Siamo un Paese malato di normative, un Paese che più le situazioni sono delicate e urgenti e più si dà da fare per complicarsi la vita e complicare la vita a cittadini e lavoratori. Come sempre di mezzo c'è la burocrazia e tutte quelle presunte autorità miopi incapaci di allargare gli orizzonti e utilizzare un po' di buonsenso. Stavolta di mezzo c'è il Garante della Privacy che ha stoppato il green pass come strumento utile per accedere in bar, ristoranti, cinema, stadi ritenendo che violi dati personali dei cittadini e ammettendolo solo per gli spostamenti come da decreto.
Il Garante della Privacy uccide i ristoratori
Ci mancava solo il Garante...
Un assurdo
già ipotizzato qualche settimana fa, un modo per
inceppare ogni tipo di possibilità di ripresa di attività che da oltre un anno zoppicano pretestuoso e infettato da un eccesso di zelo che sta diventando sempre più sinonimo di inadeguatezza, professionale e civica. Come si può pensare che dare nome, cognome e una spunta verde che indichi l'essere stato
vaccinato, l'essere
guarito o l'aver fatto un
tampone (negativo) al ristoratore di turno possa essere ritenuta un
violazione della privacy? Ci pensiamo mai a tutto quello che facciamo utilizzando ogni minuto uno
smartphone, un i-pad un
Pc? Ci pensiamo che possiamo anche non utilizzarli, ma che se li abbiamo nelle vicinanze s
entono comunque i nostri discorsi e ci bersagliano nei giorni successivi di pubblicità inerenti - magicamente - a ciò ci cui abbiamo parlato un attimo prima?
E lì, dove sta la privacy? Perchè il Garante, oltre a pensare di
tutelare i lavoratori prima che la presunta privacy non si impegna a lavorare su quei temi?
Fipe: Tutelare la privacy o migliaia di posti di lavoro?
Il commento della Federazione italiana pubblici esercizi a questo proposito è duro e passa attraverso le parole di
Roberto Calugi, amministratore delegato, che deve contare un po' più a lungo del proverbiale "dieci" per esprimere un parere ragionato. «
Ci mancava solo il Garante della Privacy - spiega - nelle situazioni di emergenza servono rimedi di emergenza. Appellarsi a modalità che andavano bene prima del Covid è difficile. Chiediamo al Garante della Privacy di chiedersi se voglia
tutelare la presunta privacy dei cittadini o se voglia tutelare migliaia di posti di lavoro che stanno andando in fumo nel mondo della ristorazione da febbraio 2020. Ne sono stati già persi 250mila a causa della
chiusura già avvenuta o prossima di 50mila attività. Non ne possiamo più».
A Bolzano il Coronapass zoppica
Anche dal punto di vista dei
ristoratori quella del green pass è una questione intricata, che non convince per tutto il trambusto che le sta nascendo attorno. La
Provincia autonoma di Bolzano il green pass per accedere ai ristoranti lo ha già introdotto (con il nome di Coronapass) lunedì 26 aprile per permettere ai cittadini di mangiare anche al chiuso. Ma come è andata? «Stiamo lavorando pochissimo - ha risposto
Luca Giacomel, presidente dell'Unione regionale cuochi Alto Adige - perchè la gente ha assimilato così tanto il concetto (sbagliato) per cui i ristoranti sono luoghi di contagio che ora
stentano a venire a mangiare da noi.
Il Coronapass inoltre è uno strumento che sta zoppicando. In pochi lo stanno sfruttando perchè il meccanismo è ancora da oliare. Chi non ce l'ha è costretto a mangiare all'esterno, ma in questa stagione a Bolzano è complicato e infatti i clienti scappano subito.
La questione privacy? Fa sorridere... quando il cliente mostra il Qr Code noi lo scannerizziamo e ci compare su uno schermo nome, cognome e una spunta verde che indica la certificazione avvenuta. Non saprei nemmeno dire se compare una voce che indica l'avvenuta vaccinazione, guarigione o test.
