Le bollette dei commercianti toscani finiscono in vetrina. E, presto, ci finiranno quelle dei loro colleghi di tutta Italia. Parte, infatti, da Firenze l’iniziativa nazionale lanciata da Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e Toscana confcommercio l’ha recepita lanciandola a sua volta, la manifestazione che invita tutti gli esercenti ad esporre al pubblico, nelle vetrine delle proprie attività, le bollette del 2022 a confronto con quelle del 2021.
Una iniziativa semplice e immediata per testimoniare, nero su bianco, l’enorme incremento dei costi di energia e gas, addirittura triplicati – o peggio –- nel giro di pochi mesi. L’obiettivo dichiarato da Confcommercio è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, peraltro già allertata visto che gli stessi aumenti stanno interessando le famiglie, ma soprattutto far capire alla politica la necessità di agire subito.
I rincari sul gas sono la nuova pandemia
E mentre il presidente nazionale di Confcommercio Carlo Sangalli dichiara che «il salasso del gas è la nuova pandemia», il direttore generale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni sottolinea l’emergenza. «Le nostre imprese non hanno bisogno di lavorare, hanno bisogno di guadagnare! Perché se non si crea un equilibrio positivo tra costi e ricavi è inutile andare avanti con l’attività - spiega - Tra aumenti delle bollette, inflazione e calo dei consumi, ci sono tutte le condizioni per un default: un’azienda su tre è a rischio chiusura. La politica deve prendere coscienza di questa situazione e deve fare qualcosa subito, senza usare la prossima tornata elettorale come scusa per rimandare scelte alle quali è legata la sopravvivenza del nostro sistema Paese».
Bollette più che raddoppiate per bar, ristoranti, alberghi e minimarket
Secondo le stime di Confesercenti, elaborate su dati Innova, Unioncamere e Agenzia Entrate, se nel 2020 e 2021 un bar spendeva in media 6.700 euro per le bollette di luce e gas, nei prossimi dodici mesi, ipotizzando che gli aumenti attuali restino costanti, lo stesso bar spenderà 14.740 euro. Un aumento del 120% e un’incidenza sui ricavi aziendali che passa dal 4,9% al 10,7 %.
Allo stesso modo, un albergo medio vedrà lievitare la spesa per la bolletta energetica da 45.000 a 108.000 euro (+140% con un’incidenza di oltre 25 punti percentuali sui ricavi). Invece per un minimarket si passerà da 1.900 a 3.420 euro (+80 %) e un ristorante da 13.500 euro a 29.700 euro (+120%).
Per le imprese, stima ancora Confesercenti, è chiaramente impossibile gestire aumenti di costi così rilevanti, cui si aggiungono anche quelli delle materie prime alimentari, traslando sui prezzi di vendita gli interi importi. Il rischio è che il 10% delle imprese esca dal mercato, ovvero circa 90mila aziende, per un totale di 250mila posti di lavoro a livello nazionale.
Una situazione insostenibile
«La situazione è insostenibile - conferma il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano e vicepresidente nazionale di Fipe - Se alcuni imprenditori stessero meditando di tirare giù il bandone in maniera definitiva, altri potrebbero decidere di concentrare l’attività in pochi giorni alla settimana. Uno stratagemma, per contenere i consumi di energia e gas legati all’apertura, che durante l’inverno sono inevitabilmente destinati a salire. La nostra iniziativa ha quindi l’obiettivo di rendere
trasparente cosa sta succedendo oggi a chi gestisce un bar o un ristorante anche nel tentativo di spiegare ai
clienti perché stanno pagando il caffè un po' di più con il rischio nei prossimi mesi di ulteriori aumenti. Con
aumenti dei costi dell’energia del 300% si lavora una pistola puntata alla tempia. Se il Governo non interviene o si agisce sui listini o si sospende l’attività. Contiamo sulla sensibilità dei cittadini e dei clienti perché fare lo scaricabarile dei costi è proprio quello che non vorremmo fare».
