Le Regioni da un lato, il Governo dall'altro. Nel mezzo un Paese intero che aspetta di conoscere i contenuti del nuovo Dpcm che entrerà in vigore dal 6 marzo e durerà fino al 6 aprile; Pasqua compresa, dunque. Il tavolo di confronto è stato l'incontro fra Governo e la Conferenza delle Regioni tenutosi il 25 febbraio che ha visto protagonisti la ministra per le Autonomie, Mariastella Gelmini, e il ministro della Salute, Roberto Speranza. Presenti anche il presidente dell’Associazione Comuni (Anci) Antonio Decaro e quello dell’Unione delle Province (Upi) Michele de Pascale.
Attesa per l'esito dell'incontro fra Stato e Regioni
Gelmini: domani la bozza del Dpcm
Iniziato alle 9.15, in videocollegamento, l'incontro ha prodotto alcuni risultati, ma non ha risolto tutti i dubbi posticipando alcune decisioni a data da destinarsi. La prima, buona, notizia è che «il Governo sta lavorando intensamente in queste ore sul nuovo provvedimento anti-Covid. Sono naturalmente in costante contatto con Palazzo Chigi e contiamo di farvi avere, nella giornata di domani (26 febbraio, ndr), con grande anticipo rispetto alla scadenza del 5 marzo, una prima bozza del Dpcm», ha affermato Gelmini. Un cambio di passo non da poco visto l'andamento delle comunicazioni del Governo Conte e la figuraccia dello stop allo sci comunicato a meno di 24 ore dalla prevista riapertura degli impianti.
Sempre Gelmini ha confermato il mantenimento del sistema a zone colorate, aprendo comunque a eventuali aggiornamenti o migliorie: «Il sistema dei parametri per definire i colori delle zone in Italia nell’emergenza Covid si può affinare, ma probabilmente non con il decreto in arrivo. Ci vorrà un tavolo tecnico. In ogni caso, per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche, le chiusure non entreranno più in vigore di domenica ma di lunedì». Un cambiamento, quest'ultimo, che va nella direzione indicata dalle Regioni e da tutti gli stakeholder che da tempo chiedono di avere margini per la programmazione della propria attività.
Fra gli altri argomenti emersi durante la Conferenza Stato-Regioni, c'è stato poco spazio per le deroghe alla linea rigorista assunta dal Governo Draghi. «Stiamo lavorando per una graduale riapertura dei luoghi di cultura. Il ministro Franceschini ha avviato un confronto con il Cts per far in modo che, superato il mese di marzo, si possano immaginare riaperture con misure di sicurezza adeguate. È un percorso, non è un risultato ancora acquisito. Ma è un segnale che va nella giusta direzione», ha affermato Gelmini che in questo modo traccia anche un sentiero di speranza per le altre attività economiche.
L'asse bipartisan dei governatori: libertà di scelta fra servizio a pranzo o a cena
Un raggio di speranza per i presidenti di Regione che, prendendo le parti dei ristoratori piegati dalle limitazioni alla propria attività, hanno chiesto di rivedere la norma di chiusura serale. Argomento che ha dato vita a un asse bipartisan che vede coinvolti Giovanni Toti (Liguria), Luca Zaia (Veneto) e Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna). La tesi comune è questa: nel caso non fosse possibile riaprire i ristoranti per cena, i governatori chiedono almeno che gli esercizi possano scegliere quale delle due fasce di servizio attivare affinché la ripresa dell'attività sia in linea con il business plan delle imprese.
«Io ho chiesto al Governo che possano decidere i ristoratori se almeno aprire a pranzo o a cena», ha affermato alla vigilia dell'incontro fra Stato e Regioni il governatore dela Liguria. Sulla stessa linea il governatore del Veneto: «Spero nel prossimo Dpcm ci sia un'analisi molto più profonda rispetto alle diverse attività. Mi riferisco ad esempio ai ristoranti aperti a pranzo e chiusi a cena. Così la gente non capisce - dice Zaia - Il mondo va nella direzione dei test rapidi, dei test di seconda e terza generazione e dei fai da te ad invasività zero».
Lo stesso Zaia ha successivamente rilanciato sull'alleanza interregionale: «Con il collega Bonaccini e con gli altri governatori abbiamo posto la questione che le misure abbiano ragionevolezza». Se è vero che «non è pericoloso aprire alle 12.00 lo sia anche alla sera. Penso sia ragionevole. Così vale anche per altre attività, se alcune sono chiuse e altre con maggiore assembramento aperte, lo si deve spiegare ai cittadini. Non è questione di principio ma di giustizia. Abbiamo chiesto al Governo l’impegno di entrare nelle singole attività, non con il semplice codice Ateco».
Posizione condivisa anche da Toti convinto che «dopo la Conferenza delle Regioni di stamani penso si possa e si debba fare di più. Il Paese ha certamente aree dove il virus sta correndo forte, ma anche zone a minore rischio. Quindi perché non applicare le zone gialla, arancione e rossa dove ce ne è assoluto bisogno e non a intere regioni dove magari la situazione è molto diversa da luogo a luogo?».
Fipe-Giorgetti: rischio dietrofront?
