Che lo sforzo economico messo in campo dal governo Conte con i quattro decreti Ristori non abbia precedenti è un dato di fatto. Ma, nonostante tutti gli sforzi, analizzando anche “a chi” questi aiuti di Stato sono andati in soccorso e "come" sono stati recuperati, si capisce subito che per la gran parte dei destinatari sono del tutto insufficienti.
Nel dettaglio, i contributi a fondo perduto concessi ai ristoratori, agli esercenti, agli artigiani e ai piccoli commercianti colpiti dal Covid hanno coperto mediamente il 25% circa delle perdite di fatturato subite quest’anno.
È quanto emerge da stime della Cgia. In una nota il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo spiega che «a seguito delle difficoltà di questi mesi, non è pertanto da escludere che almeno 350mila piccole e micro aziende di questi settori chiuderanno definitivamente la saracinesca entro la fine di questo mese, lasciando senza lavoro almeno 1 milione di addetti».
Almeno 350mila piccole e micro aziende chiuderanno a gennaio
Bisogna passare dalla logica dei ristori ai rimborsi«Pertanto, per
sostenere quelle
imprese che invece continueranno a tenere aperto è
necessario un cambio di marcia; passare dalla logica dei
ristori a quella dei
rimborsi. In primo luogo - prosegue Zabeo - indennizzando fino al 70% i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea».
Verso un peggioramento con il nuovo dcpmDall’inizio della crisi pandemica fino a oggi le risorse direttamente a
sostegno delle
imprese italiane ammontano a circa
35 miliardi di euro. «Nonostante ciò, questi aiuti sono stati, per la gran parte dei destinatari, del tutto
insufficienti. E dopo l’approvazione dell’ultimo
Dpcm, la situazione in questo
periodo natalizio è destinata a
peggiorare ulteriormente».
Limitatamente alle figure
artigiane e
commerciali, inoltre, «sarebbe necessaria una deroga all'attuale normativa in materia contributiva Inps, eliminando il versamento riferito al minimale prestabilito, consentendo così agli interessati al solo versamento dei contributi calcolati sull’effettivo reddito prodotto negli esercizi 2020 e 2021».
La Cgia ricorda che per l’anno in corso il
reddito minimale considerato per i commercianti e gli artigiani al fine della contribuzione previdenziale sfiora i 16mila euro. Di conseguenza, poiché i commercianti e gli artigiani hanno un’aliquota del 24% circa, il contributo minimale che dovrebbe essere eliminato consentirebbe un risparmio pro capite di circa 3.850 euro. Misura che potrebbe essere applicata solo per le attività ubicate nelle città d’arte, precisa la Cgia.
A gennaio a rischio tante piccole imprese«Con tante
tasse, una
burocrazia intollerabile e un crollo verticale degli investimenti pubblici e privati che non ha eguali negli ultimi decenni - afferma il segretario
Renato Mason - c’è una grossa novità che dal prossimo mese di gennaio rischia di mettere in seria difficoltà tante aziende, soprattutto di piccola dimensione. Ci riferiamo alla nuova definizione introdotta dall’Unione Europea in materia di default».
«Dopo aver abbassato la soglia di
sconfinamento per
cittadini e
imprese, per evitare gli effetti negativi dei crediti deteriorati Bruxelles ha imposto alle
banche l’azzeramento in 3 anni dei
crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. È evidente - prosegue Mason - che l’applicazione di questa misura, indurrà moltissimi
istituti di
credito ad adottare un atteggiamento di
estremo rigore nell’erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite nel giro di pochi anni. Una soluzione, quella decisa dall’Ue, che sebbene abbia una sua validità in tempi normali, appare del tutto inopportuna in un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo e, purtroppo, vivremo almeno per un altro anno».