Ci sono sempre due diversi punti di vista dai quali partire per affrontare una crisi. Quello di prossimità e quello a lungo raggio. Intendiamoci: da una parte, mentre la curva epidemiologica oscilla, ci sono interventi necessari - come i Dpcm - che regolano passo passo i comportamenti che è opportuno tenere; dall'altra parte ci sono le prospettive, specialmente economiche, di settori (in primis quello dell'Horeca) che rischiano di non sopravvivere tanto alle chiusure imposte quanto alla ripresa che sarà inevitabilmente lenta. Questo secono punto di vista è quello di Umberto Montano, presidente del Mercato Centrale, che già durante il primo lockdown aveva espresso preoccupazioni circa la "ripartenza a lungo termine".
Umberto Montano - Foto: The Florentin (Giusti)
Umberto, dagli inizi di maggio a questo 2020 quasi concluso ne è passato di tempo. Possiamo dire di essere stati tutti un po' colti di sospresa da questo virus che dopo la pausa estiva è tornato "più forte di prima"...L'evoluzione pandemica è stata evidentemente feroce, violenta. Si è realizzata la peggiore delle nostre ipotesi. Per quanto sapessimo già che l'
estate non sarebbe bastata a "seppellire" il virus, non ci aspettavamo una
ricaduta così pesante a settembre. La bella stagione ci è servita a tornare alle nostre vite, ad uscire dalla prigionia alla quale eravamo per ovvi motivi costretti. Ora però siamo qui, di nuovo chiusi, di nuovo a dover combattere per la nostra
sopravvivenza.
A maggio avevi guardato lontano, parlando di una ripresa lenta alla fine dell'epidemia. Oggi, sempre in "un'ottica a distanza", quali suggerimenti ti senti di dare?La mia posizione è semplice: più ci impegnamo per uscire definitivamente da questa vicenda, più verremo premiati domani. Per me, per il Mercato Centrale, un luogo nato perché ci sia
aggregazione, ma anche per tanti altri locali e realtà che hanno la stessa finalità, è evidente che palliativi e mezze misure non possano essere la soluzione.
Un intervento più drastico, quindi...Per quanto mi riguarda devono esserci più che regole drastiche, delle
regole chiare, che oggi possono essere dettate solo dalla
scienza. E io solo quelle seguirei, per venire fuori da questa situazione. Sono convinto che stare chiusi sia meglio che aprire e chiudere in continuazione.
Questo stop & go danneggia le economie - mi riferisco più che altro a realtà con dipendenti a carico, più che a quelle a conduzione familiare. Diventa ad esempio difficile gestire il personale. O ancora, riapri, ti approvvigioni, poi richiudi e ti rimane sicuro qualcosa in frigo. Ma soprattutto: se è vero che tutti i luoghi in cui ci si incontra possono essere ragione di una maggior diffusione del contagio, io, imprenditore di un luogo di aggregazione, imparo la lezione e sto chiuso. Perché non voglio contribuire in nessun modo alla
diffusione del contagio, contagio del quale prima ci liberiamo, prima possiamo pensare a ricominciare, a recuperare le nostre economie.
Quindi, aspettiamo la tanto attesa campagna di vaccini...Non sono nemmeno convinto basti
il vaccino per far sì che l'economia completamente si riprenda, per riconquistare, insomma, quello che abbiamo perduto. Quel che dobbiamo fare è ricostruire quel senso di serenità che avevamo prima della pandemia, per tornare a quell'
euforia (dei consumi) che avevamo prima del coronavirus. Ci vuole quindi un passo in più, chiamiamolo "
serenità", che va oltre il vaccino. Raggiunto quello, ecco allora che ci sarà quel che già sostenevo a maggio, un'
economia di rimbalzo. Più noi collaboriamo oggi per riprenderci questa serenità, più le opportunità di risollevarsi domani si faranno consistenti, vigorose.
Durante il primo lockdown abbiamo commentato anche l'efficacia degli interventi del Governo a sostegno dell'Horeca. Con gli occhi di poi, guardando ciò che è stato fatto fino ad oggi, ti senti di tirare le somme?Apprezzo le buone intenzioni, certo. Ma credo che il Governo sia
lontano anni luce dall'aver colto l'effettivo fabbisogno di questa categoria così pesantemente colpita. Ad esempio, non dobbiamo obiettivamente pensare ai ristori come a dei veri e propri aiuti per la categoria, sono molto lontani dall'esserlo.
