Le piste da sci sono ancora verdi e gli impianti addirittura senza ancora i seggiolini fanno tristezza. Il caldo anomalo di questo inizio novembre tuttavia non è la maggior preoccupazione per i gestori degli impianti e per gli sciatori dal momento che in questo 2020 congelato dalla pandemia ancora non si sa cosa ne sarà della stagione sciistica.
Nella conferenza Stato-Regioni che si è tenuta nella giornata di giovedì si sarebbe dovuto iniziare a discutere del futuro, ma tutto è slittato di una settimana.
Impianti fermi, fino a quando?
Impianti chiusi fino a nuove disposizioniL’ultimo
decreto firmato dal
governo ribadisce che gli
impianti devono restare chiusi ora. Per quanto sia ancora presto da un punto di vista stagionale, alcune località potrebbero accogliere i primi appassionati. Tuttavia forse alle istituzioni ha fatto paura quanto successo solo poche settimane fa a
Cervinia con una
lunga coda di sciatori che si è accalcata alla prima partenza degli impianti.
Il protocollo del TrentinoL’obiettivo degli addetti ai lavori comunque è quello di
salvare almeno parte della stagione, studiando protocolli e regole condivise che permettano di guardare all’orizzonte con un pizzico di certezza in più. Il
Trentino, avanti anni luce in questo settore, aveva preparato una bozza di protocollo che era anche stato condiviso da
Lombardia e
Veneto, ma nel frattempo la curva epidemiologica si è impennata e si è deciso di riscrivere il tutto.
Un'app per monitorare gli assembramentiCome per i trasporti pubblici, anche per gli impianti il governo ha in mente di permettere una capienza del 50% (in Germania il limite è del 70%). Ma il problema, così come accaduto ad esempio per i
bar e
ristoranti soggetti a ingressi contingentati prima delle chiusure più severe, è che in questo modo le spese supererebbero gli incassi. Il Trentino infatti aveva previsto una capienza all’80% per le funivie (perché chiuse) e 100% per le seggiovie (aperte), obbligo di
mascherina e distanziamento.
Dolomiti SuperSki inoltre sta pensando ad un’
app er monitorare live la
situazione su impianti e piste.
Alberghi preoccupati. E i rifugi?Naturalmente il discorso viene letto dai più come d’interesse prettamente “amatoriale” per gli sciatori o professionale limitatamente agli impianti, ma le ricadute sono molto più ampie di quello che si pensa. Col fiato sospeso ad esempio ci sono gli
albergatori che con una stagione invernale sufficiente potrebbero sorridere e rivedere in positivo i bilanci, ma ci sono anche i rifugisti che d’inverno accolgono migliaia di sciatori e anche loro attendo novità e, successivamente, disposizioni su come poter eventualmente lavorare.
Fioccano le disdetteEcco perché tra gli
albergatori c’è negatività: «Un disastro», ha detto
Marco Michielli, presidente di Confturismo e Federalberghi Veneto, «nel Bellunese sono tutti disperati: l’estate è stata al di sotto delle aspettative, ora qualche prenotazione c’è. la metà esatta di quelle che c’era in questo stesso periodo nel 2019, ma stanno già arrivando disdette, troppa l’incertezza e le famiglie non si fidano».
L'incertezza impedisce di programmareE poi la
questione è sempre relativa all’impossibilità di programmare. Gli albergatori devono richiamare il personale al
lavoro? Devono fare approvvigionamenti? In quale misura? Così come i comprensori che devono iniziare ad imbastire le
piste, a partire dall’impianto di
innevamento artificiale. Insomma, buio pesto.
Il timore è di buttare l'intera stagione«Il timore è che non ci sia scampo», prosegue Michielli, «e che si arrivi a
dicembre in piena emergenza come dicono i virologi. Almeno fossero chiari i provvedimenti romani, invece non lo sono». Che latitano a 360 gradi visto che ancora non si è capito se negli
alberghi (di mare, montagna, lago, città)
si possa somministrare cibo ai clienti.
Più fiducia tra i gestori di impiantiSul fronte
impiantisti invece il clima è più ottimistico. «Tutto è in mano alla nostra associazione nazionale che sta confrontandosi con Roma», spiega
Marco Zardini, presidente del Consorzio esercenti impianti a fune di Cortina d’Ampezzo, Auronzo, Misurina e San Vito, «non dobbiamo essere preoccupati, bensì fiduciosi che le cose miglioreranno e sperare che le misure messe oggi in campo per contenere il coronavirus servano a fare diminuire i
contagi».