The Show must go on. Così recitava un film, ma in questo momento storico per l’Italia e per il mondo, una categoria tra le più in crisi sembra urlarlo a grande voce. Questi sono i ristoratori e i proprietari dei bar che da febbraio 2020 sono stati costretti a chiusure, aperture saltuarie, investimenti in dispositivi di protezione con l’illusione che tutto si risolvesse di lì a poco e poi ancora reinventarsi con asporto o domicilio pur di lavorare e tirare avanti.
Dopo quasi un anno nulla è cambiato anzi, il Governo minaccia ancora restrizioni e poche sovvenzioni a chi con il guadagno di una serata ci mantiene una famiglia intera o chi aveva investito tutto, da anni, in quella attività. È così che da qualche giorno la tendenza sui maggiori social è #ioapro1501, ossia un’iniziativa promossa da più ristoratori che vogliono dire basta a questa chiusura forzata e provare a riaprire appunto anche il 15 gennaio a cena.
Ristoratori scettici sulle proteste
Seppur contro
legge si sta muovendo anche un team di avvocati per garantire un ricorso collettivo conseguente alle multe che verranno fatte nella serata di venerdì. L'embrione dell'iniziativa è stato fecondato a
Cagliari, ma è nelle
Marche che l'idea stessa è nata grazie alla spinta di Umbero Carriera. Ma i colleghi e conterranei, cosa ne pensano? Vale la pena rischiare multe e chiusure per una protesta?
Lorenzo Bravi ha già aperto ed è stato multato: «Ma non mi fermo»
Lorenzo Bravi de Il Boccale D’Oro a Cingoli (Mc) è salito già alla ribalta della stampa soprattutto locale perchè ha scelto di sua iniziativa di farsi beffe dei decreti e tenere aperto il ristorante. I controlli delle forze dell'ordine però sono arrivati e hanno inflitto 5 giorni di
chiusura e 400 euro di
pena pecuniaria. Bravi però non si è arreso: «Parallelamente al mio ristorante porto avanti un'altra attività con il mio
food truck, e non mi sembra che ci siano delle restrizioni in merito quindi se vogliono farmi arrivare a bordo piscina vi garantisco che non ci riusciranno, se affogo lo farò da solo e nell'acqua alta».
Lorenzo Bravi
Sentito da Italia a Tavola sull'
iniziativa #ioapro, ha risposto: «In un primo momento ero intenzionato a aderire, poi sinceramente mi sono ricreduto e non credo valga la pena
rischiare di stare aperti a cena per fare 40-50€. La situazione che stiamo attraversando è veramente
sconcertante, credo anche che delle multinazionali stiano mettendo le mani su cose molte più grandi di noi e credo che ci siano dei
complici. Non mi sento parte del
gregge perché sicuramente venerdì sera ci sarà uno dei movimenti statali mai visti prima in termini di controlli. Parecchi riapriranno, ci sarà sicuramente tanta gente/clienti, ma per cosa? Per ingrassare fondamentalmente le tasche dello
Stato. Pensiamo a 280€ di multa in forma ridotta per tutte le persone che ci sono, e facciamo un calcolo… Poi c’è anche un altro fatto, uscirà il nuovo
Dpcm venerdì sera, quindi noi compriamo dai fornitori perché crediamo di
lavorare, in realtà si spenderà molti soldi per questo senza alcuna certezza e io personalmente i fornitori li pago subito. Io a questo punto il mio futuro lo gestisco a modo mio perché non ci si può più fidare di nessuno».
Sbicca: Se saremo in zona arancione, aderiscoL'attesa del
Dpcm di venerdì sera tiene in scacco i
ristoratori, combattuti tra la voglia di farsi sentire e il timore di doverci rimettere altri soldi, fama e reputazione personale. La pensa così anche
Luca Sbicca de La Taverna di Bartolo a Sassoferrato (An): «Vedrò il da farsi dopo il Dpcm di venerdì. A me non sono arrivati gli aiuti
economici dallo Stato, quindi se saremo in zona gialla resterò aperto a
pranzo ma se dovessimo entrare nella fascia della zona arancione aprirò anche a cena aderendo all’iniziativa di #ioapro1501. Ho passato un’
estate con ottimi ricavi ma ad oggi sono purtroppo terminati; l’
affitto, le utenze i fornitori vanno pagati e a me è rimasto pochissimo se non nulla».
