Costi di materie prime e servizi alle stelle e, soprattutto, energia elettrica e gasolio ai limiti dell’impraticabile. Con questo nuovo scenario (annunciato da tempo) si stanno oggi confrontando le imprese italiane, anche in un comparto tanto delicato, e altrettanto danneggiato in questi mesi, come l’agricoltura e, nello specifico, la viticoltura. La minaccia pandemica, infatti, sembra spostarsi lentamente dal piano sanitario (cosa che tutti noi auspichiamo il prima possibile) a quello economico (cosa che, invece, giustamente preoccupa non poco produttori, imprenditori e consumatori). L’allarme è già stato lanciato, con le aziende che cercano di mettere ordine nei propri piani finanziari, mentre associazioni e cooperative studiano la situazione, per comprendere come si muoveranno le istituzioni a supporto del comparto. E intanto, le previsioni dicono che nell’imminente primavera pesanti rincari potrebbero colpire proprio il mondo del vino, in canali di distribuzione come la Gdo. Ergo, a farne le spese sarebbero proprio i consumatori finali. Ma le cantine promettono di contenere il prezzo finale delle bottiglie nella speranza che passi la tempesta perfetta e che lo Stato giunga in soccorso.
Il rincaro delle materie prime si è già fatto sentire sulle aziende vinicole
Se dovessimo mettere una canzone di sottofondo a questo contesto, sentiremmo sicuramente la voce di Damiano dei Maneskin, che canta “Zitti e buoni!”… ecco, esattamente come sono stati fino ad oggi gli italiani, in attesa che la tempesta passasse. Per comprendere meglio tale scenario, Italia a Tavola ha sentito il parere di tre importanti realtà vitivinicole italiane, per avere un quadro più chiaro.
«Abbiamo già registrato, sicuramente, un forte aumento di tutte le materie prime, dalle bottiglie ai tappi, ai cartoni, ma cercheremo comunque di contenere al minimo l’aumento che si potrebbe riversare, da qui a breve, sulla clientela. Faremo il possibile e stiamo già cercando di giocare d’anticipo, ad esempio recuperando numerose scorte».
Riesce a mantenere il proprio ottimismo Federico Belli, digital marketing strategist della cantina toscana Principe Corsini, sita in Maremma a San Casciano in provincia di Firenze. Eppure le nostre domande sono dirette, tanto quanto lo è la previsione che si è già fatta da qui alla imminente primavera, quando aumenti e rincari verificatisi sulle produzioni delle aziende si potrebbero ripercuotere inevitabilmente sui consumatori finali. Attraverso il canale della Gdo, ad esempio, più che nell’Horeca, dove a farne le spese potrebbero essere proprio famiglie e utenti che magari amano consumare quotidianamente l’ottimo vino italiano e che potrebbero a breve pagare a caro prezzo (nel vero senso del termine) tale passione. «Quello che cercheremo di fare - conferma ancora Belli - è mantenere il rincaro dei prezzi al minimo, innanzitutto perché non è affatto giusto che a farne le spese sia il cliente. Certo, restiamo anche ottimisti e speriamo possano arrivare quanto prima aiuti da parte dello Stato, auspicabili ad esempio sul fronte dell’energia elettrica. Con la Gdo - precisa poi il rappresentante della cantina toscana - non abbiamo avuto attualmente alcun confronto, ma non credo che alla fine ci saranno dei rincari così forti».
Villa Le Corti a San Casciano in Val di Pesa (Fi)
«Non verrà privilegiato il vino sfuso»
E infine, sul pericolo che a farne le spese possano essere invece Doc e Docg, perché si potrebbe essere tentati di risparmiare acquistando vino sfuso, il digital marketing strategist fa capire che, come spesso accade nella vita, è il curriculum di ciascuno di noi a salvarci sempre dai guai. «Il vino sfuso - conclude educatamente e fermamente - ha meno restrizioni, dunque meno controlli. Noi imbottigliamo tutto il nostro vino prodotto dalle nostre vigne, in Maremma come in Chianti Classico. E questo dà la massima garanzia al consumatore finale. E, come se non bastasse, lavoriamo in biologico». Insomma, l’argomento potrebbe già chiudersi qua, perché Federico Belli ci convince pienamente che si può comunque spendere qualcosa in più, quando si guarda alla qualità.
«È aumentato ciò che ruota intorno al vino»
Stessi toni pacati, ma ugualmente fermi, anche se forse meno ottimistici, quelli di Antonio Teora, direttore della Cantina di Venosa sita in provincia di Potenza in Basilicata. Ci siamo spostati di chilometri, scendendo dalla Toscana all’affascinante Vulture, e anche qui aleggia aria di preoccupazione per i forti aumenti.
