Giacomo Pini ha pubblicato sul suo sito aziendale un commento sulla classifica di 50 Best Restaurants che con lucidità e intelligenza sottolinea pregi e difetti di uno degli ennesimi sistemi di marketing con cui un'importante realtà imprendtoriale (in questo caso la multinazionale svizzera Nestlè, a cui fa capo SanPellegrino) si rapporta all'evoluzione socio economica del mondo (attraverso la lente della ristorazione). Si tratta di un'analisi assolutamente originale, e condivisibile, che sottoponiamo all'attenzione dei nostri lettori.
The World’s 50 Best Restaurants: le dovute premesse
Premetto che sono un fan della 50 Best Restaurants: un’idea così semplice quanto efficace, quella di fare una classifica da 1 a 50 e non più generalizzare con le stelle, da 1 a 3, chi le prende le prende ed è uguale ai suoi pari. Perché non è affatto così: ci sono stellati a parità di stelle con differenze sostanziali e discrepanze importanti. Ma torniamo alla The World’s 50 Best Restaurants. Con questa idea della classifica, ha sbaragliato completamente il mercato delle guide, diventando il più grande progetto di marketing della enogastronomia mai esistito. Ma come sempre il diavolo è nella natura umana e cominciano a vedersi, per chi segue le guide e noi addetti ai lavori, parecchie distonie. Lo vediamo tra poco, intanto scorriamo la classifica.
LO staff del Central di Lima
Il primo in classifica
Partiamo dal primo posto. La vittoria del Central di Lima che possiamo definire un ristorante di lusso contemporaneo, avanguardista ma rispettoso della tradizione delle sue radici, ci fa ben capire come il fine dining non sia morto ma evoluto nella sua formula. Da classico a contemporaneo: non solo nei piatti (quelli rimangono opere d’arte) ma nel servizio, nell’ambientazione, nella location dove si trovano.
50 Best Restaurants: solo l’altra parte del mondo?
Come prosegue poi la The World’s 50 Best Restaurants? Quello che è successo, in particolare, ha visto la migrazione come numero di locali vincenti nella classifica verso una parte di mondo dove ci sono due elementi fondamentali: pochi ricchi ma con tanti, tanti soldi e costo del lavoro molto basso, rispetto all’Italia si potrebbe persino dire ridicolo. Questo è il grande tema. Se prendiamo in esame le prime 15 posizioni, troviamo queste location: Bangkok, città del Messico, San Paolo, Dubai, Singapore. Questo conferma che c’è un nuovo mondo per il fine dining, che la grande scuola italo-francese è in declino. Solo due, infatti, sono i ristoranti francesi nei primi 50 e da metà classifica a scendere.
Virgilio Martize e Pia Leo
L’impatto dei 50 Best Restaurants sulla nuova ristorazione mondiale
Quale l’impatto di questo nuovo scenario? Questo non lo sappiamo ad oggi ma posso certamente affermare che cenare a Parigi o a Mexico City non è esattamente la stessa cosa. Prima di tutto in termini di sicurezza. Quindi, è lecito domandarsi: queste destinazioni sfrutteranno la notorietà della The World’s 50 Best Restaurants per diventare luoghi attrattivi per i food lovers? E per diventare il perno di un turismo enogastronomico? Certamente, la città che ha capito che è questa la strada da percorrere è Dubai, che della sicurezza ne ha fatto un pilastro portante come asset turistico. Così come dell’alta ristorazione, il secondo elemento portante. Oltre ad un piazzamento importante nella classifica, 11 posto con Tresind Studio, si stava già lavorando con altri importanti outlet di altrettanto famosi chef. Bottura, Romito, Blumenthal, Nobu, Acurio solo per citarne alcuni, sono già tutti presenti a Dubai. E anche la Michelin ha fatto la sua apparizione dispensando diverse stelle. Ma torniamo nuovamente alla classifica. Se la Francia è letteralmente spazzata via, l’Italia arretra, la Spagna invece vince. Non solo regge benissimo ma conferma essere un hub importante di innovazione e sperimentazione con grandi conferme, e soprattutto un piazzamento importantissimo. Con 2°, 3° e 4° posizione di altrettanti importanti ristoranti e diversi tra loro. Questo è il vero dato interessante.
Disfrutar con il supremo Oriol Castro al secondo posto
Diverxo al terzo posto, alla faccia di chi blaterava un David Muñoz finito. Oltre a due anni consecutivi al primo posto di Top Chef Award, due format di street food di cui uno stellato, l’annuncio del cambio di location del tri stellato di Madrid ora arriva questo fantastico riconoscimento. Beh, se uno così è finito, vorrei essere suo socio domani.
