Altro che happy hour. Le 18 sono diventate l’ora più triste: quella delle serrande abbassate. Le nuove restrizioni per bar e ristoranti, pensate con l’obiettivo di limitare i contagi da coronavirus, in realtà non uccidono soltanto la movida, ma mettono a rischio anche la sopravvivenza di tante imprese. Il premier Giuseppe Conte non sembra voler tornare indietro, per ora: preferisce tenere il punto sulle misure e tamponare le perdite con aiuti di Stato più veloci e cospicui. Ma dal mondo della ristorazione, che stima un rosso da 10 miliardi per l’intera filiera agroalimentare, e anche dalla politica sono arrivate delle controproposte per migliorare la stretta. Una serie di emendamenti con l'obiettivo di rendere il giro di vite più accettabile per tutti. Il governo tornerà sui suoi passi o farà orecchie da mercante? Ecco intanto i punti che Italia a Tavola mette sul tavolo cercando di trovare una sintesi fra le tante idee emerse da associazioni e operatori del settore: 10 idee per sopravvivere fino alla fine della pandemia. Anche perché non sarà certo il decreto "ristori"a garantire un futuro con i pochi fondi disponibili.
Per dare ossigeno ai ristoranti Italia a Tavola ha raccolto 10 proposte
1. CHIUSURA ALLE 22. O MEGLIO ANCORA ALLE 23
Una delle strade più semplici da percorrere sarebbe quella di seguire l’esempio del presidente dell’Alto Adige, che aveva firmato un'ordinanza (poi di fatto superata dal Dpcm e di fatto "rimangiata" dalla Provincia di Bolzano) che prevedeva l’apertura dei ristoranti fino alle 22, mentre i bar avrebbero dovuto chiudere due ore prima. Il leader di Italia viva, Matteo Renzi, aveva subito “picconato” il premier chiedendogli di prendere spunto dall’iniziativa regionale per dare ossigeno ai ristoranti. E i nuovi orari erano stati adottati anche dal Trentino e da Vittorio Sgarbi a Sutri, il Comune della Tuscia dove è sindaco (anche se non si sa bene quale efficacia normativa può avere un'ordinanza del sindaco). Quella in verità avrebbe potuto essere una norma nazionale in una situazione di emergenza. O, meglio ancora, e lo stanno ripetendo da giorni chef noti e molti imprenditori, sarebbe ripristinare il limite delle 23. Del resto perché a pranzo alle 13 non ci sarebbe pericolo di infettarsie a cena alle 20 sì?
I ristoratori chiedono di poter chiudere alle 23 o almeno alle 22
2. DISTANZIAMENTO E NUMERO DI COPERTI: ARIA PURIFICATA CONTRO IL VIRUS
Altro punto dolente: per molti è stato un errore mettere nello stesso calderone ogni genere di bar e ristorante. Il dato chiave da prendere in considerazione dovrebbe essere invece quello del numero dei coperti e dell'effettiva distanza minima di un metro, un metro e mezzo presente tra un tavolo e l'altro. Chi già dispone di grandi spazi che garantiscono il rispetto delle norme di sicurezza deve quindi poter continuare a lavorare. Viceversa, per i casi più "al limite" dove si tende all'affollamento o a una maggiore vicinanza dei tavoli bisognerebbe introdurre l'obbligo di installazione di sistemi di purificazione dell'aria: così il rischio di contagiosarebbe sicuramente ridotto.
Le grafiche sulla diffusione del virus nei bar pubblicate da El Pais
Le particelle che favoriscono l'infezione infatti proliferano soprattutto in ambienti chiusi dove non c'è alcun tipo di ventilazione. Un interessante studio con grafiche pubblicato sul quotidiano spagnolo El Pais ha mostrato come la diffusione del virus venga limitata drasticamente (da 15 potenziali contagiati a uno solo) applicando una corretta aerazione dell'ambiente, utilizzando anche i condizionatori, e se il tempo trascorso dentro il bar/ristorante si accorcia (altra idea allora: stabilire turni più rigidi, di un'ora e mezza o due ore, per favorire il ricambio della clientela).
