Non solo gas, luce ed energia. Il 2022 si è aperto con la brutta sorpresa dei rincari di pasta e prodotti da forno che andranno a rendere ancor più complicata la vita di famiglie e aziende del mondo della ristorazione italiana. A determinare l’aumento dei prezzi di questi alimenti è la crescita del costo della farina. Crescita legata ai trasporti, ai raccolti più magri, alle scelte di alcuni Paesi di limitare le esportazioni, compresa la crisi tra Russia e Ucraina, ma forse anche a speculazioni. L’Osservatorio nazionale di Federconsumatori ha confrontato i prezzi di alcuni prodotti alimentari tra marzo di un anno fa (periodo in cui già si registravano alcune tensioni sui costi delle materie prime) e ora (con ulteriori aumenti dei costi delle materie prime agricole: +22% per il frumento e +79% per l’avena). Per i produttori di farina è una vera e propria mazzata che ha subito portato le aziende ad aumentare i prezzi. Intanto il caro grano ha fatto litigare pure i pastai e gli agricoltori, mentre i pastai artigianali sono già in ginocchio.
Sacchi di farina stipati in un magazzino
I rincari della farina raggiungono quasi il 40%
I rincari che emergono sul versante dei prezzi al consumo sono notevoli, mediamente del +15%, e sforano la soglia del 30% nel caso della farina e del pane. In particolare, in base all’indagine di Federconsumatori si nota che da marzo agli ultimi due mesi del 2021 un chilo di farina è passato dal prezzo di 0,79 euro a 1,09: un salto del +38%. Secondo i dati Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) il prezzo del frumento tenero - quello che poi viene trasformato in farina per prodotti da forno e industria dolciaria - a settembre 2021 è salito del 35% rispetto a settembre 2020 e del 10% rispetto ad agosto 2021.
Trasporti più cari e raccolti meno proficui tra le ragioni del caro farina
I motivi sono principalmente due: l'aumento dei costi per il trasporto, in particolare dei noli dei container, dovuto alla pandemia, e il calo dei raccolti in Ucraina (nel 2020 il -12,9% sull’annata precedente). A questo va aggiunto che la Russia ha ridotto le esportazioni per contenere il prezzo all’interno dei propri confini. Il grano 100% italiano, infatti, soddisfa solo il 36% della domanda. Il grano duro, dal quale si ricava la farina da pasta, secondo Ismea ha visto i prezzi salire del 71% nel 2021: in questo caso, oltre all’aumento dei noli dei container, a pesare è anche la siccità in Canada, che ha ridotto molto i raccolti e quindi le esportazioni.
Per i produttori è indispensabile aggiornare i prezzi della farina
«Siamo stati i primi a subire i rincari delle materie prime, aumenti che ci siamo portati in casa ormai sei mesi fa - ha raccontato Antimo Caputo, titolare di Molino Caputo - Modificare i listini per noi è stato fondamentale per la sopravvivenza dell'azienda. Col triplicare dei costi dell'energia e i costi degli imballi dovevamo aggiornarci, altrimenti saremmo spariti dal mercato. Ci siamo adeguati in modo graduale, a scale, per evitare di dare uno shock ai nostri clienti. Col consumatore abbiamo cercato di dialogare attraverso la stampa ma anche attraverso comunicazioni ad hoc fatte direttamente con i nostri clienti».
Antimo Caputo, titolare di Molino Caputo
L'inflazione non sparirà prima dell'estate
«Anche noi di Molino Grassi abbiamo dovuto adottare degli aumenti – ha spiegato Massimo Grassi - Del resto non c'era molta scelta con la materia prima che è arrivata a costare, in alcuni casi come per il grano duro, fino al 90% in più. Ma il cliente medio ha capito l'aumento dei prezzi». Sulle tempistiche dell'inflazione Grassi non ha dubbi: «Questi aumenti resisteranno almeno fino a giugno-luglio – ha confermato - Almeno finché non cambierà di nuovo la situazione geopolitica che sta condizionando la materia prima cereali».
Da sinistra, Massimo, Silvio e Andrea Grassi della Molino Grassi
L'aumento dei prezzi della farina è l'unica via per salvare il fatturato
Alla Gino Girolomoni Cooperativa Agricola i fortissimi rincari sono stati contenuti da alcuni fattori che hanno svolto un ruolo fondamentale: «Ci è andata un filo meglio di tanti altri - ha spiegato il titolare Giovanni Battista Girolomoni - Perché noi lavoriamo in filiera e siamo riusciti ad aggirare alcuni aumenti di prezzo, come quello del grano duro che non si vedeva così alto da almeno vent'anni. E poi noi trattiamo soprattutto grani antichi attraverso agricoltori diretti». Ma alcune spese fisse aumentate hanno travolto anche l'azienda marchigiana: «Ovviamente il costo dell'energia salito alle stelle lo stiamo subendo anche noi, e posso assicurare che è una vera e propria salassata - ha confermato l'imprenditore - L'aumento del costo dell'elettricità è stato incredibile, sia per quel che riguarda il mulino, sia per quel che riguarda il pastificio. Con i contabili abbiamo calcolato che se tutte le bollette del 2022 dovessero essere come quelle pagate a dicembre e gennaio chiuderemmo l'anno non solo senza utile, ma probabilmente anche in perdita».
Giovanni Battista Girolomoni titolare della Cooperativa agricola Gino Girolomoni
Un rincaro del 15%
Da qui la scelto, obbligata, di alzare i prezzi dei prodotti: «Abbiamo mantenuto tutto uguale fino a dicembre, ma da gennaio siamo stati costretti ad aumentare i prezzi del 15%, sia in Italia che all'estero. Il fatto di non essere nei circuiti della grande distribuzione ci ha aiutato moltissimo nelle contrattazioni, che abbiamo avuto modo di fare in modo diretto e trasparente con i nostri clienti che hanno capito sin da subito la situazione. La speranza è che ci siano notizie positive circa i costi dell'energia nei prossimi mesi, altrimenti - ha concluso Girolomoni - dovremo pensare a un nuovo aumento dei prezzi».
Il granaio ucraino e la crisi politica
L’ Ucraina ha un ruolo importante anche sul fronte agricolo, con la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo). La Russia è il principale Paese esportatore di grano a livello mondiale mentre l’Ucraina si colloca al terzo posto. C'è quindi la preoccupazione che le tensioni tra i due Paesi possano bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero, con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali che ha già fatto impennare i listini sui livelli di massimo storico con effetti sull’inflazione.