La voglia di tornare alla normalità, di fare, di sbrigare, di organizzare eventi, di aprire bar, ristoranti, alberghi, impianti sciistici è tanta e per ogni situazione si fanno i salti mortali pur di farcela, magari non al 100%, ma almeno un po’. Poi però bisogna fare i conti con la realtà: aprire, non basta perché è necessario che poi qualcuno entri e, anche quando entra, che si goda quello che si trova davanti.
Chi andrà al Vinitaly
Il no di Villa Franciacorta al VinitalyE la sensazione è che raramente succede che vada così. Uno spunto di riflessione messo sul tavolo da
Villa Franciacorta che con un comunicato pulito, comprensibile e appunto calibrato per aprire probabilmente un dibattito ha annunciato che no, al Vinitaly non ci andrà. La fiera del vino di
Verona, dopo essere stata cancellata nel 2020 ed essere stata rinviata più volte successivamente, dovrebbe andare in scena dal
20 al 23 giugno. Ma si riuscirà? La domanda è lecita vista la situazione altalenante e considerato che un evento nazionale di tale caratura non può certo essere organizzato qualche settimana prima.
E allora “meglio la
certezza”, come si sente dire da molti quando si parla di chiusure,
lockdown, balletti di colori dati alle regioni.
La nota ufficiale“Villa Franciacorta - si legge nella nota ufficiale - ritiene di non essere presente con una propria postazione all’interno del prossimo Vinitaly, le cui date sembrano fissate per il prossimo giugno salvo diverse indicazioni
da parte dell’ente fieristico veronese. Tra gli
obiettivi della presenza di un’azienda, con un proprio stand, al Vinitaly, c’è sempre stato il piacere di incontrare il pubblico, di fare
network, di accogliere gli ospiti nella propria postazione e di avviare con essi un dialogo, un confronto, che nasce dal piacere di conoscersi, di degustare insieme, di commentare questo o quel millesimo, di condividere emozioni. Nelle attuali condizioni, questo “network”, che è un mix di
convivialità, piacere, passione e empatia, non è possibile né lo sarà entro breve tempo. Anche per questo preferiamo
non esserci”.
“Villa Franciacorta - prosegue la nota - sarà peraltro felice di invitare in
cantina e di ospitare nel fascinoso borgo medioevale, enoappassionati, professionisti della
ristorazione e dell’ospitalità, giornalisti e comunicatori, attraverso un programma articolato, sulla base dei più rigidi disciplinari anti-covid. In questo modo, ogni incontro avverrà in
sicurezza e con le necessarie precauzioni. E, quando tutto sarà rientrato nella normalità, torneremo a incontrarci, anche fra i corridoi di una fiera”.
Caso isolato o primo di molti?Una rinuncia che rischia di avere grosse ricadute per il mondo del
vino e per l’evento
fieristico in sé. Villa Franciacorta con questo annuncio pubblico potrebbe togliere dall’imbarazzo della prima volta altre cantine, magari restie ad annunciare la loro non partecipazione, potrebbe mettere qualche
dubbio a colleghi che non ne avevano, potrebbe iniziare ad impoverire un grande evento che vive della partecipazione degli attori principali della filiera del vino.
E, ammesso che il Vinitaly si potrà fare, mandarlo in scena a ranghi ridotti potrebbe essere uno
spettacolo ancor meno bello di quello che potrebbe essere con
mascherine, distanziamenti e difficoltà nel servire gli appassionati con calici e altre prelibatezze gastronomiche. Insomma, un tassello che al momento è solo uno, ma che potrebbe essere il primo a venire meno.
E un Vinitaly non in forma smagliante o, peggio, del tutto assente avrebbe gravi ricadute anche su tutto il mondo della ricettività con
alberghi che si ritroverebbero molte camere vuote e
bar e
ristoranti all’esterno che non sfrutterebbero l’onda lunga dell’evento.