Posizioni (governative) e proposte (regionali) che sembrano sceditare l'impegno preso dal ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, nell'incontro con Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Non più tardi di martedì 24 febbraio, infatti, la federazione si diceva soddisfatta dell'esito dell'incontro con il ministro. Sul tavolo, la proposta delle riaperture serali e l'evidenza (sostenuta anche dal Cts) che non ci sia alcuno studio scientifico che dimostra la maggiore contagiosità di bar e ristoranti (stante l'osservanza dei più rigidi protocolli).
«Si è trattato di un incontro positivo - ha detto il presidente di Fipe, Lino Stoppani - che serviva per dare seguito a quello avuto con Patuanelli e anche per segnare un cambio di passo importante considerato l’alto profilo del nuovo premier e la campagna vaccinale in evoluzione. In particolare, ci hanno soddisfatto tre criticità individuate dal ministro: da una parte, ha voluto ribadire l’importanza di dare dignità a ogni lavoratore, dipendente o autonomo e senza prospettive questa la si lede; dall’altra, ha accolto la nostra idea di intervenire sul Ristori 5 per distribuire in modo selettivo e progressivo gli aiuti, ovvero destinandoli alle imprese davvero in difficoltà e in misura pari alle dimensioni del singolo bisogno perchè un conto è denunciare una perdita di fatturato del 20% e un altro è di denunciarne una dell'80%. Inoltre, si è parlato dell’integrazione, all’interno del Pnrr (Piano nazionale di ripartenza e resilienza), di un progetto dedicato al rilancio dei pubblici esercizi, attore fondamentale per le filiere turistica e agroalimentare; infine ha citato il valore sociale dei pubblici esercizi in un tempo in cui si parla tanto di transizione ecologica e digitale rischiando di dimenticarsi dell’impatto che le nostre attività hanno sul tessuto sociale italiano».
Progetti e intenti che lasciano comunque aperta una domanda: quando di può riaprire? Al momento solo a pranzo nelle zone gialle. E, visto il diffondersi delle varianti e i ritardi della campagna di vaccinazione, così rischia di essere per i prossimi mesi. Tutto, però, rimane appeso ai contenuti del Dpcm che saranno ufficialmente annunciati lunedì prossimo. Mentre già da questa settimana, anche le ordinanze sul cambio di fascia saranno operative da lunedì. Secondo le prime indiscrezioni, però, gli allentamenti saranno minimi. Ed è già certo il divieto di spostamento interregionale fino al 27 marzo.
A fine marzo tocca a cinema e teatri?
Il 27 marzo (giorno della Festa del teatro) dovrebbe essere anche la volta buona per la riapertura di cinema e teatri. Ovviamente con modalità fortemente condizionate dalla pandemia. In particolare, secondo le prime interlocuzioni fra ministero della Cultura, della Salute e Cts, il protocollo dovrebbe prevedere biglietti nominativi e prenotati online (per avere la certezza di poter effettuare il tracciamento), ingressi contingentati, mascherine FFp2 obbligatorie per tutta la durata dello spettacolo, sala sanificata alla fine di ogni spettacolo e ultima visione con termine alle 22.
Scoppia la bagarre nel governo
Sul tema delle riaperture e delle limitazioni, però, il fronte bipartisan regionale è andato in frantumi a livello governativo con il botta e risposta fra Matteo Salvini e Nicola Zingaretti. «Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi di chiusura e di paura. Se ci sono situazioni locali a rischio, si intervenga a livello locale. Però parlare oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani». Così il segretario della Lega, Matteo Salvini parlando ai cronisti, fuori dal Senato, di riaperture e ipotesi di lockdown in Italia. «La parola al buon senso - ha premesso - I sindaci di tutta Italia e di tutti i colori politici chiedono di riavviare alcune attività economiche, sociali, imprenditoriali che non comportano alcun rischio».
«Vedo che, sulla pandemia, Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l’Italia», ha scritto Nicola Zingaretti su Facebook. «Prima sono state le mascherine, che erano inutili, ora, cavalcando la stanchezza di tutti, si attaccano le regole per la Pasqua. Quello che è irrispettoso per gli italiani e gli imprenditori è mettere a rischio le loro vite e prolungare all’infinito la pandemia e quindi la possibilità di avere la ripresa economica. Buon senso e coerenza è avere una linea indicata dal Governo e rispettarla. Così si sta in una maggioranza e si danno certezze alle persone. I problemi si risolvono, non si cavalcano», ha aggiunto il leader del Pd.
Il bollettino del 25 febbraio
Proposte, progette e polemiche devono poi fare il conto con la realtà dei fatti che, secondo il bollettino diffuso dal ministero della Salute, nelle ultime 24 ore vede aumentare i contagi con 19.886 casi a fronte dei 16.424 di ieri. Sale così a 2.868.435 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 308 (ieri erano +318), per un totale di 96.974 vittime da febbraio 2020. Gli attuali positivi, quindi, sono 396.143 (e dal 15 febbraio non si supera la soglia dei 400mila). A livello generale, preoccupa l'inversione di tendenza dell'Rt ormai stabilmente sopra l'1.
Infine, I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 353.704 (nuovo record), ovvero 13.457 in più rispetto a ieri quando erano stati 340.247. Il tasso di positività è 5,6% (l’approssimazione di 5,6%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti più di 4 sono risultati positivi; ieri era 4,8%.