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Aprire i ristoranti in sicurezza si può. Mario Draghi deve capirlo

La Federazione italiana dei pubblici esercizi, con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, lancia un appello: «Va consentito al settore di contribuire a una vita più sana del Paese». Perché non consentire, seppur con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione?

27 marzo 2021 | 16:05
La Fipe scrive al premier: Aprire in sicurezza si può Aprire i ristoranti si può Mario Draghi deve capirlo
La Fipe scrive al premier: Aprire in sicurezza si può Aprire i ristoranti si può Mario Draghi deve capirlo

Aprire i ristoranti in sicurezza si può. Mario Draghi deve capirlo

La Federazione italiana dei pubblici esercizi, con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, lancia un appello: «Va consentito al settore di contribuire a una vita più sana del Paese». Perché non consentire, seppur con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione?

27 marzo 2021 | 16:05
 

LItalia chiusa per un altro mese. Questo è il verdetto. Con i ristoranti e i locali sempre più con l’acqua alla gola. Ma perché non consentire, seppur con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione? Almeno per risollevare, anche di poco, il settore dalla nuova batosta della Pasqua in rosso? Per questo la Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Mario Draghi, lancia un appello: «Va consentito al settore di contribuire a una vita più sana del Paese».

La Fipe scrive al premier: Aprire in sicurezza si può Aprire i ristoranti si può Mario Draghi deve capirlo
La Fipe scrive al premier: Aprire in sicurezza si può


Serve una prospettiva certa e ravvicinata di apertura
La principale associazione di rappresentanza delle imprese della ristorazione e dell’intrattenimento, messe in ginocchio da 160 giorni di chiusure forzate solo nel 2020, si è rivolta questa settimana direttamente al Premier per chiedere un cambio di passo e una prospettiva certa e ravvicinata di riapertura.

Il duro colpo di Pasqua
Alle 22mila imprese già scomparse, con 243mila posti di lavoro persi, sono infatti destinati a sommarsi i danni prodotti dall’ennesima festività, quella pasquale, senza ristoranti. Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe, la zona rossa a Pasqua provocherà un danno da 350 milioni di euro, mentre lo stop di Pasquetta causerà un ulteriore danno da 230 milioni.

Ristori subito, ma occorre ripartire
Di fronte a questi numeri, Fipe ha sottolineato come ristori, indennizzi, moratorie, sostegno alla liquidità, ammortizzatori sociali e sgravi fiscali in misura adeguata e in modalità urgente risultano dunque necessari per l’economia del Paese. Però non sono sufficienti per ripartire: ecco perché la Federazione torna a chiedere al Premier, nonostante l’annuncio per cui fino a fine aprile le regioni resteranno rosse o arancioni, la possibilità di rimanere aperti, anche in considerazione del parere del Cts, distinguendo le attività che possono garantire maggiore sicurezza e il necessario distanziamento grazie alla disponibilità di spazi. Perché non consentire, seppur con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione?

D’accordo anche Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della fondazione Univerde, già ministro e promotore delle campagne a difesa del Made in Italy: «Se sarà confermata la proposta di abrogare le zone gialle fino al 30 aprile la conseguenza sarà bloccare ancora ristoranti e bar, un settore già al collasso con ristori inadeguati o inesistenti. Bisogna fare norme chiare. Nelle aree arancioni, ad esempio, è possibile almeno consentire il pranzo nei ristoranti? Nelle aree gialle possiamo consentire entro l’ora del coprifuoco la cena? C’è bisogno di qualcuno che ne parli con il Comitato tecnico scientifico, che faccia capire che ci sono situazioni diverse da città a città, da Regione a Regione. Ma che quando un operatore si è messo in sicurezza, rispetta tutti i limiti, le procedure e abbiamo la possibilità garantendo la sicurezza sanitaria di intervenire bisogna farlo».

La domanda rimane aperta. Fipe si augura che la risposta arrivi celermente a tutela degli imprenditori del settore, nel rispetto della loro storia e del contributo che possono ancora dare a questo Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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