La colpa può essere data agli stipendi troppo bassi, ai contratti scricchiolanti e a mille altri temi. Ma il distacco dei giovani dal mondo della ristorazione e dell'accoglienza è dovuto soprattutto a una perdita di valori. Almeno così la pensa Francesco Guidugli, presidente di Solidus, il forum permanente delle associazioni professionali del mondo alberghiero italiano, dai direttori alle governanti, dai sommelier ai maître, dai cuochi agli impiegati e ai portieri.
Noi di Italia a Tavola l'abbiamo intervistato proseguendo nel nostro viaggio all'interno del mondo del lavoro turistico, che sta facendo suo malgrado i conti con una carenza cronica di personale in ogni settore.
Francesco Guidugli
Manca il personale perché si sono persi i valori
«Il personale manca, ma mancano soprattutto le nuove leve - ha esordito Guidugli - Non è un problema che nasce ora, ma che ci trasciniamo avanti da tempo. Siamo tutti in difficoltà, perché non si trova personale dalle cucine alle cameriere ai piani. Ogni professionalità è coinvolta. L'impressione poi è che ne sentiremo la mancanza anche in futuro».
Da dove partire per cercare di capire il motivo di questa situazione?
Ci sono diversi fattori. In primis dobbiamo cercare il modo di far sì che i salari possono avvicinarsi a un livello considerabile adeguato. Per farlo, serve un intervento della politica. Se la metà di ciò che paga un'azienda va in tasse, ciò che resta ai dipendenti è molto poco. Serve alleggerire i costi a carico delle imprese.
Quello del costo del lavoro è un tema ricorrente, ma non l'unico...
Un altro aspetto sono le condizioni di lavoro. Ormai il sabato e la domenica in tanti non vogliono lavorare. Una pretesa che arriverà a colpire anche altri mestieri. Cosa fare? Dare una percentuale in più a chi lavora nei fine settimana o la notte. Noi, che abbiamo fatto sacrifici, non lo vediamo come un modo giusto, ma non ci sono molte alternative.
Borghese ha puntato il dito contro i giovani e contro il loro atteggiamento. Lei cosa pensa?
Che ci sia un problema di valori. Tutti noi abbiamo fatto sacrifici. Abbiamo lavorato quando gli altri andavano in vacanza, i sabati, le domeniche, i giorni di festa. Ci siamo autofinanziato i viaggi per imparare le lingue e fare esperienza. Era una scelta, un investimento su noi stessi per stare bene in futuro. Ora invece sembra che tutti vogliano sacrificarsi il meno possibile e avere tutto e subito. Ci sono delle eccezioni, sia chiaro, e da quelle bisogna ripartire.
Ma la colpa di chi è?
Quando si parla di valori è inevitabile pensare al contesto famigliare. Il benessere ha portato a vedere il lavoro come un peso, mentre è qualcosa che ti identifica e ti permette di capire chi sei. È soddisfazione personale e, in un Paese come il nostro che del turismo fa uno dei suoi cardini, è anche un impegno utile alla comunità.
Come vi state muovendo con Solidus?
Noi ci stiamo impegnando tantissimo, soprattutto attraverso la presenza nelle scuole. È fondamentale esserci e stare accanto ai ragazzi che hanno voglia di fare e di impegnarsi. Nel frattempo abbiamo poi iniziato un dialogo con un centro che si chiama Solidarum, che sta cercando di dare una mano a donne ucraine fuggite dalla guerra e che potrebbero trovare un impiego nel turismo.
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