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Oltrepò Pavese: mosaico di uve, terra e uomini

Un territorio in cui convivono storicamente differenti culture e tradizioni. La complessità geologica e pedoclimatica ha contribuito a generare un interessantissimo mosaico vitivinicolo esteso per ben 13.500 ettari

di Stefano Malchiodi
enologo di Tenuta Mazzolino
 
11 giugno 2021 | 10:30

Oltrepò Pavese: mosaico di uve, terra e uomini

Un territorio in cui convivono storicamente differenti culture e tradizioni. La complessità geologica e pedoclimatica ha contribuito a generare un interessantissimo mosaico vitivinicolo esteso per ben 13.500 ettari

di Stefano Malchiodi
enologo di Tenuta Mazzolino
11 giugno 2021 | 10:30
 

Geograficamente dobbiamo immaginare l’Oltrepò Pavese come un triangolo rovesciato e incuneato nel cuore dell’appennino settentrionale. Se i due lati sono costituiti a est dall’emiliana Val Tidone e ad ovest dalla piemontese Val Curone, la base corrisponde al fiume da cui prende il nome: si tratta infatti dell’unico lembo pavese a sud del Po. Il vertice a sud è costituito dai 1.724 metri del monte Lesima, a pochi passi dal confine ligure, da cui proviene la freschezza delle brezze discendenti verso la pianura padana durante il fondamentale periodo di maturazione estiva delle uve. È attraversato dal 45° parallelo, equidistante da Polo Nord ed Equatore, lo stesso che attraversa le grandi zone piemontesi ma anche la Georgia, terra natìa del vino, la Napa Valley in California ma soprattutto Bordeaux, tanto che Olivier Bernard, proprietario del celebre Domaine de Chevalier, a Pessac Leognan, afferma che «i più grandi vini del mondo nascono in corrispondenza di questa latitudine magica e misteriosa».

Oltrepò Pavese Mosaico di uve, terra e uomini



Un territorio dalla grande complessità vitivinicola

Si tratta di una terra dalle mille sfaccettature, anche e soprattutto in campo agricolo, più volte storicamente contesa dalle tante zone confinanti. Appartenente in epoca feudale alla potente abbazia di San Colombano di Bobbio, i cui frati «producevano vini leggeri e dissetanti e li conservavano in botti di legno» (Strabone) avendo essi appreso le tecniche di vinificazione in uso in Francia, fu in seguito dominato dai Visconti e dagli Sforza passando allo Stato di Milano nel 1535 e nel 1713 all’Austria, per poi essere separato da Pavia e unito al Piemonte nel 1743.

Per capirne la complessità vitivinicola basti limitarsi all’epoca recente e pensare che è stato territorio piemontese fino al 1859 quando, con l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, è definitivamente tornato a far parte della provincia di Pavia. La convivenza di differenti culture e tradizioni, unita alla complessità geologica e pedoclimatica e al savoir faire contadino, ha generato un interessantissimo mosaico vitivinicolo esteso tra le diverse valli interne per ben 13.500 ettari.

Oltrepò Pavese Mosaico di uve, terra e uomini


Pinot Nero

Dopo la Bourgogne, terra d’origine del vitigno, e la Champagne, l’Oltrepò con i suoi oltre 3mila ettari di Pinot Nero si colloca addirittura al terzo posto in Europa per diffusione di una difficile e affascinante varietà arrivata, grazie all’influenza francese dell’epoca, a metà dell’800 in Oltrepò dove ha trovato un habitat unico e straordinariamente adatto alle sue importanti esigenze: clima fresco grazie alla protezione fornita dagli Appennini dal caldo risalente dal Mediterraneo e suoli eterogenei, a volte maggiormente argillosi, altre volte più ricchi in arenaria ma quasi sempre attraversati da importanti vene calcareo-gessose.

