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Il fronte dei contratti di lavoro scalda il mondo dell'accoglienza

Dal turismo alla ristorazione, passando per il delivery il lavoro è sempre più centrale. La data del 31 marzo - sblocco dei licenziamenti - si avvicina e con essa giungono al pettine i nodi dei contratti a termine

 
08 marzo 2021 | 11:48

Il fronte dei contratti di lavoro scalda il mondo dell'accoglienza

Dal turismo alla ristorazione, passando per il delivery il lavoro è sempre più centrale. La data del 31 marzo - sblocco dei licenziamenti - si avvicina e con essa giungono al pettine i nodi dei contratti a termine

08 marzo 2021 | 11:48
 

Il fronte dei contratti di lavoro si fa sempre più caldo all’avvicinarsi della data del 31 marzo che, a meno di sconvolgimenti, dovrebbe dare il via allo sblocco dei licenziamenti. Tema spinoso che si lega a doppio filo con l’attesa per il decreto legge “Sostegni” (che prende il posto del “Ristori V”) e i fondamentali del modello di business messo in campo da ristorazione e turismo (che per natura fanno ampio ricorso ai contratti a termine). Insomma, una matassa di questioni che hanno bisogno di una rapida soluzione. Così come si attendono sviluppi anche dal mondo del delivery che deve fare i conti con le attività di verifica portate avanti dalla procura di Milano e che sono culminate, nelle scorse settimane, nella richiesta di assumere 60mila rider.

Il 31 marzo dovrebbe concludersi lo stop ai licenziamenti - Il fronte dei contratti di lavoro scalda il mondo dell'Horeca

Il 31 marzo dovrebbe concludersi lo stop ai licenziamenti

La data X: 31 marzo 2021
Secondo le norme vigenti, a fine marzo di quest’anno dovrebbe essere sospeso il blocco dei licenziamenti attivo dal 17 marzo 2020. Detto diversamente, dal 31 del mese, tornerà possibile per le aziende licenziare i dipendenti coperti da contratti individuali e collettivi. Su questo il Governo sta pensando a un’ulteriore proroga al 30 giugno che dovrebbe rientrare negli interventi del decreto legge Sostegni. Contestualmente, dovrebbe essere previsto il rifinanziamento della cassa integrazione Covid per tutto l’anno così da traghettare le aziende verso una ristrutturazione necessaria ma che non si vuole trasformare in una campagna lacrime e sangue.

A dicembre 2020, infatti, l’Istat registrava un calo di 444mila occupati rispetto all’anno precedente. Il tasso di occupazione è sceso in un anno dello 0,9%, quindi. E a farne le spese sono stati soprattutto i lavoratori precari ovvero dipendenti con contratti flessibili, stagionali, oltre che le partite Iva. Tra i lavoratori subordinati invece i danni sono stati contenuti proprio per via del blocco dei licenziamenti e grazie alla cassa integrazione che, ricordiamo, ha riguardato oltre 7 milioni di lavoratori. E che secondo le stime di Bankitalia avrebbe salvato circa 600mila dipendenti.

In questa direzione, per esempio, va anche il rifinanziamento del reddito di cittadinanza (che dovrebbe costare circa un miliardo di euro alle casse dello Stato) e la proroga del sussidio di emergenza. Per quanto riguarda la norma bandiera del Movimento 5 Stelle, sarebbero circa 1,2 milioni le famiglie interessate pari a circa 2,8 milioni di persone coinvolte.

Il rinnovo dei contratti a termine
Per quanto riguarda i lavoratori con contratto a termine, che spesso rappresentano la spina dorsale di comparti come quello ricettivo e ristorativo, la questione si fa più sfumata. Qui il tema non è il liberi tutti di fine marzo, quanto la possibilità di attivare nuovi contratti che tengano conto della flessibilità resa necessaria dalla situazione; in cui aperture e chiusure continuano ad alternarsi senza sosta. Nel clima di incertezza sul prossimo periodo (in cui ci si attendono nuove strette a causa della progressiva accelerazione della pandemia), il 31 marzo segna la conclusione della possibilità di prorogare il contratto a termine in regime semplificato. Leggi: senza causale.

Insomma, alle aziende resterebbero 20 giorni per sfruttare (laddove non lo avessero già fatto) questa possibilità e allungare di 12 mesi il contratto a termine (vale anche per le somministrazioni a termine) del proprio dipendente. Una manovra che dovrebbe essere prorogata con l’obiettivo di salvare quanti più posti possibili. Nel 2020, infatti, sono 1,4 milioni i contratti a termine persi mentre a dicembre risultavano 393mila in meno gli occupati con contratto a termine. Mentre, come riporta Il Sole 24 Ore, al 2 marzo 2021 solo 713mila su 3,4 milioni di lavoratori a termine a fine 2020 risultavano ancora occupati. Solo il 20,5%. Una quota bassissima che si spiega con il fatto che la durata del contratto a termine in media dura meno di 30 giorni.

Per venire incontro alle aziende, il legislatore è intervenuto varie volte per alleggerire le maglie del decreto legge Dignità che normava questo tipo di rapporto di lavoro. Detto dell’abbandono temporaneo della causale, le imprese possono contare anche sulla deroga della pausa fra un contratto e l’altro (solitamente di 10-20 giorni) e sul tetto massimo di 4 proroghe per ciascun contratto. Certo proroghe e rinnovi sono esclusiva facoltà di chi non lo abbia già utilizzato in precedenza. Un problema se si pensa che il contratto a termine rappresenta il primo passo nel mondo del lavoro per circa il 70% dei neoassunti.

Come ricordato da Aldo Bottini, presidente nazionale dell’Associazione giuslavoristi italiani, sempre su Il Sole 24 Ore, sarebbe «opportuno considerare l’eventualità di sospendere tout court l’obbligo causale, senza il limite di una sola volta, fermo restando il rispetto degli altri limiti di legge. E ciò quantomeno per l’anno in corso, se proprio non si vuole prendere atto che l’introduzione della causale ad opera del decreto Dignità è stato un errore».

Che ne sarà dei rider?
Sul tema contrattuale, la battaglia più grande è quella che riguarda i rider. Detto dei risultati delle verifiche della procura di Milano, la questione è lungi dall'essere risolta. Anzi, con l'operazione della magistratura si è riacceso un faro sulle condizioni di lavoro dei ciclofattorini. Lavoratori sì, essenziali pure (visto il massiccio ricorso al delivery soprattutto nelle grandi città), autonomi non proprio ma dipendenti non ancora. A ribadirlo, per esempio, sono i 600 contratti pirata registrati nel corso degli ultimi otto anni dal Cnel. Si tratta di quei contratti collettivi sottoscritti da enti privi di rappresentatività effettiva che finiscono con il favorire il fenomeno del dumping socio-economico. Tema sul quale, al prossimo giro di decreti, sia possibile trovare finalmente una convergenza di privati, pubblico e parti sociali.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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