Siamo di fronte a un record storico ma purtroppo non c'è ragione di gioire. Il grano e il mais in Italia hanno superato i 400 euro a tonnellata, una cifra mai raggiunta prima, facendo segnare in una sola settimana un aumento rispettivamente del 17 e del 23%. A dirlo è Cai, Consorzi agrari d'Italia, ed è una delle tante conseguenze scaturite dal conflitto tra Russia e Ucraina.
Grano e mais alle stelle: prezzi da record
Il riferimento è la Borsa Merci di Bologna, centro delle contrattazioni di prodotti agricole in Italia. I prezzi sono da mani nei capelli. Il grano tenero sale in una settimana di 60 euro a tonnellata fermandosi tra 402 e 411 euro a tonnellata, con punte di 435 euro per il frumento più proteico. Il mais, invece, tocca quota 405 euro a tonnellata con un rialzo di 75 euro rispetto all'ultima quotazione della scorsa settimana. Il grano duro resta fermo tra 510 e 515 euro a tonnellata, stabile ormai da qualche settimana, l'orzo registra +25% toccando 384 euro a tonnellata di quotazione, mentre il sorgo (+23%) passa da 308 a 378 euro a tonnellata. Leggero rialzo per la soia (+4,5%) a quota 688 euro a tonnellata.
Italia, Paese importatore
L'Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro necessario per la pasta, il 47% di mais e il 73% della soia, questi ultimi due prodotti sono fondamentali soprattutto per l'alimentazione animale, che è infatti in crisi. Si parla addirittura del rischio di dover abbattere alcuni animali perché non più in grado di alimentarli.
L’Italia oggi è costretta ad importare materie prime agricole a causa, secondo Coldiretti, dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque.
Gli aumenti
Il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% del prezzo del prodotto finale al consumatore, eventuali aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, quali pane, farine e biscotti, sarebbero dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi, carburante.
La svolta autarchica del grano e del mais
«Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra». Lo ha annunciato Etttore Prandini, presidente di Coldiretti.
«Proponiamo all’industria alimentare e mangimistica – ha affermato Prandini - di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato».
Le minacce di Putin e il boom dei fertilizzanti
Non solo grano e mais sono nel vortice della guerra. Anche concimi e fertilizzanti sono oggetto del contendere e i loro prezzi stanno colpendo duramente il settore agricolo. Vladimir Putin ha infatti annunciato lo stop al commercio di fertilizzanti russi. Una decisione forte se si considera che la Russia ne è il primo esportatore mondiale e copre il 13% del fabbisogno di tutto il globo. L'Italia ne importa per 65 milioni di euro, a cui si devono aggiungere i 20 milioni dalla Bielorussia e i 55 milioni dall'Ucraina. In totale il Bel Paese importa dal resto del mondo fertilizzanti per 980 milioni.
Putin - ricorda la Coldiretti - aveva già deciso di imporre il divieto all’esportazione fino ad aprile di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui insieme alla Russia ne produce circa il 20% del mondo e che rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione dei cereali. La conseguenza è una riduzione generale della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana.
L’urea, che è il fertilizzante più importante per l’agricoltura è balzata a quasi 1000 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, secondo il report di Cai, mentre il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro/tonnellata e i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata.