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Niente aiuti sugli affitti agli esodati dei Sostegni. Esclusi anche dal credito d'imposta

Per le partite Iva che non hanno ricevuto un euro dal Governo perché hanno perso molto di più di quello che possono dimostrare si tratta dell'ennesima beffa che nasce da un sistema di calcolo illogico. A loro restano 20 milioni di euro di aiuti a fondo perduto da spartirsi. Una cifra irrisoria per i circa 3-4mila bar e ristoranti coinvolti

26 maggio 2021 | 12:45
Niente aiuti agli esodati, nemmeno per gli affitti Niente aiuti sugli affitti agli esodati Esclusi anche dal credito d'imposta
Niente aiuti agli esodati, nemmeno per gli affitti Niente aiuti sugli affitti agli esodati Esclusi anche dal credito d'imposta

Niente aiuti sugli affitti agli esodati dei Sostegni. Esclusi anche dal credito d'imposta

Per le partite Iva che non hanno ricevuto un euro dal Governo perché hanno perso molto di più di quello che possono dimostrare si tratta dell'ennesima beffa che nasce da un sistema di calcolo illogico. A loro restano 20 milioni di euro di aiuti a fondo perduto da spartirsi. Una cifra irrisoria per i circa 3-4mila bar e ristoranti coinvolti

26 maggio 2021 | 12:45
 

Altra beffa per gli imprenditori “esodati” dai decreti Ristori e Sostegni: esclusi dagli aiuti a fondo perduto e ora perdono anche il credito d’imposta affitti che il Decreto Sostegni bis (in corso di pubblicazione, dopo diverse discussioni) ha prolungato fino al 31 luglio 2021 e che spetta alle attività economiche che dimostrino una riduzione del fatturato almeno del 30% nel periodo 1 aprile 2020-31 marzo 2021.

L’ammontare del contributo resta invariato rispetto a quanto previsto già dal Decreto Cura Italia, il primo varato dal Governo per sostenere le imprese italiane, era il 17 marzo 2020.

Niente aiuti agli esodati, nemmeno per gli affitti Niente aiuti sugli affitti agli esodati Esclusi anche dal credito d'imposta

Niente aiuti agli esodati, nemmeno per gli affitti


A quanto ammonta il contributo?

Per le strutture alberghiere, agrituristiche e per le agenzie di viaggio, turismo, tour operator e stabilimenti termali:
  • del 60% dell'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo
  • del 50% dell’ammontare mensile dei canoni per affitto d’azienda;

Indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d’imposta precedente.

Per tutti gli altri soggetti spetta sempre sotto forma di credito d’imposta nella misura
  • del 60% dell'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo
  • del 30% dell’ammontare mensile dei canoni per affitto d’azienda.

Gli esodati, quelli che non possono dimostrare le loro perdite

Prima di addentrarci nel paradosso, un passo indietro per ricordarci chi sono gli “esodati” di cui fanno parte - secondo alcune stime della Federazione italiana pubblici esercizi - circa 3-4mila attività: con questo termine si intendono tutte le partite Iva che non hanno potuto ricevere un euro di aiuti dal  Governo perché hanno iniziato a fatturare nel corso del 2019 e così il confronto tra i fatturati 2020 (anno della pandemia) e quelli del 2019 era tutto sommato equilibrato. Ma si parla di incassi irrisori e da qui nasce il loro “esodo”: sia Conte col Decreto Ristori che Draghi con il Sostegni hanno impostato le quote di aiuti confrontando i bilanci 2019 con quelli 2020, prima centrando tutto sul mese di aprile e poi - accorgendosi della faciloneria di questo metodo - estendendo il paragone a tutto l’anno aiutando chi dimostrava di aver perso almeno il 30%.

Ma l’errore sta alla radice, ovvero nel considerare tutte le attività uguali e nel vedere il 2019 come l’anno d’oro per tutti. Il 2019 è stato si un grande anno di affari, ma proprio per questo ha aperto due scenari che hanno generato gli esodati: da un lato chi si è lanciato in nuove aperture proprio nel corso dell’anno fiutando il clima favorevole, dall’altro chi ne ha approfittato per fermare un attimo l’attività e lavorarci con interventi di miglioramento finanziati dal gruzzoletto messo via nei mesi precedenti.

L'affitto, costo fisso che affossa i locali

Il "no" all'accesso al credito d'imposta per i canoni d'affitto non è solo uno schiaffo simbolico ad alcune attività, ma anche un ulteriore fardello economico da cui le stesse non potranno liberarsi. Una delle battaglie più calde che i ristoratori stanno conducendo dall'inizio della pandemia per cercare di salvare le proprie attività è proprio quella della rinegoziazione dei canoni d'affitto. La motivazione degli imprenditori è: siamo più chiusi che aperti, non lavoriamo quasi più, stiamo fallendo, rivediamo almeno il canone d'affitto che potrebbe essere proporzionato all'utilizzo che facciamo dell'immobile. La reazione dei titolari di immobili però è sempre rimasta piuttosto ferma sulle proprie posizioni: se abbassiamo tutti i canoni, anche noi ci perdiamo e l'immobile lo diamo in affitto a voi senza sapere come e quando lo utilizzate.

l Modello Rli aggiornato

Soprattutto la Fipe ha preso in mano la questione da subito chiedendo a gran voce interventi "dall'alto", ma poco si è mosso. Rinegoziare un canone però è possibile e nemmeno tanto raro. Il 3 luglio dell'anno scorso, per facilitare tutte le operazioni che riguardano la gestione di un contratto d'affitto, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato il Modello RLI 2021 che ora è stato aggiornato ed è scaricabile in allegato Pdf.