Il Mercato Centrale, un luogo di aggregazione - Foto: Gambero Rosso
Intendi dire che non sono proporzionali alle esigenze della categoria?Faccio un esempio: un caro amico statunitense ha un piccolo ristorante a
New York, tra la 3ª e la 74ª strada, quindi non nel cuore di Manhattan, appena fuori. È un locale piccolo, non più di 100 mq. Poco dopo due mesi dalla chiusura obbligata imposta dal Governo americano, si è trovato sul proprio conto
380mila dollari. Un credito che gli serve per sopravvivere. Io capisco che il nostro Paese non ha le stesse risorse degli Stati Uniti, ma visti i ristori dati e gli interventi decisi, una domanda inevitabilmente devo pormela: perché non si è lavorato per definire regole di più equa distribuzione delle risorse necessarie per sanare i danni che il Covid-19 ha portato?
Quando parli di equa distribuzione, ti riferisci alla spartizione delle risorse tra le diverse categorie, giusto?Esatto. Ad esempio, non capisco per quale motivo la ristorazione e l'hotellerie debbano
pagare le tasse, dopo essere state tra le categorie più penalizzate. Le stesse tasse che pagano
farmacie e
supermercati, attività che dalla pandemia hanno tratto dei vantaggi a livello economico. È sciocco. Ed inevitabilmente, alla luce di questo pensiero più che obiettivo, mi chiedo come mai non siano stati creati sistemi che distribuissero più equamente il denaro in base all'effettivo danno per ciascuna attività.
E per quanto riguarda il denaro che viene effettivamente dato alle diverse categorie?Anche qui c'è di che dire. Si prestano soldi per salvare le imprese, che però devono essere restituiti in 5-6 anni. Mi domando, se un'impresa è tanto sana da riuscire a ricevere un
prestito consistente, perché la obbligo a restituirlo entro 6 anni? L'Italia vuole soldi da restituire all'
Unione europea senza alcun termine di scadenza, ma chiede al cittadino di ridare la sua parte entro 6 anni? È assurdo ed iniquo. Quindi, sì, è vero, non abbiamo gli stessi soldi degli Stati Uniti, ma quelli che abbiamo li abbiamo gestiti male e si rivelano quindi del tutto insufficienti a sostenere le imprese. È sufficiente prendere in considerazione un caso tipico di spese di una singola attività: i padroni dello stabile vogliono l'
affitto, il Governo vuole le tasse, i dipendenti vanno pagati e i proprietari, già in difficoltà per queste uscite, devono anche mantenere se stessi e la propria famiglia. Questo è il punto di partenza dal quale il Governo sarebbe dovuto partire: una base economica chiara a disposizione, da elargire con regole ad hoc. Ma la nostra politica come sempre è farcita di
retorica, e nel concreto non ci è andata mai. Perché non si può definire "concreta" la decisione di dare 5mila euro a un'impresa che rischia la chiusura,
chiamando questa cifra "ristoro". Perché, obiettivamente, davvero si può parlare di ristoro per poche migliaia di euro che dovrebbero sanare quasi un anno di chiusura?
Un forte disequilibrio, che entra in contraddizione con quanto abbiamo già detto a maggio, il famoso "punto di pareggio".Esattamente. Quando apri un'attività è sempre necessario raggiungere quel "punto", i soldi che non hai incassato per
"pareggiare" le spese, gli investimenti, sono soldi definitivamente perduti. È questa una situazione che si verifica ad esempio nell'imporre ai ristoranti la
chiusura alle 18. Se chiude alle 18, un ristorante difficilmente incasserà abbastanza per raggiungere il punto di pareggio, tanto vale a questo punto restare chiusi.
Tu, Umberto, e il tuo Mercato Centrale come vi comportate in questo periodo?Io aprirò a marzo, o almeno, spero di poter aprire a marzo. Roma e Firenze sono chiusi. Milano... Sul Mercato Centrale di Milano ci ho investito 16 milioni di euro, avrei dovuto aprirlo l'8 aprile del 2020... Spero proprio che a un anno di distanza, questo progetto possa realizzarsi.
E Torino?Torino è stato riaperto da poco, ma con risultati scarsissimi se osservati rispetto a quel "punto di pareggio" di cui dicevamo prima. Ci sono momenti in cui si "euforizza", nel weekend, e altri in cui c'è un crollo completo. Evidente esempio della mancanza di quella serenità che ci serve per ripartire davvero.
Per informazioni:
www.mercatocentrale.it