Stiamo scivolando su una buccia di banana».
Roberto Calugi e Luca Giacomel
La posizione del Garante, Pasquale Stanzione
Ma in particolare, perchè il Garante della Privacy,
Pasquale Stanzione vuole mettere mano al green pass? In audizione nelle Commissioni riunite Affari costituzionali, Giustizia e Affari sociali, ha spiegato che bisogna escludere esplicitamente usi diversi da quelli previsti dal decreto e individuare il titolare del trattamento dei dati. Non solo: «
È superflua l’indicazione del numero di dosi di vaccino o del tipo di vaccino, ma anche la previsione di modelli di certificazioni verdi diversi a seconda della condizione (vaccinazione, guarigione, test negativo) in virtù della quale esse sono rilasciate». Palazzo Chigi, con il sottosegretario
Roberto Garofoli, sta lavorando per adeguare le norme.
Il dibattito è anche scientifico
Il dibattito però è anche scientifico e come di consueto vira da parti diverse, anzi opposte. La critica scientifica più pesante era arrivata da un tweet di
Roberto Burioni, secondo il quale il
tampone recente per avere il pass è «un pericolosissimo controsenso». Ma anche il viceministro
Piergiorgio Sileri è critico, anche se in un altro senso. Ieri ha incontrato il portavoce del Cts e presidente dell’Iss Silvio Brusaferro per esporgli le sue idee. Vorrebbe estendere
a un anno il tempo dalla vaccinazione; includere anche chi non sa quando è guarito ma risulta avere gli anticorpi alti da un test quantitativo; usare il
pass come condizione per entrare nelle Rsa, per accedere a treni e aerei Covid free e per eventi sportivi con pubblico limitato. Ancora una volta dunque Sileri si dimostra il più vicino al "compromesso" necessario per far ripartire l'economia senza dimenticarsi che la priorità è la salute dei cittadini. Le sue precisazioni derivano dal fatto che i requisiti perchè il green pass sia valido sono: l’essere stati vaccinati (con seconda dose) entro i sei mesi precedenti; essere guariti dal Covid entro i 6 mesi; avere fatto un tampone molecolare o test rapido negativo non più di 48 ore prima.
La confusione dell'Ue (e delle Regioni...)
Va detto che anche
a livello europeo e quindi politico si sta facendo molta confusione. L'Unione europea nei giorni scorsi ha confermato la volontà di investire nel green pass, ma facendo slittare la sua entrata
in vigore totale a fine giugno (a
estate solitamente già iniziata) e spiegando che, comunque, il certificato non sarà un documento di viaggio e che quindi
non discriminerà gli spostamenti. Ci siamo dunque chiesti, a quel punto, quale peso possa avere questo green pass e quanto davvero la politica ci creda. Già il fatto di avergli cambiato, ancora, il nome in
Certificato digitale Covid Ue allungandolo rappresenta la cifra di come non si stia scegliendo la strada più veloce. E poi c'è la questione dei costi da sostenere per attuarlo che secondo indiscrezioni non sarebbero indifferenti. Non minore confusione regna
in Italia dove il pass esiste già dal 26 aprile (e dal 10 maggio inizierà ad essere sperimentato con
Draghi che ha invitato i turisti esteri a prenotare vacanza nel Belpaese) e serve solo per entrare in regioni arancioni o rosse; è solo virtuale, di reale non esiste nulla e ogni regione sta agendo un po' a sè. Detto di
Bolzano, anche la
Liguria ha iniziato ad introdurlo recependo le Faq del Governo alla lettera mentre la
Campania ha abilitato il pass regionale per «facilitazioni all’accesso dei servizi e/o deroghe alle misure di sicurezza più restrittive».
Insomma, al di là di ogni ragionamento arzigogolato
la priorità deve essere riparare il buco da 53 miliardi che si è creato nei bilanci del turismo ed evitare che si abbassino altre "...mila" saracineschi di pubblici esercizi. Senza calpestare diritti e doveri, semplicemente semplificando.