Scattata la zona rossa in gran parte dell’Italia, solo la Sardegna è riuscita a scamparla. Almeno per ora. Nonostante il protocollo di sicurezza messo in piedi dal governatore Christian Solinas, infatti, la possibilità di trasferirsi nella propria seconda casa indipendentemente dalla zona in cui si trova ha già alzato il livello d’allarme in Costa Smeralda dove è atteso un maxi-esodo.
La spiaggia di Cala Corsara in SardegnaL'allarme della Costa SmeraldaCon oltre duemila seconde case sparse nel vasto territorio di
Arzachena, il comune della Costa Smeralda è stato il primo a lanciare l’allarme per il possibile
arrivo in massa di turisti dalle zone rosse. I
borghi per cui si teme l'assalto sono quelli di Cannigione, Baja Sardinia, Porto Cervo, Liscia di Vacca. A farsi portavoce dei timori degli amministratori locali è stato il sindaco di Arzachena,
Roberto Ragnadda: «In questo momento delicato la rete dei
controlli agli ingressi dai maggiori scali dell'isola deve essere infallibile, perché il rischio è altissimo e dobbiamo difendere con tutte le nostre forze la zona bianca».
D'altronde, cambiare
residenza è un'operazione ancora valida e legale. Quindi sono in tanti che puntano a trasformare la seconda casa in residenza permanente: «Nei primi 10 giorni di marzo abbiamo avuto circa 20-25
richieste di questo tipo all'anagrafe», ha confermato Ragnadda raggiunto al telefono. Tutte persone che vedono nel nuovo lockdown un'occasione per cambiare vita? Non proprio: «Sicuramente l'Italia ha voglia di
evadere. Per questo dico che noi qui ad Arzachena e nei territori limitrofi accogliamo
a braccia aperte chi vuole venire a patto che si rispettino i protocolli di sicurezza», ha ribadito Ragnadda.
Eppure, più ci si avvicina alla stagione estiva, più il
canovaccio sembra quello dello scorso anno: curva in discesa, allentamenti giusto in tempo per le ferie e Sardegna presa d'assalto (con tutte le conseguenze che ben conosciamo). Cos'è cambiato? «Innanzitutto, siamo in costante
collegamento con porti e aeroporti della Regione. A Olbia sbarcano 400-500 persone al giorno dagli
aerei mentre nei primi dieci giorni del mese abbiamo contato oltre 7.700 arrivi da tutte le
tratte marittime. Inoltre, ora abbiamo gli
strumenti per lo screening. Lo scorso anno di questi tempi non riuscivamo a trovare nemmeno un tampone, adesso possiamo anche velocizzare le procedure con i test rapidi», ha concluso il sindaco.
Insomma, non resta che sperare. O meglio organizzarsi perché il
territorio è uno dei più importanti dal punto di vista turistico: 160 strutture ricettive attive e 1,4 milioni di turisti accolti nel 2019.
La linea dura di SolinasUna premura in linea con quella del governatore della Sardegna, che dall’8 marzo ha implementato
un sistema di sicurezza che si base su un’attività di
screening rivolta a tutti i
passeggeri in arrivo sull’isola. Teatro principale di questa operazione i porti e gli aeroporti sardi. Qui, una volta poggiato piede a terra, il viaggiatore avrà a disposizione diversi
modi per assicurarsi la permanenza: la presentazione di
un certificato di avvenuta vaccinazione, i risultati di un tampone effettuato al massimo 48 ore prima, sottoporsi direttamente al test nelle zone d’arrivo oppure mettersi in autoisolamento per 10 giorni entro i quali dovrà effettuare comunque un test che accerti il suo stato di salute.
Ma le limitazioni spaventano ancora i turistiLimitazioni che spaventano i turisti classici, quelli che andrebbero a rimpolpare le casse delle strutture ricettive come alberghi, hotel e resort. A due settimane
dal lockdown di Pasqua (i giorni 3, 4 e 5 aprile saranno in rosso per tutta Italia), infatti, il polso del turismo rimane piatto. «Le
prenotazioni per il periodo pasquale sono fino a ora pari a zero, i clienti italiani saranno bloccati a casa dalle restrizioni nazionali, mentre gli stranieri sono ancora ostacolati dalle troppe incertezze sulle misure sanitarie obbligatorie per sbarcare», ha affermato
Carlo Amaduzzi, presidente regionale di
Assohotel a
L’Unione Sarda. Insomma, si verso un
flop annunciato che costringe le imprese turistiche ad allontanare la partenza della stagione.
A meno che non ci si accontenti del
turismo interno: «È l’unico possibile al momento», ha tagliato corto
Paolo Manca, presidente regionale di
Federalberghi a
L’Unione Sarda. D’altronde, la battaglia più importante al momento è quella relativa alla difesa della zona bianca: «Oggi ci troviamo nel mezzo del ciclone, in piena terza ondata e con il Paese bloccato dal virus. Dobbiamo considerare queste prime settimane come un inizio da non sprecare sul quale creare i presupposti di una ripartenza. Le imprese lo sanno», ha concluso Manca.
Più speranzosi, invece, gli
agriturismi che puntano a fare en plein puntando sugli avventori sardi a cui aprire le porte dei propri ristoranti. Ma non a Pasqua, quando anche la zona bianca si tingerà di rosso per coerenza di patria.
Isreale, l'El Dorado del turismo
Nel frattempo, il vero El Dorado del turismo sembra essere Israele dove la vita sembra essersi ripresa la propria normalità (con tanto di tifosi allo stadio). Grazie ai grandi passi avanti fatti sul fronte della vaccinazione della popolazione, resta sì l’obbligo di girare con la mascherina sul volto ma tutto il resto sembra fantascienza alle nostre latitudini. I ristoranti hanno registrato boom di prenotazioni, anche grazie al fatto che sono state tolte le limitazioni sul numero di persone al tavolo e alla diffusione del green pass che permette alle persone che hanno già ricevuto le due dosi di vaccino (e atteso una settimana per la completa immunizzazione) di girare liberamente sul territorio. E nei locali.