3. PIÙ CONTROLLI: CHI NON RISPETTA LE REGOLE CHIUDE PER MESI
E qui ci si ricollega a un altro aspetto cruciale. Quello dei controlli. «Chi rispetta le regole deve poter continuare a lavorare», è il mantra degli operatori del settore. Anche perché a cosa è servito altrimenti adeguarsi con gel disinfettanti, plexiglas, mascherine, guanti e distanze quando poi si è incappati comunque nell’inesorabile chiusura? Se ora partiranno davvero verifiche severe con sanzioni da 400 a mille euro per chi non rispetta gli orari, si poteva anche potenziare per tempo il sistema di controllo che doveva garantire la presenza di tutti i vecchi paletti. Ora è tempo di farlo. Con provvedimenti inflessibili per chi sgarra: come per esempio la chiusura anche per tre mesi senza indennizzi.
Servono più controlli per verificare il rispetto del protocollo
4. INNOVAZIONE TECNOLOGICA: PER UNA MIGLIORE GESTIONE DEL CLIENTE
Altro tema chiave sui cui spingere è quello dell'innovazione tecnologica, su tutti i livelli. A partire dai pagamenti, che dovrebbero sempre più virare verso quelli elettronici, a discapito del contante che favorisce la diffusione del virus e che infatti sempre più italiani stanno gradualmente abbandonando. La digitalizzazione deve poi riguardare pure il menu, consultabile direttamente dal proprio smartphone, le prenotazioni e le registrazioni dei presenti, in modo da garantire una completa tracciabilità in caso di positività riscontrate. In quest'ottica di sempre maggiore sicurezza e di migliore gestione del cliente il governo dovrebbe pensare a bonus o incentivi per stimolare una completa trasformazione hi-tech dei ristoranti che vogliono continuare a restare aperti.
Dal menu ai pagamenti, serve una trasformazione digitale per tutti i locali
5. AIUTI ECONOMICI: CANCELLARE L'IMU FINO ALLA FINE DELLA PANDEMIA
Al di là dei protocolli, c’è poi tutto il tema del sostegno economico per tamponare l’emergenza. Basteranno i contributi a fondo perduto decisi ora dal governo? E soprattutto arriveranno in tempo? Sono state presentate le prime richieste aggiuntive: niente tassa sui rifiuti, dehors gratis e l’erogazione veloce di un credito di 50 mila euro. Sull'Imu invece va fatto uno sforzo in più: se è vero che col decreto ristoro è stata confermata la cancellazione della seconda rata, che scade il 16 dicembre, per tutte le attività chiuse o limitate nell’orario dall’ultimo Dpcm, l'esenzione da questa imposta andrebbe prorogata anche nel 2021 e almeno fino alla fine della pandemia.
L'Imu andrebbe cancellata, ma non solo per la seconda rata di dicembre 2020
6. RIFORMA DEGLI AFFITTI: CONGELATI FINO A QUANDO NON RIPRENDE IL LAVORO
Chi paga l'affitto per adesso avrà invece un credito d’imposta, in pratica uno sconto sulle tasse future, pari a tre mensilità. Il credito potrà essere anche girato al proprietario del locale e quindi scontato dal canone d’affitto. Ma serve di più: e cioè un congelamento dei pagamenti, o comunque una copertura da parte dello Stato, fino a quando non riprenderà il lavoro dopo la crisi legata al Covid-19. Sul tavolo c'è la richiesta della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) di rivedere il sistema degli affitti legando il canone all'andamento del locale: più lavora e più può pagare. Anche perché non è che oggi bar, ristoranti o pasticcerie lavorano più o meno per le loro capacità. A influire pesantemente sono i vincoli decisi dal governo, dallo smartworking degli statali e dei bancari (che tolgono clienti a mezzogiorno) all'impossibilità di lavorare la sera...
Serve anche una riforma degli affitti
7. LIQUIDITÀ SUBITO: IN BASE A PERDITE DI FATTURATO E REGOLARITÀ FISCALE
Lo chef stellato Massimo Bottura sul Corriere della sera ha lanciato le sue idee, tra cui la chiacchierata liquidità in parametro ai fatturati. Un nodo su cui l'ex ministro Pier Luigi Bersani aveva fatto polemica tirando in ballo l’evasione fiscale che inquinerebbe i calcoli, con la Fipe che gli aveva risposto a tono chiedendo scuse pubbliche. La questione non è di poco conto perché permetterebbe di creare una selezione più precisa fra chi le tasse le ha sempre più o meno pagate e chi, invece, le ha evase. La formulazione del decreto ristori mette a disposizione troppe poche risorse e non discrimina fra le aziende corrette e quelle no. Chi ha tutte le dichiarazioni dei redditi in regola dovrebbe avere una corsia preferenziale.
