Finchè si scherza, può rimanere un modo per sorridere in un momento di grave difficoltà. Ma se lo scherzo diventa realtà allora c’è di che riflettere. A creare scompiglio e battute è ancora il decreto emanato dal Governo, quello redatto probabilmente in fretta e furia e già pronto per essere cambiato, quello che impone lo stop al servizio al tavolo alle 24 e quello al bancone alle 21 (salvo restrizioni che nel caso arrivano dalle Regioni). A Catanzaro e a Bologna due baristi ne hanno approfittato chiudendo come previsto il locale alle 24, ma riaprendolo chi un quarto d’ora dopo e chi un’ora più tardi.
«Il presidente Conte e i suoi super ministri laureati non hanno pensato che oltre alla chiusura c'è una riapertura per i locali». Lo rivela Aldo Manoieri il titolare del Bar Plaza Cafè di Catanzaro Lido il cui racconto della beffa al Governo è subito diventato virale sui social. Alla mezzanotte del 14 ottobre Manoieri ha chiuso il locale e lo ha riaperto 15 minuti dopo. I vigili urbani intervenuti non hanno potuto far altro che dargli ragione.
Aldo Manoieri
«Io ho chiuso regolarmente alla mezzanotte e l'ho fatto notare alle forze dell'ordine che pattugliavano la zona per far rispettare l'ordinanza ma
nel dpcm non è stata inserita l'informazione di quando una attività può riaprire», ha detto Manoieri. Quella trovata dall'imprenditore calabrese è in effetti una piccola falla. Il suo è un locale aperto 24 ore su 24 e a differenza degli altri non ha esposto l'orario di apertura e chiusura. Ecco quindi che il dpcm, nel suo caso, risulta nullo.
«Io avendo una attività h24 non ho orario di apertura e quindi manca il mio orario di apertura», dice ancora Manoieri. Nei prossimi giorni? Mi adeguerò a quello che dice il dpcm e continuo a riaprire alle 00.15».
Caso analogo anche a Bologna. «Il riassunto è che nell'ultimo Dpcm del 13 ottobre hanno dato un orario di chiusura dei locali, ma non uno di apertura. Quindi, io posso chiudere alle 24 e riaprire alle 24.01. Abbiamo scelto di stare chiusi un'ora per sanificare tavoli, locali e spazi e riapriamo all'una. Dobbiamo lavorare per consentire ai nostri dipendenti di andare avanti». Così
Andrea Ferrari, titolare del Mavit Bar di fronte alla Stazione centrale di Bologna, spiega come sono riusciti a
tenere aperta l'attività già autorizzata a essere operativa 24 ore su 24.
«Non stiamo facendo nulla di irregolare - spiega il titolare dell'esercizio di viale Pietramellara - per il Dpcm, se ho il servizio al tavolo posso continuare fino alle 24, se non ho il servizio al tavolo fino alle 21, ma, potenzialmente, potrei fare servizio da asporto. Per evitare fraintendimenti, abbiamo scelto di chiudere a mezzanotte e riaprire il giorno dopo, cioè all'una vendendo da asporto panini e brioche.
Nel testo, infatti, non c'è scritto quando si può riaprire: noi siamo qui giorno e notte, un bar non è obbligato ad aprire alle 6 di mattina. Il Dpcm è stato pensato per i luoghi della movida, qui noi svolgiamo un servizio per viaggiatori e turisti».
Come sempre l’opinione pubblica si spacca in due. Da un lato fa sorridere e discutere come i decreti vengano emanati a raffica contenendo contraddizioni o disposizioni poco chiare o facilmente interpretabili ognuna a proprio piacimento. Dall’altra verrebbe da appellarsi alla coscienza civile di ognuno, forse non ci sarebbe bisogno di un decreto pignolo, puntiglioso che elenchi ogni minima eventualità per far capire alla gente - sia clienti che imprenditori - che occorre massima attenzione per limitare il diffondersi del covid e che varrebbe la pena attenersi alle norme senza trovare il modo per evaderle. Sono pur sempre disposizioni dello Stato: dura lex, sed lex.