Mai come nessuno nella storia recente, il 2021 è l’anno dei bilanci. Necessari più che mai per vedere se “qualcosa si muove” e se stiamo, finalmente, riprendendo la rotta che ci rimetterà in carreggiata dopo il duro, e inaspettato, colpo della pandemia. E il vino italiano, non fa eccezione. Vogliamo iniziare con una notizia positiva: il primo semestre 2021 ha riportato fiducia tra le vigne con segnali di ripresa ovunque e un futuro verde per l’Italia (che è di fatto la prima nazione in Europa a imboccare la strada della sostenibilità dopo l’approvazione del decreto ad hoc da parte del governo). Sono questi i primi dati che emergono dall’elaborazione di Anna Di Martino per L’Economia del Corriere della Sera.
Le grandi aziende hanno contenuto le perdite del 2020
Boccata di aria fresca per il vino italiano
Un sospiro di sollievo dopo un anno da dimenticare, per tutti i settori: il mercato del vino ha chiuso il 2020 con 3 miliardi di ricavi in meno, pari a un decremento del giro d’affari del 24%. Giù anche i conti dell’export con vendite pari a 6,3 miliardi, il 2,4% in meno del 2019.
Ma nel dettaglio come hanno affrontato la pandemia le cantine italiane? Come era prevedibile, purtroppo, a pagare di più sono state le cantine piccole e medie legate principalmente al canale horeca (hotel, ristoranti, bar) messo in ginocchio dai lockdown. Mentre le aziende maggiori, soprattutto se dotate di una strategia distributiva multicanale, sono riuscite a contenere le perdite e anche a mettere a segno ottimi risultati. Stiamo parlando delle aziende che compongono la classifica delle 106 maggiori realtà vitivinicole nazionali: un campione significativo dell’industria nazionale del vino che rappresenta il 61,8% del giro d’affari totale del settore, il 62,2% delle esportazioni e il 61,3% del fatturato domestico.
Giro d’affari di 6,7 miliardi
Complessivamente le 106 cantine hanno registrato un giro d’affari di 6,7 miliardi, un export di 3,9 miliardi e 2,7 di incassi sul mercato domestico. A conferma della difficile annata, anche questo campione dai grandi numeri ha chiuso il 2020 con un decremento del fatturato del 3,22%, sintesi di un incremento dell’export del 2,4% e di una flessione del 10,2% del lavoro in Italia.
Molto meno del resto del mercato. Protagoniste della classifica sono 65 aziende private e 41 cooperative. Nel segmento privati ci sono forti differenze. Molti brand, soprattutto nella fascia alta della graduatoria, hanno un taglio industriale che esclude proprietà viticole. Ed è proprio questa tipologia di aziende che oggi si sta muovendo con decisione per aumentare di taglia. È il caso dell’Italian Wine Brands (Iwb), quotato all’Aim, che ha appena definito l’acquisto di Enoitalia. Ed è il caso di Botter e Mondodelvino che sono confluiti in un nuovo nuovo polo vinicolo con forti ambizioni sotto l’egida di Clessidra.
Le aziende “famigliari” e l’amore per l’ambiente
Questo per le “big”, ma le tante realtà vitivinicole italiane a conduzione famigliare? Ne sono esempi: Marchesi Antinori, Marchesi Frescobaldi, Marchesi Mazzei, Barone Ricasoli, Tenuta San Guido, Planeta, Donnafugata, Umani Ronchi, Tommasi, Bortolomiol, Argiolas, Montelvini, Mastroberardino, Folonari, Argiolas, solo per citarne alcune.
Qui la vigna e il vino sono parte integrante della famiglia e la sostenibilità è un obiettivo reale. Basti pensare al riconoscimento appena ricevuto da Tasca d’Almerita e Alois Lageder: due delle 24 aziende in tutto il mondo a ricevere il Robert Parker green emblem 2021, prima edizione di un premio riservato alle cantine che «hanno dimostrato sforzi straordinari nella ricerca di pratiche ecologiche». Ma i casi sono tanti e si moltiplicano di giorno in giorno: Feudi di San Gregorio è diventata azienda Benefit, Cielo e Terra vanta la Certificazione BCorp, la famiglia Ziliani ha fondato l’Academia Berlucchi in Franciacorta a protezione del territorio, per portare tre esempi.
Il ruolo delle coop
Altro tassello del mosaico del vino italiano, il mondo della cooperazione: le coop pesano per il 44,5% sul fatturato totale del campione, per il 35,9% sull’export, per il 57% sul fatturato Italia, tenendo sempre la testa della graduatoria con Cantine Riunite e Caviro. Il podio al vertice della cooperazione si completa con il consorzio trentino Cavit, che ha cambiato taglia dopo l’acquisto delle controllate dell’ex gruppo La Vis. Da notare la grande estensione di vigneti di proprietà dei viticoltori-soci della cooperativa. Il gruppo Caviro, da solo, dispone di 36.272 ettari in produzione, quasi un quinto delle vigne dell’intero campione. La Marca vini e spumanti ha dalla sua 15mila ettari, 2 mila in più rispetto allo scorso anno, al gruppo Ermes fanno capo 10.453 ettari. Mentre Colomba bianca ne conta 7 mila ettari, Terre Cevico 6.920, Cantina di Soave, Vivo, Cavit, Collis Veneto wine group oltre 6 mila ettari ciascuno.