Oltre alla registrazione, risoluzione del contratto d’affitto e scelta della cedolare secca, il modello RLI 2021 consente di comunicare la rinegoziazione del canone di locazione. Il modello RLI serve per tutti gli adempimenti legati alle locazioni. Oltre a quelli sopra indicati, bisogna utilizzarlo anche per la proroga, la cessione o il subentro nell’affitto.

Istruzioni modello Rli 2021: compilazione e modalità di presentazione

Come sopra anticipato, il modello RLI serve per richiedere all’Agenzia delle Entrate la registrazione di contratti di locazione e affitto di immobili ma non solo.

Si tratta di una sorta di “modello unico” dedicato agli affitti e serve anche per comunicare:

  • la proroga di contratti di affitto;
  • eventuali cessioni o subentri;
  • risoluzione di un contratto di locazione;
  • rinegoziazione del canone d’affitto.

Le istruzioni delle Entrate

Nelle istruzioni dell’Agenzia delle Entrate viene chiarito che i contribuenti possono utilizzare il modello Rli anche per l’esercizio dell’opzione o per la revoca del regime di tassazione a cedolare secca, nonché per comunicare i dati catastali dell’immobile dato in affitto.

Uno dei dati obbligatori che bisognerà inserire nel modello Rli, all’interno del quadro A, è il codice relativo alla tipologia di contratto oggetto della comunicazione, informazione necessaria anche per il calcolo dell’imposta di registro dovuta.

Ad esempio: nella categoria L1 rientrano le seguenti tipologie di contratti di locazione di immobile ad uso abitativo:

  • a canone libero, durata 4 anni + 4;
  • a canone concordato, durata 3 anni + 2;
  • di natura transitoria, durata massima 18 mesi;
  • di natura transitoria per studenti universitari;
  • di durata non superiore a 30 giorni, soggetti a registrazione in caso d’uso.


I contratti a canone concordato, durata 3 anni + 2 e i contratti di natura transitoria per studenti universitari, aventi ad oggetto immobili ubicati in comuni ad alta densità abitativa, come tutti gli altri contratti per i quali è previsto un regime fiscale agevolato rientrano nella tipologia di contratto da indicare con il codice L2.

Come registrare un contratto d’affitto con modello Rli

Il modello Rli, come già anticipato, deve essere utilizzato per la registrazione dei contratti d’affitto, qualora non venga eseguita la procedura online. Chi intende registrare un contratto presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate dovrà presentare i seguenti documenti:

  • almeno due copie, con firma in originale, del contratto da registrare;
  • la richiesta di registrazione, ossia il modello Rli compilato;
  • se i contratti da registrare sono più di uno, bisogna predisporre un elenco utilizzando il «modello RR», in cui vanno indicati i contratti da registrare;
  • i contrassegni telematici per il pagamento dell’imposta di bollo (ex marca da bollo), con data di emissione non successiva alla data di stipula, da applicare su ogni copia del contratto da registrare. L’importo dei contrassegni deve essere di 16 euro ogni 4 facciate scritte e, comunque, ogni 100 righe;
  • la ricevuta di pagamento dell’imposta di registro effettuata con Modello F24 Elementi identificativi. I contribuenti che hanno optato per la cedolare secca (regime sostitutivo) non devono versare l’imposta di registro ma sono tenuti al pagamento dell’imposta sostitutiva (acconto e saldo) da versare entro gli stessi termini previsti per l’Irpef.


Dopo la richiesta di registrazione del contratto, l’ufficio:

  • restituisce timbrata e firmata la copia del contratto se la registrazione è contestuale alla ricezione;
  • rilascia la ricevuta dell’avvenuta consegna e comunica al contribuente quando sarà disponibile la copia del contratto registrato. Questo avviene quando la registrazione non è contestuale alla ricezione ma differita.

Modello Rli per la risoluzione del contratto di affitto

Il modello Rli si utilizza anche per la risoluzione del contratto di affitto. Anche in questo caso l’invio del modulo può essere effettuato o in modalità telematica, direttamente o tramite intermediario, ovvero presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

In caso di risoluzione, nella casella Adempimenti successivi dell’RLI bisognerà indicare il codice 4, la data relativa all’adempimento selezionato e gli estremi del contratto. In presenza di un corrispettivo, deve essere compilato l’apposito campo (nel caso in cui è prevista la risoluzione con pagamento contestuale del corrispettivo va indicato il codice 7).

Sia nel caso in cui sia il conduttore a voler chiudere in anticipo e prima della scadenza il contratto di locazione che quando si tratta di una scelta del locatore è obbligatorio compilare e inviare il modello Rli e versare l’imposta di registro in misura fissa pari a 67 euro.

Il pagamento dell’imposta di registro per il recesso anticipato è a carico di entrambe le parti, ma l’onere è in capo al locatore, il quale, in un secondo momento, potrà rivalersi sul conduttore per ottenere il rimborso della metà della somma versata (ex art. 8, L. n. 392/1978).


I fondi perduti insufficienti: stanziati 20 milioni ma ne servirebbero 400

Tra questi esodati, solo le start-up sono riuscite a ricevere una “mancia” da mille euro - il minimo previsto - dai decreti, ma agli altri nulla. E a nulla è servito ampliare la platea dei destinatari del fondo perduto (pari a 15 miliardi per quanto riguarda il Sostegni Bis) che ora sono 370mila in più, anzi ha generato altri paradossi a catena: chi è escluso dal credito d’imposta sugli affitti è escluso dal fondo perduto e dunque è escluso anche dal tax credit. E fa ridere - di rabbia e sconforto - il fatto che il Decreto Sostegni 1 abbia stanziato 20 milioni di euro per gli esodati quando - secondo alcuni calcoli - ne servirebbero almeno 400 di milioni. Un simbolo, in tutti i sensi, di una politica economica miope che affossa l’imprenditoria italiana.


© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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