Fare squadra serve, anzi è necessario. Forse anche il mondo dell’enogastronomia ha definitivamente afferrato il concetto. La dimostrazione arriva dal lavoro che Bergamo sta avviando per candidarsi a Città Creativa Unesco.
La notizia l’abbiamo raccontata: il capoluogo lombardo ha assunto il ruolo di capofila di un terzetto di province, le altre due sono Lecco e Sondrio, che si sono riunite in nome dell’eccellenza dei formaggi orobici per proporre la candidatura Unesco di Bergamo a Città Creativa per la Gastronomia. Il primo passo dunque è stato unire le forze, trovare un simbolo comune, farsi rappresentare da questo e viaggiare in sintonia, senza gelosie. Navigare insomma in onore di quel concetto di squadra che come Italia a Tavola abbiamo più volte sostenuto, e che sosteniamo tuttora, con azioni anche concrete come dimostrato ad esempio nelle
ultime edizioni del Premio Italia a Tavola.
La tavola rotonda nella quale è stato dato l’annuncio si è svolta subito dopo l’inaugurazione di
Forme, il progetto bergamasco organizzato per promuovere i formaggi e la loro cultura, e ha messo attorno allo stesso tavolo Bergamo - rappresentata dal sindaco Giorgio Gori - insieme ad Alba (Cn) - rappresentata dal presidente dell’Associazione dei tartufi di Alba, Antonio Di Giacomi - e a Parma, con l’assessore al turismo Cristiano Casa. La città piemontese e quella emiliana sono già Città Creative per il cibo e non hanno tardato, nel corso del loro intervento a Palazzo della Ragione, a dare il proprio supporto a Bergamo per la candidatura.
Ciò che più ha sorpreso è stata la spontaneità con la quale i due rappresentanti hanno teso la mano al sindaco Giorgio Gori. Non c’è stata enfasi nelle loro parole, né alcun tipo di puntualizzazione, nessun merito, nessun richiamo urlato alle proprie eccellenze, ma solo la consapevolezza che un lavoro di sinergia tra le città italiane può far bene a tutti, all’Italia in primis e alle singole realtà subito dopo.
Non solo: Vittorio Salmoni, responsabile organizzativo del Forum internazionale delle Città Creative che si terrà a Fabriano (An) nel 2019 ha sottolineato come sia l’Unesco stessa a chiedere alle città che si candidano di presentare il progetto in funzione della rete di collaborazioni e di condivisioni che riesce a tessere con le sue iniziative. Come a dire: senza squadra non c’è nomina.
Alberto Lupini, Vittorio Salmoni, Giuseppe Biagini, Antonio De Giacomi, Fabio Rolfi, Giorgio Gori, Cristiano Casa e Francresco Maroni
Di più: il sindaco Gori ha parlato anche di collaborazione, di sistema, tra la montagna e la città che si manifesterà sempre di più in futuro qualora la candidatura andasse a buon fine. La montagna che porta alla città i suoi prodotti, la città che presta il suo nome come attrattiva turistica per portare gli ospiti nelle valli, nella Cheese valley, come è stata ribattezzata l’area dove si producono i “principi delle Orobie”.
Uno scambio, continuo e sempre più fitto, con la montagna (quella bergamasca soprattutto) simbolo di un’apertura che sa di nuovo e di novità, dopo che per secoli è stata etichettata - a ragione, molto spesso - come un’area chiusa, abitata da persone genuine, oneste, lavoratrici ma forse poco vocate alla collaborazione con l’esterno. Ora invece intuisce l’importanza di aprirsi, di collaborare, di essere una cosa sola, con le proprie specificità al servizio di una rete molto più fitta e quindi molto più efficiente.
Con le dovute proporzioni, ma il messaggio di Bergamo, Lecco e Sondrio dovrebbe arrivare dalle parti di Milano, Torino, Cortina (e rispettive Regioni) che proprio non ce la fanno a mettersi d’accordo sulla candidatura comune per organizzare le Olimpiadi Invernali 2026. Ognuna vuole primeggiare sull’altra, bisticci "da condomini", ognuna spinge per avere il nome sui loghi ufficiali in primo piano. Ognuna è gelosa dell’altra, ma nessuna considera che senza l’aiuto reciproco non può esserci candidatura solida. E così finiranno per rimanere con un pugno di mosche in mano, ferme a guardare l’ennesimo treno che passa e va altrove, immobili nel non capire dove tiri il vento che possa portare boccate d’ossigeno per il turismo, l’economia, il lavoro, lo sviluppo culturale e perché no anche sportivo.