«Per questo Fipe Confcommercio - aggiunge Cursano - ha chiesto al Governo di potenziare immediatamente il credito di imposta anche per le imprese non energivore e non gasivore. Un credito di imposta del 15% per l’energia elettrica non è assolutamente adeguato agli extra costi che le imprese stanno sostenendo ora. Occorre però fare presto, altrimenti si rischia di innescare una spirale inflazionistica destinata a gelare i consumi».
Da sinistra Aldo Cursano e Franco Marinoni
Non servono nuovi sostegni
Secondo i vertici della Confcommercio Toscana, l’unica soluzione nell’immediato potrebbe essere quella di sollevare le imprese da alcuni carichi: «Non ci servono nuovi sostegni, inutile erogare aiuti quando poi quello che ci viene dato da un lato ci viene tolto subito dopo dall’altro – dice il presidente Cursano – meglio sgravare i bilanci da alcuni pagamenti obbligatori, come quelli legati all’Iva».
«Di sicuro – aggiunge il direttore Marinoni - se la situazione non cambia in fretta le aziende non potranno stare in piedi ancora a lungo. Aprire più che un atto eroico sta diventando una pura follia antieconomica. Ma senza imprese che fine faranno l’occupazione e i servizi? Dalla politica e dalle istituzioni vogliamo una risposta».
La prima bolletta in vetrina in una pizzeria lombarda
Il precursore della protesta di Fipe-Confcommercio è stato Alberto Rovati, titolare della pizzeria Funky Gallo a Roncadello, frazione di Casalmaggiore, in provincia di Cremona. Qualche giorno fa era infatti balzato agli onori delle cronache per aver esposto la bolletta della luce accanto al menu per spiegare ai clienti l'aumento dei prezzi con tanto di cartello polemico.
«Quando le spese diventano insostenibili - Mettere una pizza Margherita a 10 euro e passare da ladro o chiudere l'attività?», aveva scritto chiaramente sul cartello posto di fianco all'ultima bolletta della luce, quella di luglio, pari oltre quattromila euro (4.058 euro e 9 centesimi per la precisione).
Intervistato dal Corriere della sera aveva poi motivato così la sua scelta: «Non l’ho certo fatto per spaventare i clienti - ha premesso - ma per essere molto trasparente. E per lanciare una forte protesta: così non si va avanti. E ho esposto la bolletta della luce perché è la più eclatante. Poi ci sono gas e tutte le forniture essenziali. E soprattutto ci sono le materie prime. Se io oggi mettessi una margherita a 8-9 euro, probabilmente pareggerei tutte le spese. Da lì la prospettiva di farla pagare 10 euro. Ma meglio mettere la pizza margherita a 10 euro e passare da ladro, oppure chiudere l’attività?».
Il cartello esposto sulla vetrina della pizzeria Funky Gallo
Chiudono anche le attività storiche
I rincari non risparmiano nessuno, nemmeno le attività storiche. È il caso per esempio dell'Antica Pasticceria Sieni del quartiere San Lorenzo, nel cuore di Firenze. La titolare Andreina Sieni dice al Corriere «Preferisco chiudere, non voglio far ricascare il tutto su di loro, né sui miei clienti». Il motivo? La bolletta della luce che prima era da 1.800 euro ora è salita a oltre 10mila. Che fare allora? «Preferisco fermarmi e riprendere l’attività quando la situazione sarà migliorata. Almeno così mi rimarrà da pagare solo l’affitto».
L'alternativa: togliere gli ingredienti più costosi impoverendo i piatti
D'altronde le alternative che hanno a disposizione i ristoratori per far fronte all'aumento dei costi e dall'altra parte salvaguardare il rapporto qualità prezzo dei menu sono purtroppo ben poche.
Qualche tempo fa era balzata agli onori delle cronache anche un'altra notizia legata a una pizzeria d'asporto lombarda, Pappa & Pizza da Maurino, a Villasanta in provincia di Monza. Il titolare in questo caso aveva deciso di contrastare il caro materie prime togliendo tutti gli ingredienti più cari. Ma, alla fine, dopo qualche tempo, si è dovuto arrendere. Ha aumentato lievemente il costo delle sue pizze, ma ha promesso che abbasserà il prezzo nel momento in cui le sue spese caleranno.