Extebarri al quarto posto: una grande conferma, è un gigante della cucina.
Anche gli italiani nella classifica dei 50 Best Restaurants
Vediamo cosa succede in Italia. Lido 84 porta la nostra bandiera nei primi dieci con il 7 posto. Riccardo Camanini è uno chef zen come definiscono il nuovo corso dei giovani, ma la sua grinta la raccontano i suoi piatti. E se la Michelin non lo ha ancora capito peggio per loro, attualmente ha una stella. E sembra quasi scontata la seconda, vedremo cosa accadrà il 14 Novembre 2023. Per i suoi colleghi non è andata così bene. Uliassi e Alaimo perdono posizioni. L’importante è esserci, certo, ma è chiaro che avrebbero preferito come tutti salire e non scendere. Personalmente ritengo rimangano due grandi, entrambi tristellati. Uliassi lo adoravo con zero stelle, con una, due e tre: rimane a mio parere un concreto, grande cuoco.
Il sali-e-scendi che fa pensare
Questo “sali e scendi” però ci fa un po’ pensare. E qui devo dire che le discrepanze sono parecchie. Proviamo ad analizzarle. Come è possibile che un Alaimo nel 2022 – ricordiamo tutti l’emozionante serata magistralmente condotta da Stanley Tucci che ha visto Alaimo salire dalla 26 posizione alla numero 10 –, in un anno scivola alla 41? Perde 31 posizioni? Cosa dovrebbe essere successo per una simile disfatta? Sappiamo tutti che a quel livello la perfezione è di casa. Un dato come questo equivale ad affermare che la Casa delle Aie a Milano Marittima, da sempre focalizzata sui primi piatti fatti con le sfogline, decide di usare i piatti pronti gelo (ottimi peraltro ma fuori contesto in questo caso). 31 posizioni per un ristorante di quel livello? Mh. Vogliamo parlare di Alain Passard? Uno dei miei preferiti in assoluto, tre stelle Michelin da oltre venti anni. Il suo posizionamento era sempre tra 8 e 12 posizione ora lo ritroviamo al 62 posto? 54 posizioni in meno? A quel livello devi aver messo in menù un panino con la merda o peggio, la lanci dalla cucina, altrimenti non si spiega. E ancora Andoni? Mugaritz uno chef geniale, uno dei preferiti di Ferran, innovatore di se stesso, un ristorante bellissimo da tutti i punti di vista, oserei dire fantastico, al 7 posto per un sacco di tempo, ora sta al 31 posto. Per fortuna quest’anno gli è stato riconosciuto il premio Icon Award, più che meritato.
Un piatto del Central
Verso l’Olimpo, tra numeri e marketing
Queste sono le discrepanze sulle quali dovremmo ragionare. Dai piani alti ci dicono che un ristorante in un anno può davvero cambiare così tanto sia in meglio che in peggio. E questo è vero. Noi in GpStudios facciamo questo di mestiere: trasformiamo ristoranti in casi di successo. Ma questo principio dovrebbe valere anche per i “best of the best”. In pratica, sei hai vinto diverse volte vai fuori classifica, cristalizzi nel tempo e vai nell’Olimpo, questo va bene per chi non c’è più come El Bulli, Noma, ma non può valere per quelli in attività e aperti. Se sei il migliore un anno, devi provare che lo sei ancora anche l’anno dopo, altrimenti ha tutto poco senso. Ma qui arriva il marketing. Immaginate la forza dei numeri. Vi parlo del Sorn di Bangkok, uno spettacolare ristorante concettuale. Non vi dico per avere il tavolo la sera dei miei 50 anni che delirio… ma questa è un’altra storia. Secondo posto Best Asia, ora passa sul 2023 al nono posto Best Asia, ma nella The World’s 50 Best Restaurants è in posizione 56. Per il posto in cui si trova vale un sacco di soldi, e lo stesso per tutti i suoi colleghi di Singapore, Messico, Colombia, ecc. È questa la strategia di The World’s 50 Best Restaurants, il Sali-scendi muove fiumi di denaro per tutto il sistema.
Viva la libertà
Il suggerimento che sento di darvi? Pensare da uomini liberi! Le guide vanno bene ma non sono oro colato, le fanno uomini che rispondono a uomini che sono pagati da altri uomini. Chissà che un giorno non cambi mestiere e diventi anche io un recensore di The World’s 50 Best Restaurants. Per ora mi accontento di seguirli, di provarli di persona così da fare il mio metro di misura.