È il primo esempio di azienda di delivery nata per soddisfare le richieste dei piccoli comuni di una sola provincia, quella di Bergamo, che dopo 9 mesi di crescita pressoché inarrestabile, ora prova un doppio salto: conquistare altre due zone della Lombardia, vale a dire le province di Lodi e di Cremona - aprendo un franchising - e ampliare i suoi servizi ai prodotti non alimentari.
Servizio anche nei paesi più piccoli
Da luglio, fatturato a 125mila euro
BgEat, il servizio di consegna di cibo a domicilio nato quasi per gioco alle porte della Val Brembana dall’idea di due giovani imprenditori bergamaschi rimasti in pratica senza lavoro per la chiusura dei locali, sta diventando un caso che potrebbe fare scuola. Non solo perché da luglio ad oggi ha già fatturato 125mila euro e generato vendite per mezzo milione di euro ai circa 150 locali, tra
ristoranti, bar, pizzerie ed
enoteche della provincia di Bergamo che hanno aderito al servizio, ma anche perché - a differenza di tanti altri colossi del delivery - ha trovato da subito una formula efficace, regolare e
trasparente per gestire i suoi rider.
Rider regolarizzati
Ad oggi i
collaboratori sono una cinquantina, perlopiù ventenni, il cui lavoro viene regolamentato con un
contratto part-time a tempo determinato o un contratto di
collaborazione occasionale. Come dire, anni luce avanti rispetto alle piattaforme più conosciute che, tranne poche eccezioni, stanno cercando solo ora di
mettere in regola i loro fattorini, dopo anni di battaglie sul loro trattamento economico e contrattuale.
Protagonisti di questa singolare iniziativa sono
Andrea Togni, 37 anni di Almè (Bergamo) e titolare dell’Evolution Café di Paladina, e di
Damiano Vassalli, 39enne di Albino (Bergamo) con 15 anni di esperienza nell’organizzazione di eventi. «L’idea è nata per aiutare i piccoli ristoratori in questa crisi e per colmare il gap nei servizi di consegna a
domicilio nei comuni della nostra provincia, che non erano raggiunti dai grandi marchi del delivery», spiegano.
L'espansione del servizio
In pochi mesi i loro servizi hanno raggiunto
60 comuni (su 244) della provincia di Bergamo, per 12mila consegne a una platea di oltre 7mila clienti. Da qui la decisione di ampliarsi, innanzitutto cambiando nome; d’altronde BgEat suonava un po’ troppo di proposta locale, considerato che da qui alla fine dell’anno le province che i giovani imprenditori bergamaschi sono almeno 10. E così, via il richiamo a Bergamo, il servizio d’ora in poi si chiamerà
TvbEat, lanciato verso la conquista di nuovi mercati, ma anche di
comparti diversi e ancora inesplorati (per ora solo in provincia di Bergamo, dove il servizio è già rodato), come la consegna di farmaci, prodotti per animali, lavasecco e piccole riparazioni.
Tra qualche giorno sarà pronta la nuova piattaforma e si partirà con le due province lombarde. «La scelta del
franchising - spiegano ancora i due giovani imprenditori orobici - è il frutto del desiderio di replicare la nostra esperienza: altri
giovani possono, acquistando il marchio al prezzo di 9.900 euro, dare vita alla stessa attività nei territori che vivono e conoscono». Ma a Bergamo, si sa, non ci accontenta così facilmente, soprattutto quando si parla di lavoro; per questo è già pronta (e partirà subito dopo Pasqua, vale a dire l’8 aprile) una campagna di raccolta fondi sul portale WeAreStarting, che servirà a coprire il costo di un’applicazione in grado di supportare il sistema a livello nazionale, a partire dall’attività di
marketing e di comunicazione.
Da Bergamo alla LombardiaL’obiettivo è di raccogliere 50mila euro, una cifra piuttosto ragguardevole ma che, visti i
risultati conseguiti finora e la possibilità di fornire servizi laddove questi ancora non arrivano, è tutt’altro che impossibile da raggiungere: «Noi siamo
ottimisti e ci piace puntare in alto - dicono i giovani imprenditori orobici -. E poi una cinquantina di persone, anche dall’estero, ci hanno già contattati. Accanto a grandi realtà, ci sono persone comuni, amici e clienti pronti a mettere una quota di 400 euro per supportare la nostra
avventura».