterci una buona dose di coraggio. Peraltro, il successo recente della spumantistica italiana, insegna che i mercati possono aprirsi anche in maniera veloce quando un prodotto incontra i desideri dei consumatori. Al riguardo, dobbiamo essere sempre attenti a intercettare i nuovi trend di consumo e iniziare a ragionare in modo nuovo anche sulla struttura della nostra offerta, trovando nuove forme di dialogo e sintesi tra brand e territori, superando logiche di confine amministrativo tra territori e regioni, ma anche di dinamiche verticali di filiera, che ci permettano quella elasticità produttiva necessaria a rispondere alle istanze di un mercato in continua evoluzione».
Per informazioni:
www.uiv.it