Il settore della ristorazione e dei pubblici esercizi è ormai ridotto allo stremo dai continui e ripetuti provvedimenti di chiusura o di apertura ridotta decisi dal Governo per fronteggiare la seconda ondata del contagio da Covid-19. Migliaia di aziende in ginocchio, che hanno accettato di compiere sacrifici immani a fronte della promessa di “salvare il Natale”, poi puntualmente disattesa nei fatti con il “decreto Natale” che ha cancellato tutto il fatturato del mese di dicembre, Natale e Capodanno compresi, dando un’ulteriore mazzata ad un comparto fondamentale per l’economia trentina come per quella nazionale.
Marco Fontanari e Fabia Roman
«I dati scientifici ci dicono che le chiusure dei pubblici esercizi decise dal Governo non hanno portato
nessun risultato positivo in termini di diminuzione dei contagi o di ostacolo alla circolazione del virus - commenta
Marco Fontanari, presidente dell’
Associazione Ristoratori del Trentino nonché vice presidente di
Confcommercio Trentino - L’unica drammatica conseguenza è stata quella di mandare
sull’orlo della chiusura oppure, in molti casi, del
fallimento migliaia di aziende che avevano creduto nelle promesse di chi ci governa ma che ora, con la prospettiva della conferma delle attuali restrizioni, tutte o quasi a carico solo della nostra categoria,
non sono più disposte a restare in silenzio. Dalla nostra base associativa arrivano
richieste di proteste eclatanti, di mobilitazione generale, ormai la misura è colma. Diciamo basta a provvedimenti assunti la sera o il giorno prima della scadenza del precedente decreto, in spregio alla necessità delle imprese di programmare i rifornimenti ed i turni di lavoro del personale.
Basta alla chiusura serale dei pubblici esercizi, molti dei quali proprio da quella fascia giornaliera traggono il proprio
sostentamento finanziario.
Assurdo anche solo pensare di farci riaprire il 7 e l’8 gennaio e poi farci richiudere il 9 ed il 10. Lavorando a singhiozzo nessuna azienda può restare in piedi e la clientela non arriva perché disorientata e frastornata».
Un messaggio forte ed inequivocabile diretto a chi ha il compito ed il dovere di garantire a tutta la popolazione uguali doveri ma anche uguali diritti, tra i quali c’è anche, garantito dalla nostra Costituzione, il
diritto al lavoro: «Diciamo basta a provvedimenti vessatori, a restrizioni che si sono rivelate inefficaci, certificando proprio nel periodo di queste
festività la loro inefficacia per limitare il contagio - dichiarano ancora Marco Fontanari e la presidente dell’Associazione Pubblici Esercizi del Trentino
Fabia Roman - Ora il Governo lasci riaprire
bar e ristoranti, che hanno dimostrato di poter garantire le
condizioni di sicurezza sanitaria mettendo in campo gli investimenti ed i protocolli necessari, che svolgono un insostituibile servizio in favore dei milioni di lavoratori che quotidianamente lavorano fuori sede. Dopo gli oltre due mesi di chiusura nella primavera scorsa, le
aperture a singhiozzo dell’autunno che hanno penalizzato il fatturato delle nostre aziende e la mazzata della chiusura serale di dicembre, non accetteremo ulteriori restrizioni perché è ormai chiaro a tutti che non è sono i nostri locali il luogo dove maggiormente si propaga il contagio».
«Da chi ci governa, a Trento come a Roma, ci attendiamo una
programmazione chiara e tempestiva, degli interventi congrui e ragionevoli da mettere in campo per garantire la ripartenza delle attività economiche. Inoltre, ribadiamo che servono
ristori immediati ed adeguati per compensare i
mancati fatturati di questi ultimi mesi; serve anche che tutti siano chiamati alla
responsabilità. Tutti i cittadini, non soltanto gli imprenditori della ristorazione ma anche di tutto il terziario,
il settore più colpito dalle restrizioni messe in campo, devono contribuire per uscire quanto prima dall’
emergenza, il cui peso finora è gravato soltanto sulle spalle delle imprese colpite dalle chiusure e sui loro dipendenti costretti alla
cassa integrazione o alla
mancata assunzione, che ha provocato la perdita della capacità di spesa delle famiglie dei nostri dipendenti, anche loro penalizzati rispetto ad altre categorie, al contrario, finora mai coinvolte. Equità sociale, pari dignità e solidarietà per uscire da questa emergenza, sociale ed economica oltre che sanitaria. La pazienza è finita, subito fatti concreti altrimenti sarà mobilitazione generale».