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«La situazione ora è drammatica» Salviamo bar e ristoranti

Roberto Calugi (Fipe) illustra in Senato le richieste dei pubblici esercizi per evitare il tracollo del sistema: alzare il coefficiente per il calcolo dei contributi per le aziende nelle zone rossa e arancio. Liquidità a lungo termine e cassa integrazione (seria) gli altri punti inderogabili. Il comparto chiuderà con una perdita del 27% (26 miliardi di euro).

05 novembre 2020 | 18:23
«La situazione ora è drammatica» 
[Salviamo bar e ristoranti]
«La situazione ora è drammatica» 
[Salviamo bar e ristoranti]

«La situazione ora è drammatica» Salviamo bar e ristoranti

Roberto Calugi (Fipe) illustra in Senato le richieste dei pubblici esercizi per evitare il tracollo del sistema: alzare il coefficiente per il calcolo dei contributi per le aziende nelle zone rossa e arancio. Liquidità a lungo termine e cassa integrazione (seria) gli altri punti inderogabili. Il comparto chiuderà con una perdita del 27% (26 miliardi di euro).

05 novembre 2020 | 18:23
 

Alzare il coefficiente di moltiplicazione per il calcolo dei contributi destinati alle imprese della ristorazione e di intrattenimento, a cominciare da quelle che operano nelle zone rosse e arancioni, ulteriori settimane di Cassa Integrazione e liquidità a lungo termine. Sono questi alcuni dei principali correttivi al decreto Ristori richiesti con forza dal Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Roberto Calugi, nel corso dell’audizione odierna davanti alle Commissioni riunite Finanza e Bilancio del Senato.

Roberto Calugi fipe ristori

                                               Roberto Calugi

Si tratta di correttivi necessari per arginare lo tsunami che si è abbattuto sui Pubblici Esercizi negli ultimi nove mesi: mentre in epoca pre-Covid il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento contava 330mila imprese, 1,3 milioni di addetti e 90 miliardi di euro di fatturato, il 2020 è destinato a chiudersi con una perdita del 27%, pari a 26 miliardi di euro senza contare le restrizioni imposte dal nuovo DPCM. Un messaggio che ci si augura possa essere colto dal governo proprio in queste ore mentre si deve approvare un decreto ristori bis per fare fronte alle chiusure imposte dal lockdown calato su alcune regioni.

Va aggiunto che il nuovo DPCM da una prima valutazione comporterà ulteriori perdite per almeno 2 miliardi di euro nel solo mese di novembre, con la sospensione dell’attività di almeno 127.000 imprese e 460.000 lavoratori forzatamente a riposo. Nessuna impresa, dal più piccolo bar di provincia al ristorante stellato, dalla società di catering alla catena di ristorazione commerciale, dal locale serale alle sale per i giochi, può stare in piedi con questi numeri, nessuna.

Se non si produce reddito non si possono remunerare i costi. Altrimenti si fallisce e forse, e non è una provocazione, dovremmo incominciare a chiederci come aiutare molte imprese a chiudere senza strascichi societari. Questi numeri sono imprese, famiglie, lavoratori, fornitori e, purtroppo, sono numerose le testimonianze di reale disperazione di imprenditori, alcuni tristemente arrivati al gesto estremo, in balìa di normative complesse, troppo spesso sovrapposte tra Stato e Regioni, e diverse fra regione e regione, che ha generato una schizofrenia normativa senza precedenti.

«Troppo spesso – ha detto Calugi - le nostre imprese sono ritenute attività non essenziali. Noi rigettiamo con forza quest’impostazione che troviamo profondamente sbagliata nel merito. Per far sopravvivere il settore, serve un cambio di paradigma». A cominciare da due aspetti essenziali: il credito e le locazioni.

Serve subito credito a lungo termine
In ordine al primo «Serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito – ha concluso il Dg di Fipe - Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi».Un tema che ha visto anche dure polemiche della federazione verso il sistema bancario.

Affitti da riformare
Con riferimento al secondo. «Non abbiamo remore a dire che gli imprenditori di questo settore non sono più in grado di sostenere i costi degli affitti che sono balzati dal 10% al 30% come incidenza del fatturato - ha detto Calugi -. O si interviene con una misura “ad hoc” o i tribunali sono destinati a ingolfarsi di contenziosi». È questo un tema su cui la Fipe ha spesso insistito fin dai primi di marzo e su cui si gioca tutta la partita di affitti ed Imu.

