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Non c'è... Speranza per le aperture Ristoranti (e Salvini) contro il Ministro

Per il ministro della Salute ora non è possibile stabilire una data per la ripartenza perché vorrebbe dire dare false illusioni. L'ennesimo duro colpo per la ristorazione, che si somma ai tanti ricevuti nell'ultimo anno fra chiusure e mancanza di aiuti. E il Governo fa finta di nulla

di Federico Biffignandi
 
02 aprile 2021 | 14:00

Non c'è... Speranza per le aperture Ristoranti (e Salvini) contro il Ministro

Per il ministro della Salute ora non è possibile stabilire una data per la ripartenza perché vorrebbe dire dare false illusioni. L'ennesimo duro colpo per la ristorazione, che si somma ai tanti ricevuti nell'ultimo anno fra chiusure e mancanza di aiuti. E il Governo fa finta di nulla

di Federico Biffignandi
02 aprile 2021 | 14:00
 

Nessuna data per la ripartenza. No all'apertura dei ristoranti perché lo direbbe la scienza. Si ai viaggi all’estero, ma sconsigliandoli. Il ministro della Salute, Roberto Speranza in un’intervista al Corriere della Sera ha spaziato a 360 gradi sulla situazione attuale dell’Italia e sull’imminente futuro; naturalmente in ottica pandemia.

Peccato che si sia trattato di un’altra uscita “a viole”, nella quale il Ministro che più di tutti ha in mano le scelte sulle sorti del Paese – sulla salute e sull’economia – ha perso un’altra occasione per provare a dare un po’ più di fiducia agli italiani e, soprattutto, a ristorazione e turismo. E per fiducia non si intende che sarebbe stato preferibile regalare inutili illusioni, ma si intende che sarebbe stato utile sentire considerazioni più concrete, corpose e, appunto, scientifiche per sentirsi in mani sicure.

Ristoratori contro Speranza Speranza: Fidiamoci della scienza Allora riapra i ristoranti, sono sicuri

Ristoratori contro Speranza

La rabbia dei ristoratori

E invece le sue parole genereranno ancor più disagio proprio tra i ristoratori, con proteste e rivolte che si moltiplicheranno per tutto il mese di aprile, più calde ancora di quelle (tante) già andate in scena tra l'autunno e l'inizio di quest'anno. Una vessazione continua che trova motivi di rabbia e sconforto sia nelle ripetute chiusure e nell'altalena di decreti (e cambi di colore) sia nella scarsa considerazione che il Governo continua a mostrare nei confronti del settore con ristori irrisori.

Un caos che già sta montando con problematiche che sono sempre di più anche sociali. Solo giovedì all’Autogrill di Cantagallo (Casalecchio di Reno, Bo) è andata in scena la protesta di alcuni ristoratori che chiedevano – ovviamente – di poter tornare a lavorare. O quantomeno di ricevere sostegni proporzionati alle perdite subite in questi dodici mesi. In un centinaio si sono radunati in autogrill e poi si sono messi in marcia, in auto lungo l'A1, a passo d'uomo generando notevoli code.

Nell'anno della pandemia e della crisi, sono romai tanti i grandi nomi della cucina e della ristorazione che si sono esposti per chiedere maggior considerazione e ci hanno pure messo la faccia partecipando a proteste e manifestazioni. L'ultimo nome a fare notizia è quello di un personaggio autorevole come Erminio Alajmo,  papà di Massimiliano e Taffaele del ristorante tristellato, Le Calandre e patron de La Montecchia che ha chiuso i battenti alla fine del 2020. Nonchè storico dirigente della Fipe-ConfCommercio. Lui ha già dato ad esempio il suo consenso a partecipare a una protesta in piazza che sarà organizzata dopo Pasqua insieme a centinaia di altri colleghi. Un altro segnale di un disagio che dilaga e che sta portando alcuni professionisti della ristorazione anche a gesti disperati, qualche volta dettati dalla mancanza di lavoro, altre volte un po' strumentalizzati e quindi da condannare. E poi le aperture illecite, ma anche comprensbili, proposte dal movimento #ioapro che hanno trovato terreno fertile in tutta Italia facendosi beffe di multe, sanzioni e controlli inflitti.

Erminio Alajmo Speranza: Fidiamoci della scienza Allora riapra i ristoranti, sono sicuri
Erminio Alajmo


Una rabbia che si pensava potesse cessare con il passaggio di testimone tra Conte e Draghi, ma che non si è placata. Il minimo comune denominatore tra i due Governi è Speranza, forse che sia lui il responsabile? Quel Ministro anti-ristoranti che fa inceppare la macchina? Verrebbe da pensarlo con una semplice "equazione".

Speranza si affida alla scienza

Alla domanda precisa “Perché si è battuto per chiudere i ristoranti, visto che la situazione è diversa tra una regione e un’altra?”, Speranza ha risposto: «I nostri scienziati ritengono che con queste varianti le zone gialle non siano in grado di piegare la curva. Potranno tornare solo quando avremo raggiunto un livello sufficiente di vaccinazioni». E poi ancora: «Fidiamoci della scienza, che ci ha sempre guidati in questo anno difficile».

