La Fivi - Federazione italiana vignaioli indipendenti, chiede una semplificazione del nuovo disegno di legge sull'enoturismo. Una materia fondamentale, che necessita di essere normata, ma senza inutili complicazioni. Su invito del senatore Dario Stefano, relatore della legge, e in compagnia del presidente del Movimento Turismo del Vino Carlo Pietrasanta, la presidente Matilde Poggi ha portato le ragioni Fivi nell'audizione del 20 febbraio in Commissione Agricoltura del Senato sul disegno di Legge n. 2616 Disciplina dell'attività di enoturismo.
Matilde Poggi
Diversi i punti su cui Fivi chiede delle modifiche, ma soprattutto delle semplificazioni. «Noi vignaioli facciamo già enoturismo da anni nelle nostre cantine - dichiara la presidente Fivi Matilde Poggi - abbiamo solo bisogno che venga normato l'aspetto fiscale. Chiediamo quindi che i corrispettivi relativi alle attività di visita e degustazione rientrino nel reddito agrario».
Fivi propone inoltre che l’enoturismo sia risconosciuto come attività agricola e che non sia ricompreso tra le attività agrituristiche, come previsto dal disegno di legge. Ci sono perplessità anche sull'obbligo di partecipare a corsi di aggiornamento per avviare l'attività. La richiesta Fivi è che i corsi siano facoltativi e che per l'avvio di un'attività di enoturismo in cantina sia sufficiente presentare una Scia ed essere in possesso dell'autorizzazione sanitaria.
Anche la discrezionalità lasciata dal disegno di legge alle Regioni non trova d'accordo Fivi, in quanto possibile fonte di disparità fra le diverse zone d'Italia, come già avviene per gli agriturismi. Molto meglio pensare a norme minime condivise con tutte le Regioni. Fra i lati positivi della legge invece il fatto che l'attività di enoturismo sia riservata alle sole aziende che al loro interno coprono tutte le fasi di produzione, dalla vigna alla bottiglia, tagliando fuori di fatto le aziende commerciali e valorizzando chi lavora sul territorio.
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