Le Pmi sono riuscite a sopravvivere (non tutte) ai lockdown grazie ai prestiti chiesti ed ottenuti dalle banche. Tra queste imprese che hanno trovato un salvagente per restare a galla ci sono, ovviamente, tanti bar e ristoranti. Ora però i nodi di una crisi economica ancora in corso vengono al pettine: gli esperti dicono che ci sono 25-27 miliardi di euro di prestiti erogati dalle banche che le aziende beneficiarie rischiano di non riuscire a ripagare.
Pmi in difficoltà
La pressione per ottenere una proroga
Il tema è caldo, sia per le aziende che per le banche, anche perché l’Esecutivo non pare intenzionato a prorogare le garanzie sulle moratorie scadute il 31 dicembre. Gli istituti di credito alzano la pressione affinchè compaia qualcosa nel prossimo Decreto Ristori, ma al momento l’ipotesi sembra solo un sogno. Anche perché i tempi sono molto stretti a causa di un clima politico molto instabile considerando che la corsa al Quirinale che sta entrando nel vivo.
L’unica alleata in questa corsa sembra essere Laura Castelli, vice ministro all’Economia, la quale ha raccolto l’Sos di Abi e comunicato il suo impegno a prorogare il pacchetto di norme introdotte nel 2020 con un emendamento da inserire al Milleproroghe all’esame delle Camere.
43 miliardi oggetto di moratoria per le Pmi
Ma a quanto ammonta il credito che le Pmi devono restituire alle banche? A dicembre il volume si attestava a 43 miliardi di euro su 56 complessivi oggetto di moratoria. In totale, nel corso dei 18 mesi di pandemia sono stati 270 i miliardi di euro finanziati per rispondere alla necessità di 2,5 milioni di domande.
L’altra questione da affrontare è quella relativa alla gratuità della concessione dei finanziamenti. Attenendosi alle disposizioni dell’Unione europea, l’operatività straordinaria del Fondo per le Pmi è stata prorogata di un anno e mezzo e scadrà a giugno 2022, ma dal 1° aprile le concessioni saranno erogate solo con il pagamento di una commissione.
In più, dal 1° gennaio 2022 la copertura sui finanziamenti fino a 30mila euro passa dal 90 all’80%. Ma i banchieri sono preoccupati, temono che tutto ciò non basta e allora chiedono il ripristino delle flessibilità concesse all’Eba nella prima fase della pandemia così da non vedere riclassificata la posizione dei debitori. A rischio dunque ci sono le piccole realtà nel momento in cui verrà meno l’aiuto dello Stato, che siano Pmi oppure piccoli istituti di credito; il rischio è che si inneschi un circolo vizioso dato che proprio tra queste due realtà si contraggono gli affari più frequentemente.