Novembre, mese di vigilia per feste di fine anno e inizio 2021. Mese in cui ogni buon degustatore di vino dovrebbe controllare la cantinetta e verificare la situazione delle “bollicine”, vale a dire se ha un sufficiente numero di bottiglie di spumante per dire addio al 2020 (da dimenticare per le vicende della pandemia) e il benvenuto al nuovo anno.
Si avvicina la fine dell'anno, pronti per brindare all'anno nuovo
Nel sempre più vasto mondo delle bollicine (numerose le aziende, anche medio-piccole, che si cimentano con il metodo Classico),
la Franciacorta - bisogna riconoscerlo - è zona tra le più vocate, ma anche la più quotata per qualità e prezzo. È giusto così, senza nulla togliere al Trentino o al Piemonte, che la seguono a ruota. I competitor sono numerosissimi in tutta Italia ormai (non voglio parlare dello Champagne, perché sono nazionalista convinto).
In Franciacorta, tra i primissimi a spumantizzare con quello che una volta veniva definito “metodo Champenoise” è stata l’azienda Cà del Bosco con il suo pioniere-fondatore Maurizio Zanella. Marchio affermato in tutto il mondo, Cà del Bosco ha divulgato un “Manifesto” per ribadire alcuni punti fermi del proprio impegno.
Prima di tutto la scelta della viticoltura biologica, grazie alla quale si usa e coltiva il territorio senza consumarlo o rovinarlo. Segue l’equilibrio tra tradizione e innovazione: “Lavare l’uva o eliminare l’ossigeno brevettando metodi nuovi vuol dire eliminare tutto ciò che, superfluo o artificiale, rischierebbe di non far comprendere la potenza estetica delle nostre terre”.
Il Manifesto mette in evidenza anche lo stretto rapporto tra vino, arte e cultura: Cà del Bosco collabora da sempre con grandi artisti in progetti culturali e formativi. La stessa sede di Erbusco è un museo contemporaneo. Infine il sostegno sempre dato all’ambiente e al Made in Italy: ecologia a braccetto con l'etica.