«Carta, cartone, plastica, etichette, capsule, tappi… abbiamo sempre subìto rincari - precisa Antonio, che si fa dare del tu, forse per sottolineare con maggiore schiettezza le sue dichiarazioni - Dei costi energetici, poi, non ne parliamo. O del gasolio per i trattori. Sul fronte della Gdo, le aziende vitivinicole come quella che rappresento non stanno chiedendo grandi rincari, ma di rivedere gli accordi perché quella che è aumentata non è la materia prima, il vino, ma tutto ciò che ruota attorno ad esso, necessario per venderlo. Perfino il costo della manodopera è rimasto inalterato». Antonio Teora non sente affatto aria di gioco di squadra, anzi! E aggiunge: «Credo che si stia speculando sulla situazione che si è venuta a creare».
Anche la sua voce è autorevole, soprattutto in un momento come questo, di vera e propria svolta economica, dopo il quasi rientrato allarme pandemico mondiale. Cantina di Venosa produce circa 1 milione e mezzo di bottiglie all’anno, vendute per l’80% in Italia e per il restante 20% all’estero, tra i maggiori Paesi europei, come Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Inghilterra, Russia, Repubblica Ceca, e poi in Asia, tra Giappone e Thailandia, ed infine in Usa, Brasile e Messico.
I vigneti di cantina venosa
L'obiettivo: «Rivedere i rapporti con le Gdo per salvare i consumatori»
Dopo avere snocciolato i numeri dell’azienda che rappresenta, il direttore conclude cercando di proporre (o quantomeno auspicare) soluzioni: «A parte l’utopia che bisognerebbe tornare a produrre alcune materie prime in Italia, - dice - bisogna evitare che i costi finali si ripercuotano sul consumatore. Da qui alla primavera, cercheremo di portare a casa quel +4-5% che chiediamo negli accordi con la Gdo, non di più, e di andare avanti in un momento difficile per tutti. Siamo anche fiduciosi che in contesti internazionali come il Vinitaly si possa focalizzare l’attenzione su questi temi, cercando momenti di confronto».
E infine, sugli eventuali, ipotetici vantaggi di una maggiore vendita di vino sfuso rispetto alle Denominazioni, anche Teora è convinto che «le certificazioni hanno sempre un valore aggiunto e, dunque, una maggiore tutela per il consumatore. Esattamente come i nostri nuovi accordi, che vogliamo concludere in sede di distribuzione: un piccolo rincaro sui nuovi contratti, ma che non faccia trovare nuove e brutte sorprese ai consumatori finali».
Le cantine si aspettano un aiuto dal Governo
Da luglio 2020 Laurent Bernard De La Gatinais guida, in qualità di presidente, Assovini Sicilia, l’associazione che riunisce 91 aziende vitivinicole dell’Isola, da cui si genera l’80% del valore del vino regionale imbottigliato. Dal 2007, De La Gatinais è anche presidente di Rapitalà, una delle più prestigiose aziende vitivinicole siciliane, con una produzione annua di 2 milioni e 400 mila bottiglie, di cui il 75% vendute in Italia.«Certo, siamo in una situazione molto delicata - precisa il presidente di Assovini Sicilia - e la prima previsione possibile è che eventuali, nuovi rincari si possano spalmare su più attori protagonisti, aziende, distributori, consumatori, mentre dal Governo ci attendiamo, fiduciosi, nuove importanti azioni per calmierare i prezzi. Il problema più pesante - precisa De La Gatinais - è il costo dell’energia e del gasolio, che incide inevitabilmente nei trasporti. Se pensiamo che la quasi totalità del trasporto commerciale italiano è su gomma, il quadro è chiaro. Abbiamo trascorso due anni tra ammortizzatori sociali, indebitamento, cartelle esattoriali rinviate! Non è immaginabile che adesso tutto si scarichi su produttori e consumatori, non ce lo meritiamo! Come Assovini Sicilia - aggiunge - siamo in attesa di sentire i soci, mentre lanceremo certamente un appello perché si aiuti l’agricoltura, in generale, non solo la viticoltura: penso, ad esempio, all’ortofrutta, altro comparto produttivo fondamentale».
Laurent Bernard De La Gatinais, presidente di Assovini Sicilia
«La pandemia ha reso le aziende vinicole più resilienti»
Infine, anche l’esponente siciliano si lascia andare a un cauto ottimismo: «Cosa ci ha insegnato questa pandemia? - conclude - Che le imprese italiane, forse anche perché piccole, sono molto più resilienti di ciò che pensavamo, soprattutto nel nostro settore. La gente ha imparato a tirare la cinghia in questi anni e abbiamo capito che si può lavorare essendo molto più frugali, quasi con un ritorno alle origini, ripartendo dalle cose fondamentali. E l’Europa dovrebbe fare quadrato attorno ad esse, al posto di pensare a mettere il bollino nero in un prodotto millenario come il vino (riferendosi al Nustriscore, il sistema di etichettatura francese degli alimenti, basato su un algoritmo, che assegna una lettera, che va dalla A alle E e un colore che dal verde passa al rosso, ai prodotti alimentari, ndr), vera ricchezza agricola che il mondo ci invidia, in Italia come in Francia, in Spagna e nel contesto mediterraneo. Cosa ci aspetta, dunque, in primavera? Stiamo a vedere, così come siamo in attesa delle bollette che arriveranno nelle nostre case, oltre che nelle nostre aziende».