Il mondo della ristorazione torna sul piede di guerra, anche se ormai a prevalere sembra essere la delusione e la sconsolazione per le continue porte in faccia sbattute dal Governo di fronte alle richieste degli addetti ai lavori. Porte che si chiudono per i locali (bar e ristoranti) alle 21 per il servizio al banco e alle 24 per quello al tavolo. La Fipe non ci sta e attacca: «Questo è il colpo di grazia, quantomeno per la sopravvivenza dei locali serali e notturni - ha detto il vicepresidente Aldo Cursano - e quello che dispiace è che è l’ennesimo gesto di diffidenza nei nostri confronti. Non capiscono poi che così facendo lasciano libertà ai ragazzi di radunarsi in contesti più esposti al rischio di contagio mentre nei locali c’è la sicurezza necessaria». Anche la Confcommercio di Rimini con il presidente Gianni Indino in prima fila parla di ingiustizia mentre Pasquale Naccari, portavoce dei Ristoratori Toscani si chiede quali differenze ci siano tra pranzo e cena. Dalla sponda cuochi anche la Federazione italiana cuochi con il presidente Pozzulo interviene duramente parlando di condanna amorte per migliaia di lavoratori. Non mancano le reazioni negative anche dal mondo del catering con il presidente dell'Associazione nazionale del Banqueting e del catering, Paolo Capurro che paragona le limitazioni ad un altro lockdown. E poi le Regioni con Giovanni Toti che accusa il Governo di non prendere mai decisioni strutturali e Attilio Fontana che smentisce le chiusure regionali alle 18.
La chiusura anticipata fa scoppiare la polemica
Ci siamo indebitati per garantire sicurezza a clienti e dipendentiCursano ricorda ancora i numerosi sforzi, economici e umani, fatti per mettersi a norma aspetto che non fa altro che incrementare il rammarico:
«Ci siamo indebitati - ha spiegato - con l’obiettivo di tutelare la sicurezza dei nostri dipendenti e della clientela. Abbiamo adeguato i nostri processi produttivi, abbiamo modificato gli spazi, ma tutto questo non è bastato e ora siamo condannati a morire di stenti».
Aldo Cursano
Come già emerso in altre occasioni, la ristorazione protesta anche per questi
continui segnali di lontananza che il Governo lancia ai pubblici esercizi: «Vorremmo che si guardasse a noi come una risorsa - ha aggiunto Cursano - e non come ad un problema. Ma evidentemente chi ha lo stipendio assicurato a fine mese è più interessato a spostare i problemi piuttosto che affrontarli; se ne assumano le responsabilità e ne dovranno rispondere quando una fetta di ristorazione morirà e si accorgeranno di quanto beneficio portava al nostro Paese».
LA REAZIONE DELLE REGIONI«Questo Paese - ha detto il governatore della Liguria,
Giovanni Toti a Radio 24 -
alla fine prende sempre provvedimenti, sulla movida o per lasciare a casa i ragazzi, che non sono strutturali. Strutturale sarebbe un piano per aumentare il trasporto pubblico locale in tutto il Paese, investire denaro, formare autisti, comprare mezzi e magari utilizzare questo momento complesso anche per una trasformazione green del trasporto delle nostre città. Capisco che non sia una cosa che si fa in poche ore ma non è una cosa che si può scartare»
Anche il presidente della Lombardia,
Attilio Fontana è intervenuto precisando che «siamo consci del fatto che tra i problemi principali ci siano gli assembramenti da movida, ma
non abbiamo mai preso in considerazione di imporre chiusure entro le 18 subito. Abbiamo semplicemente predisposto una serie di ipotesi a seconda della gravità della situazione che potrebbe generarsi».
CONFCOMMERCIO RIMINI: CHIUSURE INGIUSTE«Come rappresentante degli imprenditori mi sento offeso e umiliato. Con il nuovo Dpcm partorito questa notte dal governo - spiega
Gianni Indino, presidente di Confcommercio della provincia di Rimini -
si puniscono ancora una volta gli i pubblici esercizi, praticamente unici capri espiatori sacrificabili sull’altare della pandemia. Nonostante i protocolli, le sanificazioni, l’uso dei dispositivi di protezione personale e i distanziamenti dei tavoli a cui si sono adeguati in questi mesi, il nuovo Dpcm tratta i pubblici esercizi ancora una volta come untori. L’obbligo di chiusura alle 24 per ristoranti, bar e pub non è comprensibile ed è totalmente ingiusto. Per i locali serali sarà un vero colpo di grazia. Vorrei inoltre ricordare al governo che queste sono imprese, piccole o grandi che siano, e come tutte le imprese hanno bisogno di tempo per riorganizzare l’attività e il personale, mentre le si obbliga ad adeguarsi nel giro di qualche ora. I ristoranti non potranno più nemmeno sfruttare il secondo turno che in parte mitigava i minori posti a sedere, pena dover cacciare i clienti dal proprio locale allo scoccare della mezzanotte».
RISTORATORI TOSCANI: QUALE DIFFERENZA TRA PRANZO E CENA?«Lo stop a mezzanotte per i locali non ha alcun senso perché per evitare assembramenti l’unico modo è dilatare gli orari». Così
Pasquale Naccari, portavoce del gruppo Ristoratori toscani che conta 15mila iscritti nella nostra regione, di cui 1.000 a Firenze.
