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Il caro gasolio fa schizzare anche il prezzo del pesce

Il petrolio ha raggiunto livelli record. Una situazione che rende impossibile il lavoro ai pescherecci italiani. «Uscire in mare presto non sarà più economicamente sostenibile», ha sottolineato Impresapesca Coldiretti

 
28 gennaio 2022 | 11:32

Il caro gasolio fa schizzare anche il prezzo del pesce

Il petrolio ha raggiunto livelli record. Una situazione che rende impossibile il lavoro ai pescherecci italiani. «Uscire in mare presto non sarà più economicamente sostenibile», ha sottolineato Impresapesca Coldiretti

28 gennaio 2022 | 11:32
 

Il petrolio è arrivato a sfiorare i 90 dollari al barile. I prezzi dei carburanti sono ormai a livelli record e tra chi deve fare i conti con il caro gasolio, aumentato del 67% in un anno, c'è anche la flotta dei pescherecci italiani. A lanciare l'allarme è Impresapesca Coldiretti, che parla di barche costrette a navigare in perdita o in alternativa a ridurre le uscite in mare. Una situazione grave, che rischia di portare a un doppio rivolto. Da un lato l'aumento del prezzo del pesce per ristoranti e consumatori, dall'altro l'aumento della presenza sul mercato di pesce straniero a scapito di quello italiano. Un'emergenza che si aggiunge al già critico nodo della riduzione delle giornate di pesca imposta dall'Unione Europea.

Il caro gasolio fa schizzare anche il prezzo del pesce

Il nodo della riduzione delle giornate di pesca

L’effetto dell’incremento del prezzo medio del gasolio si sta abbattendo come una tempesta sull’attività dei pescherecci già duramente colpiti dalla riduzione delle giornate di pesca. L'Unione Europea, dopo una lunga trattativa con il Governo italiano, a dicembre aveva imposto una riduzione del 6% delle giornate di pesca nel Mediterraneo. Questo si traduce in poco più di 120 giorni o 130 giorni  di pesca in base alle dimensioni delle imbarcazioni, pari ad un terzo delle giornate annue

«Le disposizioni dell’Ue e del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (Cgpm) – ha spiegato Coldiretti – mettono a rischio quasi il 50% del valore dell’ittico Made in Italy in zone strategiche come l’Adriatico, il Tirreno ed il Canale di Sicilia. Serve un impegno forte del Governo e del Ministero delle Politiche agricole per spingere l’Ue a fare marcia indietro sui drastici tagli alle attività e rimettere al centro delle scelte strategiche dell’Italia il settore della pesca».

Il caro gasolio e l'impatto sui pescherecci

Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. È quindi evidente come il prezzo del gasolio aumentato del 67% in un anno colpisca duramente la flotta dei pescherecci italiani. «Con gli attuali ricavi la maggior parte delle imprese di pesca - ha ripreso Impresapesca Coldiretti - non riesce a coprire nemmeno i costi energetici oltre alle altre voci che gli armatori devono sostenere per la normale attività. Di questo passo uscire in mare non sarà economicamente sostenibile». 

Il rischio di ripercussioni sulla filiera della pesca 

Senza adeguate ed urgenti misure per calmierare il costo del carburante le imbarcazioni saranno costrette a pescare in perdita se non addirittura a restare in banchina con gravi ripercussioni sulla filiera e sull’occupazione per un settore che conta complessivamente 12mila imprese e 28mila lavoratori, con un vasto indotto collegato. Di riflesso poi si rischia di favorire il mercato ittico straniero. 

 

«Lo scenario economico in cui sta navigando la flotta nazionale mette a rischio il prodotto ittico 100% Made in Italy favorendo invece quello straniero di importazione in una situazione in cui – ha confermato Coldiretti – gli italiani mangiano circa 28 chili di pesce all’anno, sopra la media europea anche se decisamente meno di altri Paesi con un’estensione di costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne consumano quasi 60 chili, praticamente il doppio». 

 

 

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