I sogni di VinitalyDal canto suo
Vinitaly nei giorni scorsi aveva parlato di un’edizione focalizzata sul rilancio del
settore e sulla ripresa delle
relazioni commerciali in
presenza. «Sarà un
Vinitaly unico – aveva commentato il presidente di Veronafiere,
Maurizio Danese –, in cui ognuno sarà chiamato a fare la propria parte per richiamare la centralità del vino italiano nel mondo: organizzatori, imprese, istituzioni, media che vorranno parteciparvi lo potranno fare nella consapevolezza dell’importanza di partecipare a un
evento live».
Veronafiere, che continua a osservare l’evoluzione degli scenari sui mercati di riferimento attraverso la rete dei propri partner e rappresentanti esteri e in costante contatto con le autorità preposte, ha
prolungato le
tempistiche per
l’adesione alla rassegna fino al 12 aprile e sta sviluppando la propria azione lungo due direttrici.
Crolla il mondo dei congressi e degli eventiPer quanto riguarda l’evento in sé proprio nelle scorse ore le
associazioni di categoria hanno lanciato l’appello per salvare il mondo degli eventi, dei congressi e delle fiere che, pre-Covid, muoveva un
giro d'affari di 65,5 miliardi di euro per un impatto sul Pil di 36,2 miliardi di euro e una forza lavoro di circa 570mila addetti.
«Il nuovo
Dpcm autorizza la riapertura dei teatri e dei cinema anche nelle zone gialle, pur con le dovute misure anti-contagio, e mette invece ancora lo stop a
congressi ed eventi, persino nelle zone bianche. Siamo di fronte a una vera e propria discriminazione, che non ci vedrà stare in silenzio», ha commentato
Salvatore Sagone, presidente del Club degli eventi e della Live Communication e portavoce nei rapporti con i media di #Italialive. «Associare ancora una volta il termine "
assembramenti" a congressi, convegni ed eventi dimostra la mancata conoscenza del modus operandi e della professionalità del nostro settore. Parliamo di eventi statici, dove ogni partecipante è preventivamente registrato e dove fior fiore di professionisti adotta misure di sicurezza che vanno ben oltre quelle previste dal Dpcm per l’apertura di teatri e cinema».
«Siamo perfettamente consapevoli dell’impegno e delle difficoltà del Governo nel gestire una situazione sanitaria in divenire ma siamo davvero esasperati», ha aggiunto
Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi e portavoce dei rapporti istituzionali e politici di #Italialive. «Nonostante i positivi confronti con i rappresentanti del nuovo
Governo ecco che un nuovo Dpcm sembra farsi beffe di migliaia di imprese e professionisti che da un anno sono sostanzialmente fermi e senza lavoro. Permetterci di riaprire, pur con limitazioni numeriche, sarebbe stato un segnale di attenzione che non ci avrebbe certo permesso di ripartire ma che avrebbe dato un messaggio di speranza a un settore che rischia il default e che non ha ancora ricevuto i sostegni promessi. Siamo sconcertati nel constatare quanto l’Italia sia il Paese che, nell’emergenza Covid19, non stia dando pressoché alcun supporto a un settore fondamentale per la promozione del
made in Italy, per la ripresa del turismo, per lo sviluppo di innovazione e per la formazione del personale sanitario, mai come oggi urgente e indispensabile».
Per impedire il fallimento delle imprese e il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori l’industria dei
congressi e degli eventi aziendali e privati ha urgente bisogno di ristori a fondo perduto per le imprese e i liberi professionisti della filiera con criteri di accesso che non considerino i codici
Ateco ma il criterio della perdita del
fatturato e ammortizzatori sociali estesi almeno sino al 30 settembre 2021. In merito ai ristori, è fondamentale il superamento del limite di 5 milioni di euro di fatturato che esclude gran parte delle aziende a maggior densità di lavoro (occupazione) e a maggiore capacità di indotto (ricaduta positiva sulla catena dei fornitori).