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Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellati

Chiudere alle 18? «Una situazione apocalittica», secondo Chicco Cerea. Mentre per Sandro Serva l'errore è stato «mettere nello stesso calderone ristoranti e bar della movida». Ciccio Sultano: «Gel, distanziamento, plexiglas... a cosa sono serviti allora?». E Moreno Cedroni chiede certezza sugli aiuti di Stato.

di Marcello Pirovano
 
27 ottobre 2020 | 08:30

Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellati

Chiudere alle 18? «Una situazione apocalittica», secondo Chicco Cerea. Mentre per Sandro Serva l'errore è stato «mettere nello stesso calderone ristoranti e bar della movida». Ciccio Sultano: «Gel, distanziamento, plexiglas... a cosa sono serviti allora?». E Moreno Cedroni chiede certezza sugli aiuti di Stato.

di Marcello Pirovano
27 ottobre 2020 | 08:30
 

E adesso, come reagire? O meglio, per dirla con le parole più drammatiche degli chef, come sopravvivere economicamente? L’ennesimo Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte colpisce ancora duramente il settore della ristorazione, che a fatica stava provando a ripartire dopo la prima ondata e il lockdown di primavera. Ora la chiusura imposta alle 18 ha le sembianze di una batosta che per molte attività potrebbe significare fallimento. Italia a Tavola ne ha parlato con i cuochi stellati in giro per il Paese all'inizio della prima convulsa settimana di riorganizzazione aziendale per rispettare le nuove restrizioni orarie anti-coronavirus.

Anche gli chef stellati si sono schierati contro le nuove restrizioni del governo - Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellati

Anche gli chef stellati si sono schierati contro le nuove restrizioni del governo


CHICCO CEREA
«UN'APOCALISSE CON LA RIPRESA DEI LICENZIAMENTI»
Chicco Cerea del ristorante bergamasco da Vittorio (tre stelle Michelin), la più importante azienda di ristorazione in Italia, è «sconfortato, sconsolato e adirato», come dice subito senza giri di parole per far capire il suo giudizio negativo sulle misure del governo. «Prevedo ripercussioni economiche disastrose, alla ripresa dei licenziamenti sarà brutto per tanti, qualcuno dovrà chiudere l’azienda. La situazione è apocalittica».

«DOVEVANO REGOLAMENTARE TRASPORTI E SCUOLE»
Cerea trova facilmente il colpevole: «Un governo che non ha la forza di far rispettare le regole e che quindi sceglie la via più facile, chiudendo. Ma così ci vanno di mezzo tutti». I problemi, come ripetono in tanti nel settore, erano da cercare altrove: «Non hanno regolamentato i trasporti e le scuole, ci sono le funivie piene zeppe di gente», mentre i ristoranti sono diventati matti per rispettare i protocolli: «E aggiungi un’ora e togli l’ora, e metti il plexiglas, e indossa la mascherina, e metti i guanti…».


Chicco Cerea - Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellatiChicco Cerea

«MANCA LA PRESENZA DI UNO STATO CAPACE»
Alla fine non è bastato comunque per restare aperti anche a cena: «Manca la presenza di uno Stato capace», continua Cerea, «sappiamo che la situazione è difficile, ma adesso il tempo c’è stato, l’incompetenza totale è riemersa. Sono preoccupato anche per la mia salute, perché se uno Stato non è capace di gestire la situazione economica, figuriamoci quella sanitaria».

«LE RESTRIZIONI? DURERANNO FINO A GENNAIO»
Serrande giù alle 18 almeno fino al 24 novembre, dunque. Ma anche qui lo chef non si fida: «Solo un mese di restrizioni? Ci stanno prendendo in giro, pensate davvero che quando ci saranno le feste di Natale potremo girare liberamente? Si andrà avanti così fino a gennaio 2021 e forse oltre». Con ulteriori perdite da mettere a bilancio: «Ormai il 2020 era già un anno bruciato e buttato via, adesso conta solo che l’azienda riesca a resistere».

SANDRO SERVA
«IL 60% DEI COPERTI DELLA CENA SI SPOSTERÀ»
C’è però anche chi ha una visione più distaccata. Come lo chef Sandro Serva, che assieme al fratello Maurizio gestisce la trattoria La Trota (due stelle Michelin) in provincia di Rieti, nel Lazio. Locali come il suo, decentrati rispetto alle grandi città, sono da sempre una meta che si raggiunge organizzandosi per tempo. E così la chiusura alle 18 potrebbe non impattare troppo: «Avremo una flessione, ma possiamo andare avanti. Il 60% delle prenotazioni della sera si sposta tra pranzo e colazione. Mentre nel fine settimana dovremmo riuscire a mantenere il solito movimento, dato che il nostro cliente ama uscire dal centro per fuggire dalla pressione e godersi un po’ di relax».

