Le ultime disposizioni del Governo per contenere la seconda ondata di contagi ha ulteriormente mandato in crisi il mondo degli alberghi. Dopo una primavera in lockdown e un’estate che ha solo in piccola parte rimediato ai buchi di bilancio si puntava sul turismo invernale che, tuttavia, a questo punto pare già essere svanito prima di iniziare. Ma ancora una volta a mandare su tutte le furie imprenditori ed associazioni è la poca chiarezza sulle disposizioni. Il decreto prevede misure per le zone gialle, ma nessuna specifica per quelle arancioni e rosse. E quindi? E quindi Federalberghi e Confindustria alberghi non hanno perso tempo e si sono esposte, chiedendo chiarimenti da una parte e misure di ristoro urgenti (ancora) dall'altra per non arrivare ad un punto di non ritorno.
Alberghi disorientati
Federalberghi chiede spiegazioni«Gli
albergatori - spiega il presidente di Federalberghi,
Bernabò Bocca - chiedono di sapere con urgenza se e come possono fornire i pasti quotidiani ai propri ospiti, dalla prima colazione al pranzo alla cena. Il provvedimento prevede la possibilità di somministrare pasti solo per gli hotel delle
cosiddette zone gialle, mentre nulla dice per le strutture ricettive delle zone arancioni e nelle zone rosse. Il limite, in vigore da domani, è addirittura più stringente di quanto previsto a marzo e aprile durante il
lockdown totale.
Clienti a rischio digiunoBocca ricorda che, «in seguito alle
restrizioni di vario genere (
viaggi vietati o sconsigliati, eventi annullati, riunioni solo a distanza, etc.), le
strutture ricettive sono frequentate pressoché esclusivamente da persone che sono costrette a soggiornare fuori casa. Per non parlare del rischio che rimangano a digiuno anche le persone in isolamento presso i cosiddetti Covid-hotel».
Bernabò Bocca
Il Governo si assuma le responsabilitàE va diretto al cuore del problema: «Forse qualcuno pensa che noi domani dovremmo dire a tutte queste persone di arrangiarsi. Di invitare chi trascorre settimane fuori casa a sfamarsi mangiando il panino seduto su una panchina al parco.
Forse qualcuno vuole che gli alberghi chiudano. Ma se è così, è bene che lo dica chiaramente e se ne assuma le
responsabilità».
Bocca: Non meritiamo certi trattamentiIl presidente di
Federalberghi conclude sottolineando che «in questi mesi difficili, le nostre aziende si sono comportate con grande senso di responsabilità, sopportando pazientemente le avversità e rispondendo prontamente alle richieste di collaborazione provenienti dalla comunità. Riteniamo di non meritare il trattamento che stiamo ricevendo in queste ore. Riteniamo di avere diritto a risposte chiare, tempestive e ragionevoli».
Maria Carmela Colaiacovo
La preoccupazione di Confindustria Alberghi«Con il nuovo Dpcm - dichiara
Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di
Confindustria Alberghi - gli alberghi, già provati da quasi 10 mesi di fermo, incassano l’ennesimo duro colpo. Le misure pur non chiudendo direttamente le strutture, di fatto bloccano nuovamente le attività del settore. Un ennesimo stop che continuerà ad incidere pesantemente sul comparto e che rischia un blocco irreversibile per moltissimi operatori».
I ristori non possono bastareQuindi il rinnovo di richiesta di aiuti, troppo pochi quelli previsti dal
Dl Ristori. «Le misure previste nel Dl Ristori - prosegue la vice presidente - non possono in alcun modo compensare le perdite che hanno colpito il settore e che a questo punto sappiamo andranno a crescere ancora nei prossimi mesi; in più sono rimaste irrisolte alcune criticità che avevamo già evidenziato, quali ad esempio il riferimento alle
perdite del mese di aprile 2020 su aprile 2019 che per tutto il settore stagionale e per molte aziende risulta preclusivo ed impedisce l’accesso stesso alla misura. Le misure messe in campo sino ad oggi hanno arginato solo in minima parte le criticità specifiche del mondo
alberghiero e per questo chiediamo maggiore supporto per il settore, misure robuste che possano mettere in sicurezza le aziende».
A forte rischio il turismo invernaleLa forte preoccupazione è per il
turismo invernale: «Le città - conclude Colaiacovo - sono ferme da
marzo, ora la stagione invernale che comunque avrebbe sofferto per la mancanza del turismo straniero, è fortemente a rischio. Con lo stop di questi giorni il sistema della neve non può rischiare di non partire, ma se non si attiva ora c’è il pericolo che se anche ci dovessero essere le condizioni per un’apertura più avanti, le
piste non abbiano l’innevamento. Quei pochi alberghi che potranno rimanere aperti per rendere disponibile un servizio che sui territori diventa anche indispensabile, non possono dover scegliere tra decontribuzione e
cassa integrazione, ma poter tutelare il lavoro in questi mesi difficili».