Fumata bianca al Senato sulle concessioni balneari. La modifica del Ddl Concorrenza presentata dal viceministro dello Sviluppo economico, Gilberto Pichetto, ha ottenuto l'ok della maggioranza. L’impasse è stata superata, attraverso una modifica alla parte relativa agli indennizzi. Non sono stati definiti. Ci penseranno i decreti successivi a stabilire le modalità di calcolo. Ma questo significa che i partiti al momento hanno deciso di non decidere. Il problema che in questi giorni ha diviso il Governo è stato quindi soltanto rinviato.
Confermata invece la possibilità dei Comuni di ottenere delle deroghe tecniche di un anno, per l'indizione delle gare fino alla fine del 2024.
Concessioni balneari, il Governo ha raggiunto l'intesa
Il nuovo accordo tra le forze di maggioranza si è reso necessario visto che mercoledì sera non c’è ancora l'intesa sulla definizione del «valore residuo» su cui calcolare gli indennizzi.
Chi perde la concessione (ma le imprese famigliari avranno un punteggio di favore per aver accumulato esperienze pregresse) avrà diritto ad un indennizzo (verranno conteggiati sia gli investimenti non ancora ammortizzati sia l’avviamento delle attività commerciali e turistiche).
Fin dall’inizio Forza Italia e Lega avevano chiesto di considerare il valore complessivo dell’impresa, che includesse quindi beni immobiliari e mobiliari, compreso l’avviamento commerciale. Era stato invece considerato il valore dell’impresa al netto degli ammortamenti e quindi l'iter di approvazione si era sbloccato.
L'impasse è stato quindi sbloccato rinviando il nocciolo della questione ai futuri decreti e alle relative discussioni, dove, ancora una volta i partiti si troveranno a discutere sulle stesse questioni.
Nell’intesa è stata prevista la possibilità di prorogare per i Comuni al massimo di un anno, ovvero entro la fine del 2024 l'indizione di nuove gare nei casi in cui si riscontrassero delle difficoltà oggettive e tecniche.
Si rischiava la caduta del Governo e la perdita dei fondi del Pnrr
I partiti di maggioranza hanno quindi deciso di fare di necessità virtù. Se il Governo non avesse raggiunto un'intesa il premier Mario Draghi avrebbe imposto il voto di fiducia, in occasione del voto in Aula previsto per lunedì 30 maggio e a quel punto sarebbero saltati anche tutti gli emendamenti fin qui approvati. Se la riforma non dovesse passare l'Italia perderebbe infatti i 200 miliardi di finanziamenti europei previsti dal Pnrr (il Piano nazionale ripresa e resilienza).
Ma il problema rimborsi è quindi tutt'altro che risolto.
E c'è già chi ha criticato fortemente la decisione. Per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia: «rimandare la questione degli indennizzi addirittura al governo, con il rischio più che concreto che questi vengano fortemente osteggiati dalla Commissione europea e non vedano mai la luce, vuol dire lasciare totalmente senza tutele i concessionari attuali, che si vedranno in buona parte espropriate le loro aziende a favore delle multinazionali straniere».