Da Milano a Roma, i lunghi tentacoli della camorra si allungano sulla ristorazione. Cinque appartenenti al clan di stampo camorristico dei Moccia, che gestivano alcuni ristoranti del centro di Roma, sono stati condannati dal tribunale della Capitale. Non si tratta, purtroppo, di una novità. È da tempo, infatti, cosa nota la scelta dei clan di puntare sulla ristorazione e sul mondo dell'agroalimentare. Un business criminale, quello della mafia, che ha superato i 40 miliardi di euro e che ha subito una notevole accelerazione a causa della pandemia: il Covid ha reso gli imprenditori più fragili e favorito le infiltrazioni criminali della malavita organizzata.
La mafia gestiva i bar di Roma: cinque arresti
Nel dettaglio, il Tribunale ha condannato a nove anni di reclusione Angelo Moccia, per gli inquirenti a capo della struttura criminale. Nei confronti degli imputati le accuse vanno dall'estorsione alla fittizia intestazione di beni, con l'aggravante del metodo mafioso. Oltre al boss, i magistrati di piazzale Clodio hanno disposto altre quattro condanne comprese tra gli 8 anni e un anno e 4 mesi. Uno degli imputati è, invece, stato assolto. Il processo è scaturito da una indagine della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Roma coordinata dal sostituto Giovanni Musarò. Nel settembre del 2020 i carabinieri del comando provinciale sequestrarono alcuni ristoranti del centro (il Caffè di Marte in via Banco di Santo Spirito 7/8, il Varsi Bistrot in via della Conciliazione 2, Da Giovanni, via Banco di Santo Spirito 58, il Panico, via Panico 42/43) e arrestarono 13 persone tra cui lo stesso Angelo Moccia.