Una cosa è certa, lo strumento del credito d’imposta si sta rivelando zoppo, pur essendo cedibile le banche non sono interessate a prenderlo. Inoltre sta emergendo un problema sull’affidabilità del settore, nonostante le garanzie di Stato, alcuni istituti di credito richiedono fidejussioni accessorie per concedere linee di finanziamento.

Il problema della burocrazia
A questa situazione si aggiunge spesso una burocrazia asfissiante che impedisce di avere con tempi certi “a terra” lo scarico dei provvedimenti. Avere realmente sui conti correnti i benefici attesi dei provvedimenti che vengono predisposti. Tralascio la farsa sul credito di imposta per i DPI che dal 60% atteso al momento del click day sono andati all’8% e dopo il rifinanziamento con il DL Agosto al 25%, «non menziono per rispetto istituzionale - ha aggiunto Calugi -  i ritardi sugli ammortizzatori sociali che tante piccole e grandi imprese hanno dovuto anticipare, ma è possibile che per avere un finanziamento sul dl liquidità un primario gruppo italiano debba attendere 6 mesi?»

È possibile che a Milano, una piccola azienda che ha dovuto chiudere per rispettare uno dei tanti Dpcm debba ricevere una sanzione per omessa comunicazione di chiusura? Non sono i 60 euro della multa, è il senso di un distacco dalla realtà, è la beffa che si aggiunge al danno e genera ulteriore distacco dalle istituzioni.

«La situazione ora è drammatica» Salviamo bar e ristoranti

Il giudizio di Fipe sul decreto, e le richieste punto per punto
Nel merito del provvedimento, Calugi ha detto che «va riconosciuto l’impegno del Governo ad intervenire con una serie di strumenti per incidere sui costi di gestione dei Pubblici esercizi. Tuttavia si riportano di seguito alcune osservazioni anche alla luce della nuova situazione venutasi a creare con le nuove restrizioni»:

Per quanto riguarda l’art. 1, il contributo a fondo perduto è essenziale a garantire la piena operatività dello stesso, come peraltro anticipato dal Presidente del Consiglio, con immediatezza. In aggiunta si suggeriscono alcune linee di intervento:

a) Per le imprese del comparto della ristorazione va previsto un aumento del coefficiente di moltiplicazione. Soprattutto per quanto riguarda le imprese delle aree “arancione” e “rosso” che saranno costrette alla chiusura.

b) Per le imprese del settore del Catering, di fatto chiuse dal mese di febbraio di portare la percentuale di calcolo dal 200 al 400%. Si tratta di imprese che hanno visto la riduzione del fatturato in media del 90% tutte in fortissima sofferenza.

c) Per le imprese del settore del catering e dell’intrattenimento si suggerisce di modificare il mese di riferimento. Aprile non è certamente un mese significativo in termini di volumi di affare e rischia di penalizzare le attività che operano principalmente all’aperto.

d) Si segnala che la ristorazione collettiva in particolare quella aziendale e scolastica è al momento esclusa dai ristori, pur avendo subito pesanti perdite di fatturato a causa di smart working e didattica a distanza, mentre le sale da gioco e bingo, pur rientrando in questo provvedimento, sono escluse dal provvedimento sui ristori precedenti previsti nel Dl rilancio.

Calugi ha dichiarato poi di aver «preso atto dell’art.4 che prevede la sospensione delle procedure esecutive immobiliari sulle prime case, ma riterremmo importantissimo intervenire anche sulle locazioni commerciali per fermare l’emorragia di provvedimenti di sfratto che questa crisi comporterà sui locali di pubblico esercizio.

Le banche non sostengono il sistema
L’art.8 del Decreto in esame ha esteso come noto il beneficio del credito di imposta per ulteriori tre mesi, ottobre, novembre dicembre, sulle locazioni o gli affitti di ramo di azienda del nostro settore. Pur apprezzando la misura, per La Fipe spiace però segnalare come il credito di imposta, sulla carta cedibile al sistema bancario, sia di fatto incedibile. Diversi nostri associati segnalano come le banche non hanno sin qui manifestato disponibilità ad acquisire il credito facendo venire meno l’efficacia della misura prevista dal legislatore.

In merito si segnala inoltre come ormai diversi istituti di credito, dopo mesi di sofferenza delle imprese, abbiano diramato indicazioni interne che indicano le aziende del comparto come non affidabili. Questo comporta che alle imprese vengano richieste fidejussioni accessorie fino al 150% del finanziamento anche per interventi ex Dl Liquidità con garanzia al 90% o l’80% dello Stato erogata dal Fondo Centrale. Sappiamo che le banche sono esse stesse imprese, ma non è tollerabile che con la copertura a garanzia dello Stato siano richieste fidejussioni accessorie di tale importo.

Serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito. Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi.

Ammortizzatori sociali indispensabili
Infine, riteniamo inoltre di particolare importanza gli articoli 12 e 13 del Decreto legge in esame sui temi del lavoro. Apprezziamo l’estensione degli ammortizzatori sociali per ulteriori sei settimane che aiuta certamente a non perdere ulteriori competenze nel nostro settore. Non compendiamo tuttavia il mancato collegamento, come già previsto nel DL Agosto fra periodi di cassa integrazione e la possibilità di avviare procedure individuali e collettive di licenziamento. Sul punto Calugi ha avvertito che «occorre una sottolineatura. Nessun imprenditore degno di questo nome è felice di “lasciare a casa” alcun collaboratore. Nel nostro mondo un lavoratore non è un numero, spesso è una persona con cui si condivide il pranzo o la cena e la stessa vita. È una persona su cui si è investito per anni, contribuendo ad accrescerne competenze e capacità. Licenziare è un gesto estremo, doloroso, ma non si può chiedere alle imprese in questo momento di farsi carico di ulteriori costi sociali».

Viste le nuove restrizioni vanno aggiunte ulteriori settimane e a tal fine certamente aiuterebbe non imputare le nuove sei settimane riconosciute ai periodi di Cassa Integrazione Covid del decreto “agosto”, collocati oltre il 16 novembre, per fare in modo che le aziende che virtuosamente abbiano utilizzato i periodi del decreto “agosto” possano avere un termine più lungo. Parimenti, sulla base del nuovo DPCM approvato, per la Fipe va esteso il beneficio di cui all’art. 13 del DL ,inerente la sospensione dei versamenti contributivi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi, almeno al mese di dicembre inserendo in questa fattispecie anche ulteriori sospensioni che gravano sulle imprese, come ad esempio quelle del gioco.

«La situazione ora è drammatica» Salviamo bar e ristoranti

Servono risorse aggiuntive e si deve pensare al futuro
Decisa la richiesta fatta alla fine dal direttore generale della Fipe: «Siamo consapevoli della difficoltà di identificare risorse aggiuntive ma vista l’intenzione di approvare un Decreto Legge “ristori bis” ed è essenziale far convergere quelle risorse a compensazione delle ulteriori restrizioni e a sostegno delle imprese direttamente e indirettamente colpite».

Inoltre per la Fipe si deve iniziare a pensare al futuro e non farci trovare impreparati ad una ripresa che certamente verrà. Il settore dei pubblici esercizi, della ristorazione dell’intrattenimento merita di essere al centro di un piano nazionale di rilancio utilizzando le risorse del Recovery Fund, per rilanciarne gli investimenti e sostenere la domanda con interventi mirati.

Nessuna indulgenza con le proteste violente
Non poteva amancare, infine, un richiamo alla passata settimana, al 28 ottobre, quando le imprenditrici e gli imprenditori che si riconoscono nella Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, hanno voluto portare “in piazza” la drammaticità del momento che stiamo vivendo. «L’hanno fatto - ha ricordato Calugi -  con la dignità, la professionalità e l’orgoglio che li contraddistingue, apparecchiando per terra con i piatti rovesciati in 24 fra le più belle piazze delle nostre città, dal profondo sud alla parte più a nord del Paese».

E su queste manifestazione Calugi ha sottolineato come sono state prese le distanze da chi specula sul dolore del comparto, utilizzandolo strumentalmente per giustificare «manifestazioni violente da cui come sempre prendiamo le distanze. Oggi quei piatti che hanno accolto tante volte tutti voi e tutti noi sono davvero a terra e sono rovesciati. Non sappiamo se e quando potremo rimettere le tovaglie sui tavoli e girare le stoviglie. Non sappiamo quando potremo tornare a lavorare. Noi faremo di tutto perché non accada, ma purtroppo per molti di noi, se le istituzioni non saranno in grado di intervenire con maggiore efficacia, favorendo una reale e una drastica riduzione dei costi operativi e iniettando nel sistema ingente liquidità a lungo termine, la parola MAI potrebbe essere l’unica corretta».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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