Gli italiani si fidano dai loro barman più dei consumatori di altri Paesi. A dirlo è una ricerca realizzata da Cga by NielsenIQ in collaborazione con Aibes, l'Associazione italiana barmen e sostenitori, secondo cui il parere dei baristi gioca un ruolo decisivo nelle scelte di consumo dell’utente finale. Infatti, gli italiani hanno più probabilità di essere influenzati dall’opinione del proprio bartender di fiducia (31%) rispetto ai consumatori di altri Paesi, come il Messico (29%), il Sudafrica (29%), la Cina (25%) e la Tailandia (24%).
Una fiducia che i baristi ripagano attraverso una formazione costante, ma che il 25% ritiene insoddisfacente. Certo, il margine per ridurre questa percentuale c'è: il 69% dei barman giudica infatti buono il rapporto con i propri fornitori. Si possono così facilmente migliorare i programmi di formazione in base alle esigenze dei baristi. Entriamo nel dettaglio.
I baristi chiedono sempre maggiore formazione
La formazione è fondamentale per la crescita professionale del barman
I bartender sono appassionati del loro settore e sono orgogliosi di poter offrire esperienze di consumo eccezionali ai loro clienti: per questa ragione sono disponibili ad accettare la formazione fornita dai supplier o dai brand di bevande (76%) per ampliare la loro expertise. Tuttavia, la carenza di personale a volte rappresenta un ostacolo alla loro capacità di aumentare il livello di soddisfazione dei clienti (67%). Inoltre, i fornitori e distributori devono offrire soluzioni che facilitino l'equilibrio tra lavoro e vita privata (20%), tenendo in considerazione le diverse esigenze dei barman sia sul posto di lavoro che fuori servizio.
Altre sfide evidenziate dai bartender includono la possibilità di crescere a livello professionale (31%) e di far parte di un team di professionisti qualificati (27%). Offrire ai barman l’opportunità di migliorare le proprie capacità di gestire e guidare team affiatati permetterebbe quindi di implementare la costruzione di carriere nel settore dell’hospitality, oltre a creare relazioni più forti con il brand che li ha aiutati a raggiungere i propri obiettivi.
Un programma di formazione è un investimento
Per i fornitori, un buon programma di formazione è un investimento. Anche in questo caso la conferma la danno i numeri.
Il 62% dei barman intervistati dichiara, infatti, di avere una selezione specifica di brand da suggerire ai clienti e 2 su 5 tendono a raccomandare marchi da cui hanno ricevuto una formazione professionale. Inoltre, il 65% del campione ha affermato di voler modificare la propria gamma di prodotti nei prossimi 12 mesi, a dimostrazione che investire in programmi di formazione ben strutturati può aumentare la brand awareness del marchio e influenzare le scelte dei consumatori.
Per esempio, gli intervistati sostengono che una formazione specifica sul "servizio perfetto" di categorie come la birra renderebbe i clienti soddisfatti della loro esperienza complessiva (53%) spingendoli a tornare nel locale (51%) e a ripetere la scelta del brand (33%).
Formazione, meglio in presenza
Data la natura “relazionale” del settore dell’hospitality, non sorprende che i baristi preferiscano la formazione in presenza (47%) o ibrida (42%). L'importanza del rapporto interpersonale è rafforzata dal fatto che per instaurare una relazione di successo con i barman sia necessario che i supplier dimostrino di conoscere (82%) e frequentare i loro locali.
«I supplier di bevande in grado di fornire una formazione adeguata sul proprio brand si collocano nella direzione giusta per alimentare relazioni importanti e durature con i propri clienti - evidenzia Alberto Sciacqua, Client solution director Italia - Inoltre, è necessario porre una fortissima attenzione sui barman italiani, player importanti nel settore dell’hospitality a livello mondiale. Per questo è necessario un supporto mirato da parte dei fornitori che in futuro andrà a vantaggio di brand e locali. La ricerca di Cga fornisce informazioni utili sulle opportunità di brand advocacy nel mercato italiano locale e globale, con l’obiettivo di aiutare i fornitori a comprendere come coinvolgere con successo i baristi».
Alberto Sciacqua