Tra le “private” 5 hanno fatturato superiore ai 200 milioni
Dalle cooperative ai privati. Sono 5 (una più del 2019) le aziende che possono vantare un fatturato superiore ai 200 milioni. Botter, la maggiore azienda privata del mercato, Marchesi Antinori, Fratelli Martini, Iwb ed Enoitalia. Sono 21 in totale, con la new entry Contri spumanti, le aziende con più di 100 milioni di fatturato: il famoso club over 100, fotografato su L’Economia n.° 22 de il Corriere della Sera. Entra a quota 56 con 34,6 milioni la Losito e Guarini. New entry 2020 anche la Fdb-Famiglia Dal Bianco al 61° posto.
Maggior redditività? Tenuta San Guido
Una curiosità? Se notiamo, la classifica 2020 che fotografa le cantine che vantano la maggiore redditività è guidata da cantine di sangue blu! Questa speciale graduatoria, che riguarda solo le imprese private, è costruita tenendo conto del rapporto tra il margine operativo lordo (ebitda) e il fatturato. Il primo e il secondo gradino è appannaggio di due illustri cugini: gli Incisa della Rocchetta, proprietari della Tenuta San Guido, e gli Antinori, da secoli alla testa della Marchesi Antinori. Al terzo posto la prima novità significativa del 2020: conquista il podio della redditività la Marchesi Frescobaldi, un’altra storica casata Toscana.
Il monopolio della Toscana continua con la Castellani, al quarto posto. Al quinto posto irrompe il Veneto con il Gruppo Santa Margherita della famiglia Marzotto. Il sesto e settimo posto toccano a due cantine siciliane: Planeta entra nella top ten migliorando il suo indice di ben 13 punti e Donnafugata della famiglia Rallo a quota 24,60%.
Novità anche all’ottavo posto e nono posto dove si fanno avanti il gruppo Farnese, vanto d’Abruzzo, e la toscana Carpineto. Chiudono la famiglia Cotarella e Cusumano.
Tra gli “esclusi” Gruppo Lunelli e Guido Berlucchi
E poi ci sono gli “esclusi”: l’anno orribile della pandemia ha lasciato il segno facendo uscire dalla classifica nomi importanti (pur registrando risultati invidiabili) come il Gruppo Lunelli e Guido Berlucchi.
Enoitalia primo imbottigliatore italiano
L’Enoitalia della famiglia Pizzolo con 114 milioni di pezzi, 4 milioni in più rispetto al 2019, ha potenziato nel 2020 il suo primato di primo imbottigliatore italiano. Ed è ora pronto a trasferirsi sotto l’egida dell’Italian wine brands (Iwb) al quarto posto della classifica stilata in base al numero di bottiglie prodotte, con 65 milioni di pezzi. Al secondo e al quinto posto troviamo Casa vinicola Botter e Mondodelvino group (97 e 62 milioni di bottiglie ciascuno) confluite sotto il fondo Clessidra. In pratica nella cinquina al vertice, l’unica azienda che procede sola è la Contri Spumanti, produttrice di 79 milioni di bottiglie e titolare di un fatturato di 107,3 milioni di euro.
Protagonisti di questa top ten anche Schenk Italian Wineries. Al settimo posto Zonin 1821- All’ottavo posto la new entry Losito e Guarini, seguita da Cielo e Terra e Latentia Winery.
Iwb domina chi ha corso di più nel 2020
Ma quali sono le aziende che hanno corso di più nel 2020? La graduatoria che registra i maggiori incrementi del fatturato totale è dominata da l’Iwb con un incremento che sfiora il 30%. Al secondo posto, con una crescita di oltre il 21% ecco il consorzio veneto Cantine Vitevis, frutto di fusioni completate nel 2019 con la Cantina di Castelnuovo del Garda. Presieduto da Silvano Nicolato e diretto da Alberto Marchisio ha guadagnato 10 posti in classifica piazzandosi al 41° posto. Sfiora il 19% l’incremento messo a segno sul mercato domestico dalla coop trentina Vivallis, mentre Cantine Volpi, proprietà dell’omonima famiglia e punto di riferimento nella produzione dei Colli Tortonesi raggiunge il 17,8%. Contando anche Contri spumanti (+13,4 per cento) e Gruppo Caviro (+10 per cento), sono 7 le aziende che, numeri alla mano, possono registrare una crescita del fatturato a due cifre. Completano la top ten due grandi coop, Cavit e La Marca e l’azienda privata toscana Tenute Piccini. Sotto la regia dell’amministratore delegato Mario Piccini, il gruppo vinicolo di Casole d’Elsa ha un rapporto privilegiato con la grande distribuzione, vanta cinque tenute nel Chianti classico, Maremma, Etna e Vulture in Basilicata ed è pronto ad allargare il perimetro all’occasione. Molte aziende di questa classifica si accomodano anche nella graduatoria che raccoglie le crescite più importanti all’export. Con tre sole eccezioni. La prima è Casa Paladin: conquista il secondo gradino del podio con un incremento del fatturato estero che supera il 29 per cento. Guidata dai fratelli Carlo e Roberto Paladin, Casa Paladin si estende in Veneto, Friuli, Toscana e Franciacorta con un approccio strategico green (hanno appena creato un vigneto didattico). C’è poi al quarto posto la Cantina di Soave, una delle maggiori coop italiane e, infine, al quinto Cantina Vecchia Torre, solida coop pugliese con un ricco medagliere.
I migliori esportatori? In testa Cantine Sgarzi
Capitolo export? La top ten dei migliori esportatori è guidata dall’emiliana Cantine Sgarzi di proprietà della famiglia Sgarzi, che si occupa di imbottigliamento e commercializzazione di vino sfuso e confezionato. Segue Farnese group, basato in Abruzzo, con il 97,6 per cento, quindi il Gruppo Ruffino con il 95,24 per cento. Sotto il podio altri attori importanti tra cui Pasqua vigneti e Cantine di Verona.