L’estate italiana sarà orfana di milioni di turisti stranieri e a mancare saranno soprattutto quelli che spendono di più. La parziale riapertura, oggi, delle frontiere extraeuropee ha escluso tanti Paesi, tra cui Russia e Stati Uniti, ancora alle prese con picchi di contagio altissimi. Con i voli ancora a terra da Mosca e dalle città del Nord America resteranno lontani dall’Italia i turisti che spendevano più di tutti e che in genere erano quelli che affollavano soprattutto le città d’arte.
Europa ancora chiusa ai voli in arrivo dall'America
I danni, oggi, sono difficilmente calcolabili in termini economici (
solo per gli americani si parla di 1,8 miliardi), ma le prospettive sono tutt’altro che rosee. Lo stop ai turisti russi e americani sarà “una mazzata” per gli alberghi e, più in generale per tutto il settore del turismo. Ne è convinto il presidente di Federalberghi,
Bernabò Bocca, che ha spiegato il perché in un’intervista a Repubblica. «
Il turismo non va misurato in presenze, ma in fatturato, e mancheranno visitatori che durante il loro soggiorno spendono tanto». Oltre alle già citate città d’arte, per cui i turisti Usa «sarebbero stati una boccata d'ossigeno», a rimetterci saranno anche altre località tra le più rinomate della Penisola, come Capri,
meta preferita di migliaia di brasiliani, anche loro confinati al di fuori dell’Europa a causa dell’elevato numero di contagi.
Inutile, per il numero uno di Federalberghi, sperare troppo nel turismo casalingo: «Gli italiani non spendono quanto gli stranieri – aggiunge Bocca – Calcoliamo che se
le presenze di italiani saranno il 50%, le entrate ammonteranno al 40%». Certo non aiuta neppure l’ipotesi delle quarantene da scontare in albergo (sotto esame ci sono ancora i turisti inglesi), che però Bocca definisce “impossibili per legge”. «Va fatta in strutture apposite – dice Bocca – Proprio io, nel mio hotel di Firenze, ho dovuto rifiutare una prenotazione per una suite per 20 giorni a un cliente americano».
Bernabò Bocca
Ad ogni modo la stagione secondo Bocca sarà comunque compromessa, dato che «il 30% delle strutture – spiega – non riaprirà. Per questo chiediamo al governo di aiutare chi lo farà, e che quindi non usufruirà della cassa integrazione, con sgravi sul costo del lavoro. Anche chi non aprirà va sostenuto con il credito d'imposta sui lavori di rinnovamento. Soltanto così arriveremo pronti alla stagione 2021».
Questa la lista dei Paesi extra Ue con le cui frontiere sono state riaperte stamattina: Marocco, Algeria, Tunisia, Serbia, Montenegro, Georgia, Canada, Uruguay, Thailandia, Corea del Sud, Giappone, Australia, Nuova Zelanda Rwanda e Cina (ma solo se ci sarà reciprocità da parte dello Stato asiatico). Una lista che sarà aggiornata ogni due settimane.
Ma i conti del turismo potrebbero non essere gli unici a risentire dello stop dei turisti americani in Italia. La decisione di chiudere le frontiere americane non è piaciuta al presidente Usa Donald Trump, che ha recentemente pubblicato
la lista definitiva dei prodotti e dei Paesi europei sotto esame per nuovi dazi. E non è da escludere una rappresaglia economica, da parte degli americani, che potrebbero rivalersi sui prodotti dell’agroalimentare italiano.Gli Stati Uniti minacciano infatti di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy, dopo l’entrata in vigore il 18 ottobre 2019 delle tariffe aggiuntive del 25% che hanno colpito per un valore di mezzo miliardo di euro specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. La procedura di consultazione avviata dal dipartimento statunitense del commercio (USTR) si concluderà il 26 luglio
L’export del Made in Italy agroalimentare in Usa nel 2019 è risultato pari a 4,7 miliardi ma con un aumento del 10% nel primo quadrimestre del 2020 nonostante l’emergenza coronavirus. Il vino con un valore delle esportazioni di oltre 1,5 miliardi di euro, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States mentre le esportazioni di olio di oliva sono state pari a 420 milioni ma a rischio è anche la pasta con 349 milioni di valore delle esportazioni. Un tema sul quale si è espresso il presidente di Coldiretti,
Ettore Prandini, che ha detto: «
Occorre impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza coronavirus».