La scienza. Tralasciando il fatto che in questo anno per prima la scienza si è trovata assolutamente disorientata, impreparata (anche comprensibilmente), ma soprattutto confusionaria e trasportata – a tratti - da proclami e guerre tra virologi stucchevoli viene da chiedersi perché la “scienza” non venga ascoltata sempre. Il legame tra scienza e ristoranti è strettissimo: nessuno studio scientifico ha mai evidenziato il fatto che nei ristoranti il rischio di contagio si alza. Va detto anche che in uno dei suoi ultimi report, l’Istituto Superiore di Sanità ha consigliato di aumentare la distanza al tavolo di due metri per contrastare la diffusione delle varianti. Nello stesso documento però si chiarisce specificatamente che “non esiste alcuno studio scientifico” che avvalori questa tesi. E allora? Scienza o ideologia.

Fipe e Salvini contro Speranza

A livello politico è stato il leader della Lega, Matteo Salvini a scontrarsi maggiormente con Speranza tanto da aver espresso la richiesta di commissariarlo; sino a un attimo prima della firma dell'ultimo Decreto ha insistito per una linea più aperturista puntando il dito proprio sul Ministro. Pare che Speranza abbia incontrato Salvini prima di firmare il decreto, mostrandogli i dati dei contagi ancora alti; Salvini, commentando il decreto nella serata di mercoledì, si era detto tutto sommato soddisfatto accendendo la luce sulla possibilità di allentare le misure, già ad aprile, agevolmente. Ma sembrava più una tappa di una lunga guerra destinata a durare fino a che la pandemia non sarà vinta piuttosto che una resa.

Salvini tuttavia non è il solo a non fidarsi di Speranza. La stessa Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi che da un anno sta cercando di mantenere rapporti di dialogo e trattativa costanti e costruttivi col Governo, non ha avuto ancora alcun dialogo con Speranza. Piuttosto ha preferito sempre tenere contatti con l'attuale sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri che è sempre stato infatti più dalla parte delle aperture, seguendo una coerenza di ragionamenti che tiene conto dei dati scientifici, dei pareri medici e delle esigenze dei vari settori. Proprio nella giornata di ieri infatti, lo stesso Sileri ha parzialmente dato ragione a Matteo Salvini sulla necessità di tornare ad aprire.

Insomma uno scontro anche a livello associativo che non è una coincidenza, ma una scelta, sia da una parte che dall'altra e che continua a creare tensioni e ad alzare muri che bene non fanno al mondo dell'accoglienza. E se per un anno è stato così non resta che sperare o nel cambio di Ministro o, davvero, nella fine della pandemia che però potrebbe sopraggiungere quando il settore dell'accoglienza sarà di fatto morto. Troppo tardi, dunque.

Il direttivo Fipe in piazza a Roma

Fipe non molla però e chiederà al Governo nel vertice che ha organizzato il 13 aprile in piazza, a Roma di avere una data per la riapertura. E «Da mesi Fipe diffonde incessantemente la voce e i bisogni delle imprese del settore sui media, presso le istituzioni e sui territori - spiega il presidente Lino Enrico Stoppani - sentiamo però la responsabilità di dare un segnale forte e pubblico davanti all’ultimo decreto del Governo che rinvia nuovamente la riapertura dei ristoranti e dei bar ad eventuali decisioni del Consiglio dei Ministri. Non si può continuare a lanciare la palla in avanti, perché le imprese non sono in un campo di gioco, ma in una palude, dove sprofondano ogni giorno di più, mentre gli indennizzi non bastano certamente a risollevarle. L’incertezza ha ormai un peso economico e psicologico insostenibile per decine di migliaia di imprese serie che hanno bisogno di programmare per tempo la loro attività. Possiamo riaprire ed assumerci l’impegno di farlo in sicurezza, tra distanziamenti e rafforzamento dei protocolli. Viceversa, senza prospettive certe e credibili e lo sforzo di costruire insieme una soluzione, si finisce nel caos».

Ma purtroppo Speranza sembra aver già dato una risposta nell'intervista: «Non c’è una data in cui tutto magicamente finisce - ha detto Speranza - ci vorrà molta gradualità. La cabina di monitoraggio verifica costantemente l’evoluzione epidemiologia, è probabile che alcuni territori rossi possano passare in arancione. In questo momento parlare di area gialla è sbagliato perché i nostri scienziati ritengono non sia sufficiente a contenere il contagio con questo livello di vaccinazione».

Viaggi all'estero consentiti, ma sconsigliati

Capitolo turismo. «I viaggi – ha detto Speranza - li abbiamo sempre sconsigliati quando non necessari. La quarantena è un deterrente, ma a partire per l’estero sono poche migliaia di persone, mentre se permettessimo una mobilità nazionale senza vincoli avremmo numeri incontrollabili. Per qualche settimana dovremo fare sacrifici». Il ragionamento funziona, ma proprio per dare un piccolo sostegno morale al settore, non era il caso di imporre il divieto di uscire dall’Italia per fare vacanze? I deterrenti servono a poco e sono pure arrivati fuori tempo massimo, quando ormai la bomba mediatica era esplosa.

Forse, in alcuni occasioni, se insieme alla scienza si riuscisse ad usare pure il buon senso e un po’ di “cuore” le situazioni si risolverebbero anche meglio. Tanto, peggio di come sta andando da marzo 2020 a oggi…

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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