«Ci sembra assurdo che a pranzo non ci siano limiti e per la cena sì - aggiunge -. Vorremmo che anche il cliente che arriva poco prima di mezzanotte possa mangiare in tranquillità. Ricordiamo che molti di noi hanno chiuso a pranzo e che durante la settimana il lavoro è calato drasticamente». Naccari propone piuttosto «una limitazione delle tavolate ed il pagamento non alla cassa, ma al tavolo». Insomma, i ristoratori sono pronti a rivedere il loro lavoro in modo tale che il cliente «si alzi solo per andare in bagno». «Noi siamo i primi a voler rispettare i protocolli, tant’è che abbiamo subito chiuso quando non era possibile garantire la sicurezza - ricorda Naccari -. Vogliamo però pene più severe per chi non rispetta le regole». Non solo. «Bisogna prevedere un rimborso per chi avrà forti cali di fatturato in seguito alle ultime disposizioni. Ancora, auspichiamo un credito di imposta o un fondo per le locazioni, oltre ad un aiuto per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza». Infine, «perchè le associazioni non vengono mai consultate prima della stesura dei Dpcm? Potremmo dare validi consigli».
«Siamo consapevoli delle gravi criticità che si stanno delineando ma
facciamo un appello al Governo affinché fissi le restrizioni in base alla capienza effettiva dei locali e non imponendo un numero massimo che limita indistintamente tutte gli esercizi». LA FIC: CONDANNA A MORTERocco Pozzulo, presidente della Federazione Italiana Cuochi, commenta così il Dpcm.
«Il limite a 30 persone può essere inefficace nel caso di locali molto piccoli e illogico nel caso di locali molto grandi, come, ad esempio, quelli predisposti ad ospitare abitualmente matrimoni o eventi simili. Non tener conto di questo significa condannare "a morte" certa centinaia di imprese del settore. Ricordiamo che, a causa del Covid-19, nei centri storici ha già chiuso un locale su 3 e che la disoccupazione tra i cuochi attualmente si attesta tra il 30 e il 40%. A questo punto gli unici che tireranno un sospiro di sollievo saranno i ristoranti e i bar di Latina. Con le nuove misure indicate dal decreto, infatti, il vincolo di massimo 4 persone per tavolo fissato dall'ordinanza Zingaretti risulta superato».
CAPURRO: PER NOI COME UN LOCKDOWNDecisamente contrariato anche il mondo del catering. «Il nuovo Dpcm per noi del settore del banqueting e del catering è un secondo lockdown, non dichiarato ma nei fatti». A sostenerlo, in un’intervista all’Adnkronos è
Paolo Capurro, presidente di Anbc, l'Associazione nazionale del Banqueting e del catering associata a Fipe Confcommercio, commentando il dpcm del governo, che vieta le feste in tutti i luoghi al chiuso e all'aperto, fatte salve quelle conseguenti alle cerimonie civili o religiose, che possono svolgersi con la presenza massima di 30 persone. Una norma che, sostiene Capurro, mette in ginocchio un settore "che conta 2mila aziende, 130mila collaboratori, con due miliardi e mezzo di fatturato", che lavora con gli eventi e che già "oggi, prima del Dpcm, deve fare i conti con un crollo dell'85% del fatturato". Una limitazione, quella delle 30 persone, che Capurro non ha digerito. «Perché - si chiede il presidente di Anbc - le nostre aziende se hanno spazi tali da permettere il distanziamento anche per un numero maggiore non possono farlo? Non era il distanziamento il principio da seguire?».
Ora che il governo ha preso la sua decisione, secondo Capurro, è necessario che almeno si corra ai ripari dando aiuto "concreto alle aziende che non possono sopravvivere senza fatturato. E c'è da dire che i lavoratori al massimo visto la cassa integrazione fino a giugno, mancano tutti i mesi successivi". La speranza per il futuro, conclude Capurro "è che prima di prendere decisioni che impattano così sulle imprese, e sui lavoratori, si sentano le associazioni di categoria per cercare un percorso comune".
Vietate le festeIl decreto aggiunge altre disposizioni che interessano da vicino il mondo della ristorazione. Compleanni, lauree e tutti gli altri festeggiamenti saranno vietati nei locali pubblici e nelle discoteche. Secondo il Dpcm "restano sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso. Sono vietate le feste in tutti i luoghi al chiuso e all’aperto". Si potrà farlo al ristorante, purché si stia seduti e dunque seguendo le regole già previste con il distanziamento e la mascherina obbligatoria quando non si sta al tavolo.
Le regole per le cerimonie religiose rimangono invariate e dunque con un limite legato alla capienza e alla possibilità di mantenere la distanza interpersonale di 1 metro. Ma per i banchetti "viene fissato il limite di 30 invitati seguendo comunque le regole già previste dai protocolli" e dunque il distanziamento di un metro tra le persone e l’obbligo di mascherina quando non si sta seduti al tavolo. I buffet sono consentiti soltanto mantenendo il distanziamento e dovrà essere il personale di sala a distribuire cibo e bevande.
Restano delivery e asportoResta anche consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze dopo le ore 21 e fermo restando l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.