Nel 1865 vinificando Pinot Nero delle Valli Versa e Scuropasso, eccellenti dal punto di vista spumantistico, nascono alcune tra le prime storiche bottiglie di metodo Classico italiano ad opera del duo Vistarino-Gancia, dando il via ad un lungo percorso coronato dall’ottenimento della prestigiosa Docg nel 2007 e ponendola tra le grandi zone spumantistiche. Più tardi, grazie alla natura poliedrica dei suoli oltrepadani, un manipolo di aziende storiche scopre le grandi potenzialità di alcuni areali come la Valle Coppa e in particolare il Casteggiano per la vinificazione in rosso di questa varietà; siamo ad ovest dell’Oltrepò, dove le terre bianche e calcaree che ricordano geologicamente il Piemonte si susseguono e alternano ai depositi argillosi.

Questi verranno seguiti poi da altri produttori, tanto che oggi stiamo assistendo all’uscita di un numero in costante aumento di vini sempre più eleganti, definiti e territoriali, che dimostrano un’innata capacità di affinamento per parecchi anni dopo l’imottigliamento. Il Pinot Nero infatti, tra tutte le uve, è forse quella maggiormente capace di “leggere” in modo diverso ogni fazzoletto di terra in cui viene coltivata traducendo in vino il clima in cui si trova, il suolo su cui cresce e ogni cura di chi si occupa di coltivarla.

Oltrepò Pavese Mosaico di uve, terra e uomini


Croatina, Barbera & co.

Spostandosi verso est, è nella zona di Rovescala che si trovano le più tipiche espressioni della Croatina, chiamata anche Bonarda utilizzando il nome del vino che se ne ottiene per definire anche il vitigno; segno evidente che da queste parti si coltiva da tempo immemore. Sempre in Valle Versa, nella zona di Canneto Pavese, di nuovo con la Croatina ma questa volta in uvaggio con Barbera, Uva Rara e Ughetta di Canneto, oltre al mitico Barbacarlo del cavalier Lino Maga, si entra nel mondo della Doc Buttafuoco che trova il suo apice qualitativo nella zona del cosiddetto “Sperone di Stradella” dove, ancora una volta a testimonianza dell’interessante variabilità geologica dei suoli e della volontà di comprenderla sempre più a fondo, è stato fatto un interessante lavoro di zonazione individuando tre zone caratterizzate rispettivamente da ghiaie, arenarie e argille.

Interessante osservare come le stesse varietà, su terreni a prevalenza ghiaiosa, in questa zona molto ripidi, esprimano acidità e alcolicità maggiori rispetto alle arenarie dove sono tannini e mineralità ad emergere per vini che in entrambi i casi si prestano a lunghi invecchiamenti, mentre nella zona più fresca e argillosa si ottengano rotondità e strutture più immediate ma altrettanto interessanti.

A completare il quadro la possibilità di interessanti Riesling renani nei dintorni delle marne calcaree di Montalto. Anche questo iconico vitigno è arrivato in Oltrepò durante i movimenti risorgimentali di metà ‘800 e ha trovato un habitat ideale nei piccoli villaggi di Calvignano, Mornico Losana, Olive Gessi (nomen omen) e, appunto, Montalto Pavese, tanto da esservi coltivato oggi per oltre 1.300 ettari donando vini che completano il carattere nordico e austero della varietà con interessanti sfumature agrumate e floreali più tipiche dell’area mediterranea.

Non vanno poi dimenticati gli importanti lavori di recupero di varietà autoctone come la Moradella o la già citata Ughetta di Canneto, che puntano a salvare vitigni che a fine ‘800 hanno rischiato la scomparsa dopo l’arrivo della fillossera ma oggi rappresentano una carta importante da giocare nel tentativo di aumentare la biodiversità genetica della vite coltivabile. L’immenso patrimonio di antiche varietà autoctone italiane si sta infatti rivelando ancora più prezioso ora che il cambiamento climatico impone di esplorare nuovi ambienti per la viticoltura di oggi ma soprattutto per quella del futuro.


© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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