Bar e ristoranti, finalmente, potrebbero essere equiparati a imprese normali, in merito a cassa integrazione e sussidi. È quanto emerge dalla bozza (35 pagine) di linea guida per la riforma degli ammortizzatori sociali, redatta dalla commissione di esperti nominati a luglio da ministro del Lavoro, Nunzio Catalfo.
Cassa integrazione starordinaria e ordinaria sono estese a tutte le imprese di ogni settore
Come riporta il Sole 24Ore, infatti, l
a cassa integrazione straordinaria si estende a tutti i settori e a tutte le imprese, a prescindere dal numero di occupati (si propone di eliminare «il riferimento ai 15 dipendenti» oggi previsto dalla riforma del 2015). Si chiede, inoltre, di rendere «strutturale» la Cigs per cessazione, da poco introdotta: 12 mesi di intervento, prorogabili di 6 mesi, per il completamento del piano di cessione e o di reindustrializzazione delle aree dismesse. Anche la cassa integrazione diventa universale. A quest’ultima è stata inoltre proposta una nuova casuale “calamità naturali e stati di emergenza dichiarati con Dpcm”, passando da due a tre. No a Cig in deroga e Fis (Fondo d’integrazione salariale).
Gli autonomi avranno così «un ammortizzatore», a regime pure a proprie spese, di 12 mensilità, o di 18, se parificato al reddito di cittadinanza.
Cigo e Cigs resteranno di 24 mesi (nel quinquennio mobile), elevabili a 30 mesi in determinati casi; per accedervi il requisito minimo richiesto è di 90 giorni di anzianità lavorativa; si chiede però di alzare i tetti di sussidio (oggi 80%) e si suggerisce inoltre di introdurre «una soglia minima di importo» anche qui pari al reddito di cittadinanza o all’assegno sociale.
Nel testo, invece, presente solo un accenno alle politiche attive, che dovrebbero essere centrali nella riforma, stando alle dichiarazioni dello stesso ministro Catalfo. Per la Cigo si parla di mettere in campo generiche «politiche della qualificazione del lavoro», per la Cigs si prevede «l’utilizzabilità dei cassintegrati in attività formative» o a «progetti di utilità collettiva».
Altro aspetto delicato: la contribuzione. La bozza di ipotizza un modello di finanziamento che va a gravare sin da subito, per un periodo iniziale indicato in un triennio, sulla fiscalità generale, mantenendo poi, a regime, il meccanismo assicurativo basato sulla contribuzione dei datori di lavoro e dei lavoratori, prevedendo però, in particolare per le integrazioni straordinarie, una maggiorazione dei contributi ordinari a carico, differenziati in ragione alle dimensioni aziendali, oltre a un aggravio del contributo addizionale. Anche la Naspi, l’indennità di disoccupazione si allarga a gran parte dei collaboratori (si supera la Dis-coll) e agli autonomi iscritti esclusivamente alla gestione separata Inps. Si prevedono 6 mesi di sussidio minimo, a prescindere dal requisito contributivo (restano i 30 giorni di lavoro effettivo).
Un’altra novità è l’estensione del contratto di espansione alle imprese con almeno 500 addetti (oggi la soglia è mille).
«La proposta di riforma degli ammortizzatori socilai è ambiziosa, ma va verificata sotto il profilo della sostenibilità – commenta
Sandro Mainardi – ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna, e big della consulenza alle imprese – Le politiche attive sono quasi del tutto assenti, mentre la previsione di tetti minimi per i sussidi, equilibrati sul Rdc o sull’assegno sociale, rivela la forte matrice assistenziale del progetto. L’impegno contributivo datoriale appare estendersi anche in virtù dell’introduzione della durata minima della Naspi, la quale pure dovrà trovare opportune forme di finanziamento a carico delle imprese».