Luca Sbicca
«Ripeto - prosegue - non avendo ricevuto gli aiuti dello Stato la situazione per quanto mi riguarda non è delle migliori ma non perdo l’
entusiasmo. Infatti, da Luglio ho già cambiato e ristudiato ben tre
menu. I prodotti che utilizzo per i miei piatti sono tutti del territorio marchigiano, apparte la carne che seleziono quella più pregiata estera. Per dirtene alcuni proporrò le Pincinelle (con farina lavorata a pietra),
carciofi, animelle e mentuccia oppure le Crestagliate, un tipo di pasta simile al maltagliato ma fatta con farina di polenta, oppure nei miei
piatti uso uno zafferano locale della zona di Sassoferrato che rivisito a modo mio. La mia cucina è di base classica ma certamente rivisitata».
Sanchioni non ha dubbi: Aderire, solo così possiamo sperare in qualcosaAltri invece proprio non hanno dubbi e scommettono su questa iniziativa di protesta per smuovere le acque e
ottenere quanto fino ad ora non è stato concesso. Come Paolo Sanchioni, private chef marchigiano, di adozione mantovana: «Sono sicuramente a favore di questa protesta, non è possibile che ad oggi ancora non si abbia una situazione chiara di quello che si può e non si può fare. I miei
colleghi sono allo stremo. Io sono fermo da mesi. Anche in questa occasione della protesta le
sanzioni non sono chiare. Quindi, è probabile che a voce parecchi aderiscano ma poi concretamente saranno aperti in pochi. Senza una
mobilitazione di massa non si va da nessuna parte».
Paolo Sanchioni
C'è chi ancora spera in un Dpcm morbidoNon tutti però hanno perso la speranza, qualcuno come
Alessandro Coppari del ristorante Mezzometro di Senigallia e Jesi (An) crede ancora che la politica porgerà la mano ai ristoratori: «Non lo avevo preso in considerazione - ammette - potrebbe essere un primo approccio ma di fatto sono
fiducioso che ci dovranno far aprire. La questione a livello imprenditoriale è sempre ad personam. In tempo di crisi solitamente ci sono delle svolte. Noi abbiamo sempre lavorato per targettizzate la clientela. Certamente non c’è l’incasso dello scorso anno ma ritengo che Il lavoro che stiamo facendo sia ottimo. Continuiamo con
asporto e
domicilio e stiamo sviluppando anche una app. La questione fornitori è una questione a cascata. È tutta la filiera che ne risente come, ad esempio, anche la scuola
alberghiera. Noi abbiamo rispettato tutti gli accordi. Certo anche che siamo stati costretti a ridurli. Inoltre C’è una consapevolezza in più sugli
sprechi, è tutto più ponderato in
cucina. L’estate la vedo non come la scorsa in cui non c’erano regole chiare, spero che quest’anno sia tutto più controllato e organizzato».
Alessandro Coppari
Ristorante Erard: #ioapro non è la soluzioneAltri ristoranti invece non hanno nessuna speranza, come
Pasquale Russo del Ristorante Erard di Montecarotto (An): «Noi come ristorante non aderiamo all'iniziativa, e rimarremmo
chiusi dato che non abbiamo neanche riaperto anche se siamo in
zona gialla, è un movimento comprensibile sotto tutti i punti di vista anche e soprattutto per la difficile situazione economica che stiamo vivendo come categoria penalizzata dalla
pandemia, ma crediamo anche che non sia la miglior via d'uscita a tutta questa situazione, cioè non è andare contro le leggi che si risolvono i problemi. Siamo comunque vicini ai nostri
colleghi che parteciperanno all'iniziativa».
Pasquale Russo
D'accordo anche
Lucia Natali dell'Osteria San Biagio di Fabriano (An): «Come Osteria San Biagio non parteciperemo alla protesta del 15 gennaio perché ci sembra un'azione poco
produttiva in un momento come questo. Lavoriamo in un settore che è in enormi difficoltà da quasi un anno, ma come noi anche altri settori, non siamo né il fanalino di coda né un caprio espiatorio: il
problema fondamentale a nostro avviso non è poter tornare a lavorare adesso, ma superare questa crisi sanitaria mondiale. Ogni
imprenditore (sia che operi nella ristorazione che in altri ambiti) ha necessità di lavorare con una certa progettualità e se questo non è possibile si ha bisogno della certezza di
ammortizzatori; il mondo della ristorazione in particolare è una filiera, non finisce una volta chiuse le porte del
locale, ma coinvolge tantissime persone e tanti altri settori. Protestare facendo muro a muro però è un po' come guardare solo al proprio e molto limitatamente, e in questa emergenza globale non può bastare questo tipo di visione».
Lucia Natali
«Non è riaprendo forzatamente - chiude - che si creano le basi per una soluzione
sanitaria o economica. Abbiamo tutti paura di non poter esserci un domani, ma se vogliamo quantomeno sperare che ci sia questo domani dovremmo avere una visione un pochino più lungimirante di quello che ci sta accadendo».