I fratelli Serva - Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellati

I fratelli Serva, Sandro (a sinistra) e Maurizio

«NOI ATTENTI AL DISTANZIAMENTO, ALTRO CHE MOVIDA»
Nessuna prospettiva drammatica insomma, eppure a Serva non è piaciuto il modus operandi: «Hanno messo tutti nello stesso calderone, ma ristoranti come il nostro dove si lavora con molta attenzione e tanto distanziamento non possono essere accomunati a certi locali che devono riempire sempre tutti i coperti e tutto lo spazio, o ai bar della movida».

CICCIO SULTANO
«IL 90% DEI RISTORANTI NON HA AVUTO CONTAGI»
Servivano più verifiche sul rispetto dei protocolli. E lo pensa anche Ciccio Sultano, il cuoco del ristorante Duomo (due stelle Michelin) di Ragusa, in Sicilia. «Ci vogliono gli organi di controllo per fare le cose per bene, tutti possono rimanere aperti se stanno alle regole. E comunque il 90% dei ristoranti non ha avuto problemi di contagio da coronavirus».

«FAREMO ORARIO CONTINUATO DALLE 12 ALLE 16.30»
La ghigliottina delle 18 è troppo pesante: «L’avessero lasciata quantomeno alle 23 sarebbe stata una buona cosa, ora si cerca di sopravvivere. Da domani il primo turno per mangiare inizia alle 12 e l’ultimo alle 16-16.30, facciamo orario continuato. Poi se proprio arrivi alle 17 non è che non ti faccio entrare… però alle 17.45 arriva il conto e via».


Ciccio e Gabriella, il cuoco e la signora del Duomo - Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellatiCiccio e Gabriella, il cuoco e la signora del Duomo

«NON SIAMO DISCOTECHE... IN MOLTI CHIUDERANNO»
Eppure le condizioni per restare aperti fino a tarda sera c’erano: «Non siamo discoteche, ci hanno fatto comprare le colonnine per pulire le mani, ettolitri di liquido disinfettante, i plexiglas… e ora ci chiudono così». Un colpo inferto non solo a un singolo settore: «Il ristorante traina tutto», ricorda Sultano, «è il salotto della città. Stanno facendo morire l’agroalimentare. E non c’entra nulla se un locale è stellato o meno, non abbiamo i super poteri: vale anche per le piccole trattorie, chi è attento poteva continuare a lavorare».

«DURANTE IL LOCKDOWN HO PERSO 3.500 COPERTI»

Nemmeno il ristoro degli aiuti di governo può bastare: «Durante il primo lockdown ho perso 3.500 coperti in quattro mesi rispetto al 2019, è stata elemosina quella di aprile», taglia corto Sultano. «E ora, di nuovo, non parliamo di un sostegno alle imprese, ma di un contentino. Pure noi ristoratori abbiamo paura del Covid, però abbiamo anche paura che l’azienda muoia».

MORENO CEDRONI
«È UN PROBLEMA PIÙ GRANDE DI CIÒ CHE PENSIAMO»
Lo chef due stelle Michelin Moreno Cedroni, patron dei locali Madonnina del pescatore di Senigallia, il Clandestino di Portonovo e di Anikò di Senigallia, appartiene alla fazione dei più moderati. E prende con filosofia le misure imposte: «È un problema più grande di quello che pensiamo, non solo per il nostro settore. Il guaio a monte è molto grave» e il riferimento è chiaramente alla pandemia che ha sconvolto il mondo.

«LA FRANCIA INSEGNA: IL VIRUS NON CIRCOLA NEI LOCALI»
«Spero si sbagliarmi», prosegue, «ma credo che le restrizioni andranno persino a inasprirsi. Del resto in Francia hanno chiuso i ristoranti e i contagi sono raddoppiati. A dimostrazione che non siamo noi i luoghi dove si propaga il virus, dato che abbiamo seguito le procedure di sicurezza alla perfezione. Il numero dei positivi purtroppo continuerà a crescere».

Moreno Cedroni - Parola d'ordine sopravvivere, il grido d'allarme degli chef stellati
Moreno Cedroni

«SI POTEVA DARE UN GIRO DI VITE, MA ALLE 23»
Che fare dunque, arrendersi al fatalismo? No di certo: «Sicuramente registreremo un calo di fatturato, vediamo però come lo Stato ci aiuterà. Tutta la categoria ne ha bisogno, e non farei nemmeno differenza tra stellati e non stellati: si poteva dare un giro di vite facendo uscire i clienti alle 23, ci saremmo adeguati. Non alle 18, togliendo un servizio importante».

«SENZA LE CENE MENO 70% DEL FATTURATO»
Anche perché presto i conti non torneranno: «La cena, si sa, è il 70% degli introiti di un ristorante, a meno che non sei in una grande città», ammette Cedroni. «Prenotazioni che slittano a pranzo? Qualche spostamento ci sarà, ma se non sei nella zona del tartufo la gente non viene appositamente da te a mezzogiorno. In una regione di mare durante l'inverno non ci vai a pranzo, e anche gli eventi organizzati per lavoro prediligevano la cena».

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