Sì agli aerei pieni, ma senza bagagli a mano. Il compromesso raggiunto per tornare a volare in giro per l’Europa il più possibile in sicurezza, non piace ad Eddie Wilson, il nuovo amministratore delegato di Ryanair, secondo il quale – al contrario – aumenterebbe addirittura il rischio di contagio.
Con i bagagli in stiva, si temono assembramenti per il ritiro
Dal 1° luglio, lo ricordiamo, con la riapertura di tante frontiere e la ripresa dell’attività della maggior parte delle compagnie aeree, è scattato
il divieto di portare a bordo sull’aereo quello che fino al giorno prima era considerato bagaglio a mano (con la sola eccezione di borsette e zaini). Questo perché, fino a contrordine, non potranno più essere utilizzare le cappelliere sopra i sedili.
«Rispettiamo la decisione, ma sembra una norma pensata da persone che non sanno come funziona il trasporto aereo», dice in un’intervista al
Corriere l’ad di
Ryanair. Solo qualche mese fa, la compagnia aerea low-cost aveva ridisegnato, non senza polemiche, misure e tariffe per il bagaglio a mano, consentendo il trasporto in cabina di un solo trolley di dimensioni ridotte. Ora l’obbligo di stivare tutto non piace al numero uno della compagnia, che avverte: «Disagi a parte,
questo divieto aumenta le occasioni di assembramento. In primo luogo le persone sono costrette a fare le code ai banchi del check-in per depositare i bagagli e questo avviene in aree dell’aeroporto con spazi che non consentono di rispettare la distanza sociale. È meno rischioso l’imbarco seguendo un ordine sequenziale sulla base della posizione del sedile».
Sebbene ora le persone abbiano meno motivazioni per alzarsi dal proprio posto durante il volo, le loro valigie prima gelosamente custodite sopra la loro testa, ora vengono prese in carico da altre persone che si occupano di metterle in stiva, di scaricarla e depositarle sul nastro di consegna, che così diventa, per Eddie Wilson, «un’altra occasione di assembramento a destinazione».
A nulla sono servite le osservazioni che la compagnia aerea irlandese ha fatto presente ad Enac ed Easa, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, e ai ministeri della Salute e dei Trasporti. Questa misura restrittiva riguarda infatti solo i voli in partenza dall’Italia.
Intanto dopo aver incassato la possibilità di volare a pieno regime (e senza posti vuoti al centro delle file, com’era stato ipotizzato in precedenza), ora le compagnie aeree devono fare i conti con le prenotazioni che faticano ad arrivare, così come succede per gli alberghi in tutta Italia. «In questo periodo il volo si compra sempre di più last minute – ammette l’ad di Ryanair –
Le tariffe al momento sono più basse e lo saranno credo ancora per anni perché è necessario stimolare la domanda. Sarà più difficile volare nel prossimo inverno. Qualche vettore fallirà».
Per tornare ai livelli del 2019, per Eddie Wilson dovranno passare almeno un paio d’anni, con il mercato italiano che rischia di essere più problematico di altri «a causa – dice – dei 3 miliardi stanziati per rilanciare Alitalia: soldi che il governo vorrebbe prendere dalle altre compagnie alzando l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco e che finirebbero per far aumentare il costo dei biglietti».
Intanto una buona notizia per il traffico aereo italiano arriva dall’aeroporto di Linate, che riaprirà il prossimo 13 luglio. Il ministro dei Trasporti
Paola De Micheli ha scritto una lettera all'Enac fissando per quel giorno (48 ore prima del previsto) la data in cui il city airport meneghino riprenderà il servizio. Una notizia che la Sea non ha però preso bene. La società di gestione dello scalo aveva chiesto infatti un rinvio al ministero perché tenere i distanziamenti imposti causa Covid a Linate è estremamente complesso, complici anche i cantieri aperti. Non solo: la frequenza dei voli per motivi di sicurezza dovrebbe essere ridotta da nove a due decolli all'ora. E la riapertura in queste condizioni causerà alla società - che già perde tra i 25 e i 30 milioni al mese causa crollo traffico - un buco ulteriore di circa 2,5 milioni al mese.