Un equilibrio difficile, forse impossibile, tra la tutela dei concessionari e la necessità di aprire alla concorrenza. Il tema dei balneari, da anni ormai, è di quelli caldi. L'iter per la legge sulla concorrenza ha subito diversi stop, ma ha visto una svolta novembre dello scorso anno, quando il Consiglio di Stato, tra le proteste, aveva varato il blocco delle concessioni.
Balneari e concessioni, di mezzo c'è l'Europa
L’ennesima scossa a una vicenda che si trascina da almeno 15 anni, come detto, è arrivata con la sentenza del Consiglio di Stato che a fine novembre ha annullato la proroga al 2033 delle concessioni balneari e imposto le gare entro due anni. È solo l’ultimo atto – finora - di un valzer di interventi politici, amministrativi, normativi, giudiziari che partono dalla famigerata diretta europea Bolkenstein del 2006; secondo la quale le concessioni balneari devono essere messe a gara. Anche questo comparto, dice in soldoni la Ue, deve reggersi sui principi della concorrenza, del libero mercato, della libera circolazione dei servizi all’interno del mercato europeo. Gli stabilimenti balneari devono essere messi a gara e affidati a chi offre di più in termini di servizi alla clientela e remunerazione al concessionario.
L'impatto sul tessuto imprenditoriale locale
C’è un però. Il presumibile arrivo dei big del turismo mondiale sulle spiagge italiane non faticherebbe più di tanto a mettere fuori gioco una parte anche importante del tessuto di piccola imprenditorialità italiana - dei suoi investimenti, del suo futuro - che oggi conta circa 30mila aziende balneari. Da qui una levata di scudi pressoché generale della politica e una serie di interventi normativi (l’ultimo, nel 2019, un decreto del Governo che prorogava le concessioni fino al 2033) e giudiziari (ultima, la sentenza del Consiglio di Stato di novembre che a sua volta annullava quella proroga). Il tutto, ovviamente, sotto la spada di Damocle di una procedura di infrazione europea contro l’Italia.
Il Sindacato balneari chiede chiarezza
«Vogliamo evitare una vera e propria confisca delle aziende balneari italiane, spesso piccole realtà a conduzione familiare, espressione di un grande valore economico e sociale, e arrivare a un giusto bilanciamento tra l'esigenza della concorrenza e la tutela delle legittime posizioni che possono vantare i concessionari». Così si è espresso Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sib, Sindacato balneari della Confcommercio, impegnato in queste settimane in una girandola d’incontri su e giù per l’Italia.
«A questo punto è indispensabile un intervento normativo che risolva definitivamente la problematica delle concessioni demaniali marittime - ha spiegato Capacchione - Bisogna evitare il caos amministrativo causato dalla sentenza del Consiglio di Stato ed evitare che la situazione precipiti. Il Governo coinvolga le parti interessate, le Regioni e i Comuni titolari di diverse funzioni in questo campo e si discuta alla luce del sole un urgente e non più procrastinabile intervento legislativo che eviti il caos e salvaguardi la balneazione attrezzata italiana, che, lo sappiamo, costituisce un comparto cruciale e strategico per il Paese».
L’obiettivo è arrivare a un bilanciamento degli opposti interessi (tutela delle legittime posizioni dei concessionari in uno scenario che si apre alla concorrenza), e per farlo serve un accordo tra tutte le parti che si traduca in un preciso atto normativo (un tavolo tecnico è aperto al ministero del Turismo).
Antonio Capacchione del Sindacato balneari Confcommercio
C'è anche la politica
Continuano anche le scaramucce giuridiche, con Fratelli d’Italia che ha proposto un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale contro la sentenza del Consiglio di Stato; e continuano i bisticci con l’Unione Europea: «Ci sarebbero tanti argomenti per aprire un contenzioso - si è sfogato Capacchione - Visto che la direttiva Bolkestein riguarda i servizi e non i beni come le spiagge, e soprattutto ammette deroghe se la risorsa non è scarsa: e l’Italia ha migliaia di chilometri di spiagge libere in cui applicare i principi di concorrenza senza toccare i titoli già in essere».
...e la Corte dei Conti
Anche la Corte dei conti, suo malgrado, è stata trascinata nell’arena. Un’analisi condotta su dati della società di consulenza Nomisma, secondo quanto riportato dal Fatto quotidiano, rivelerebbe come su un giro d’affari stimabile in 15 miliardi l’anno, i concessionari avrebbero versato allo Stato solo lo 0,6% dei ricavi nel quinquennio 2016-2020.
Pronta la replica dei balneari, per voce del presidente del Sib: «Si tratta di dati assolutamente non coerenti perché il giro d’affari stimato in 15 miliardi non si riferisce all’attività degli stabilimenti, ma alle utilità generali delle località marine che li ospitano. E anche il dato dell’esborso è parziale, perché non sono conteggiati addizionali e canoni che vengono pagati a Comuni e Regioni».
Intanto, per la prima volta una Procura della Repubblica italiana, a Genova, ha appena disposto il dissequestro di uno stabilimento balneare col preciso scopo di riaffidare il bene demaniale al Comune e ridarlo in concessione. Come? Con un bando di gara.