C’è un oscuro rovescio della medaglia dietro l’urgenza di ristori a pioggia, da erogare in fretta e furia direttamente sui conti corrente per tamponare le difficoltà delle aziende in crisi da coronavirus. E cioè il fenomeno di chi... ci prova. Anche se non avrebbe diritto all’aiuto. Più che “semplice” evasione fiscale è sciacallaggio, reso ancora più grave dal fatto che tutti sono a conoscenza di quanto la coperta del sostegno economico sia corta.
Uno spudorato ricorso al mors tua vita mea. Se non altro, l’Agenzia delle entrate si sta dimostrando vigile. Bloccando sul nascere i furbetti, come Italia a tavola aveva già segnalato. Anche se qui il vezzeggiativo è quasi fuori luogo: più che astuzia si tratta di infamia. E le pene dovrebbero essere severe.
Nessuna pietà contro gli sciacalli del ristoro
Indennizzi bloccati: 82mila domande, 243 milioniPer intenderci, parliamo di 82mila indennizzi a
partite Iva bloccati per un valore di 243 milioni, come ha calcolato
Il Sole 24 Ore. Il motivo? Irregolarità nelle domande. Ma al netto di qualche errore materiale o di dimenticanze varie, ci sono quelli che hanno provato coscientemente a gabbare la legge.
Trucco 1: dichiarare ricavi milionariÈ il caso di un
amministratore di condomini di una grande città del Nord che, nonostante dichiarasse meno di 65mila euro l’anno e godesse della
flat tax del 15%, ha avuto il coraggio di dichiarare che ad aprile 2019 aveva fatturato più di un milione di euro, tentando in questo modo di ottenere l’indennizzo massimo di 150 mila euro. Mentre
ristoratori e
albergatori sono (davvero) sull'orlo del baratro.
Aprile, si sa, è il contestato mese preso come riferimento per constatare la
differenza di fatturato tra il 2020 e il 2019, calcolare le perdite e di conseguenza la percentuale del
contributo statale. Sappiamo che in molti casi si è trattato di poco più di mancette, che
c’è un grosso problema di lavoratori stagionali - sia quelli del mare che fanno affari d’estate sia quelli della montagna col grosso dei ricavi in inverno - penalizzati da quel rifermento temporale fatto cadere in primavera. Ma qualcuno, invece che lamentarsi legittimamente, è andato oltre. Sfociando nel penale.
Trucco 2: fatture retrodatate a rafficaQualche triste esempio. Nel Casertano una società di
costruzioni ha gonfiato i ricavi di aprile 2019 emettendo a raffica
fatture retrodatate. Identico trucco per un’impresa abruzzese, sempre del settore
edile.
Trucco 3: il primo trimestre spacciato per aprileNel Lazio ci hanno provato col “tre per uno”: un’azienda
immobiliare ha riportato come dato di aprile 2019 il fatturato di tutto il
primo trimestre dell’anno, per aumentare così la differenza rispetto ad aprile 2020 e incassare un contributo più pesante considerando la perdita (fasulla) in confronto all’anno prima.
Trucco 4: non essere "operativi" ma dichiarare perditeUn'altra categoria ricorrente è quella dei soggetti che
non risultavano operativi un anno fa, eppure hanno trasmesso fatture datate aprile 2019 di fatto auto denunciandosi come
evasori fiscali.
Trucco 5: scambio di soggetti con lo zampino del commercialistaPoi ci 19 mila casi classificabili come “
scambio di soggetti”. Cioè pratiche dove l’
Iban indicato non aveva a che fare col richiedente, ma con una persona diversa. Qualche esempio:
commercialisti che hanno indicato nella domanda i dati del proprio conto anziché quello del loro cliente che avrebbe dovuto ricevere l’indennizzo.
Svista o tutto voluto? In questi casi capita spesso che il ristoro venga chiesto
a insaputa di quello che dovrebbe essere il destinatario, che magari per ragioni di salute o di età non si era interessato al contributo.
Le verifiche hanno funzionato: merito della fatturazione elettronicaCome detto, per fortuna i
controlli hanno funzionato. I numeri raccontano di 38mila domande bloccate perché il richiedente non risulta aver presentato le comunicazioni periodiche e le
dichiarazioni Iva nel 2019. Altre 25 mila pratiche ferme perché i richiedenti non avevano la partita Iva oppure perché i dati non corrispondevano a quelli in possesso dell’Agenzia, compreso il
calo di fatturato di almeno il 33% ad aprile 2020 su aprile 2019 necessario per ottenere il contributo.
Sono 217 i casi di autentica
tentata frode emersi incrociando i dati. Numero contenuto anche dall’utilizzo obbligatorio della
fatturazione elettronica che scoraggia molti di quelli che si credono più scaltri degli altri.
Ora mano pesante con le sanzioni: divieto di riaprire la partita Iva Qualcuno pensava che, con la scusa della velocità con cui bisognava tamponare le perdite, non tutte le verifiche del caso sarebbero state fatte. Invece l’Agenzia ha incrociato i dati autocertificati in ogni domanda con quelli in suo possesso basati su
liquidazioni Iva, fatturazione elettronica e altre informazioni presenti nell’
anagrafe tributaria. Bloccando tutto ciò che non tornava. Ora non resta che usare la mano pesante:
divieto di riaprire la partita Iva per tutti i disonesti beccati con le mani nel ristoro.