I contributi dallo Stato vanno commisurati con quanto dichiarato
8. PROROGA CIG. PER LE ASSUNZIONI DECONTRIBUZIONE E NUOVI VOUCHER
Questione cassa integrazione. Il governo ha risolto almeno la scadenza di metà di novembre, ma non basterà. L'ammortizzatore sociale dovrebbe essere esteso almeno fino al 2021, ma sempre Bottura per esempio ha chiesto di tenere come orizzonte temporale la stabilizzazione del turismo europeo.
Necessaria la proroga della Cig e la decontribuzione sui nuovi assunti
Per salvaguardare il più possibile il lavoro di cuochi e camerieri è inoltre necessaria una decontribuzione. Un esonero contributivo totale per tre anni a carico delle assunzioni a tempo indeterminato di giovani, mentre per il 2021 è già previsto dall’ultima legge di Bilancio uno sgravio del 50%. Anche l'introduzione di nuovi voucher per i settori di agricoltura e turismo, così come per ristoranti, bar e pubblici esercizi in generale, servirebbe per venire incontro a un'occupazioneche sarà sempre più transitoria, probabilmente concentrata soprattutto sul sabato e la domenica o nei periodi di picco.
9. IVA AL 4%. E UNICO TRATTAMENTO FISCALE SU CIBO E BEVANDE
Una grossa mano poi potrebbe arrivare dall'abbassamento dell’aliquota Iva al 4% per il prossimo anno. Conte già a giugno aveva parlato di una rimodulazione dell'attuale Iva del 10% per i prodotti e i servizi del settore turistico (alberghi, pizzerie, hotel, ristoranti, eccetera) salvo poi fare dietrofront. Ma, come abbiamo già scritto, a bar e ristoranti servono aliquote uguali per tutti. E in questa logica va superato l'attuale trattamento fiscale e previdenziale differenziato fra pubblici esercizi e agriturismi, che oggi favorisce questi ultimi, uniformando anche i controlli Haccp. Serve un unico trattamento per chi fa somministrazione di cibo e/o bevande.
Un aiuto potrebbe arrivare dalla rimodulazione dell'Iva
10. ESTENSIONE DEI CODICI ATECO PER IL COMMERCIO ALIMENTARE
Come già indicato da Iat fin ai tempi del primo lockdown, il governo dovrebbe poi collegare in tutta Italia ai codici Ateco di chi fa bar e/o ristorazione (gruppo 56) e pasticceria-pizzeria-gelateria (gruppo 10) il codice Ateco (10.85) delle gastronomie, così da permettere la vendita al pubblico anche di piatti pronti e prodotti alimentari, freschi o confezionati. Stessa cosa si potrebbe fare col delivery aggiungendo a tutti anche il codice Ateco 56.10.20. Tutti potrebbero così compensare con nuove attività (delivery e asporto) il calo di entrate dovuto alla cancellazione dei coperti serali.
Infine sarebbe utile l'estensione dei codici Ateco
P.S. ULTIMA PROVOCAZIONE: ENTRA NEI LOCALI SOLO CHI HA SCARICATO IMMUNIE infine non proprio un 11esimo punto, ma una
provocazione a margine. In piena
seconda ondata sarebbe ora che una regola base diventasse imprescindibile: per poter entrare in un locale pubblico bisogna
avere l’app Immuni sul proprio smartphone, molto semplice. Per ora siamo a 9 milioni di
download in Italia, ma con il coinvolgimento del mondo della
ristorazione chissà che non si possa arrivare a quota 20-25 milioni. Al netto di bug o imperfezioni dell'
applicazione, si otterrebbe un triplice obiettivo: un'ulteriore
tutela per il locale, la maggiore
responsabilizzazione del cliente e una spinta forse decisiva per il
contact tracing, vero punto debole fin qui nel contenimento del
contagio. E se fosse l'occasione per svoltare?